Editoriali
Viviamo un cambiamento d’epoca! Il convegno ecclesiale
Papa Francesco lo scorso anno intervenendo al convegno ecclesiale di Firenze pronunciò questa frase: «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere».
E’ facile cadere su uno sterile pessimismo, se mettiamo in sequenza, la crisi occupazionale, economica e dei valori. Con molta probabilità il mutamento a cui si riferisce il santo padre, riguarda l’intero contesto culturale, sociale, religioso in cui ci muoviamo.
Cominciamo dalle relazioni interpersonali; tutto ormi è “quick time”, ora e subito! Azioni – reazioni; formulazioni di domande ed esigenza di risposte immediate. Anche il linguaggio si fa più criptico e conciso. Sembra mancare la riflessione, quella profonda, quella che rispetta i tempi giusti di fronte a prospettive nel medio lungo termine azzerate.
Sono proprio le giovani generazioni che non tendono più rispetto al passato, a programmare il futuro, sognare di comprare una casa e mettere su famiglia. Si affermano così forme di individualismo e di soggettivismo estesi, che manifestano insicurezza, paure, rifiuto pregiudiziale dell’altro, sfiducia nelle istituzioni.
Come si può immaginare di chiedere un prestito bancario, se non si dispone di una busta paga? Molti giovani, forse i più fortunati hanno in mano contratti a termine, rientrando in quell’universo di precari che si alimenta giorno dopo giorno. Inevitabile il conflitto che si scatena in famiglia, spesso quella d’origine; molti giovani presi dallo sconforto cadono in depressione, tentano di dimenticare la quotidianità con alcool e droga e non ci pensano nemmeno a mettere su famiglia. Incide inoltre il cambiamento culturale avvenuto nelle relazioni uomo – donna, o marito – moglie.
Figli che hanno padri disoccupati e madri sempre a lavoro; si creano spesso nuove forme di convivenza, con rotture e superamento del modello tradizionale, con il passaggio dalla stabilità a situazioni tipiche della “cultura del provvisorio”. Probabilmente la nuova classe politica dovrebbe mettere la famiglia, resa fragile dalla crisi demografica, al centro di ogni programma.
D’altronde le ricerche affermano che i giovani considerano la famiglia la cellula sociale alla quale affidarsi nei tempi delle crisi economiche e di quelle morali. Un’agenda politica che tenga conto di trattamenti normativi e fiscali differenziati a seconda dei diversi carichi familiari modulati agli effettivi bisogni di ciascuna persona e di ciascun nucleo familiare.