Turismo (D.Ferrante)
L’effetto del coronavirus sul Turismo e sull’Industria dei Viaggi
La tempesta invisibile, che si è abbattuta come uno tsunami sul nostro pianeta, ha avuto un impatto devastante per l’industria dei viaggi. Settore che, più di ogni altro, sembra essere stato spazzato via e che – ancora disorientato – si troverà, alla fine di questo incubo, a dovere affrontare una difficile ripartenza. Ma ha colpito duramente l’Italia, riportando il belpaese al numero di presenze degli anni ’60 e (secondo uno studio di Assoturismo) generando una probabile perdita del 60%, oltre ad un drastico calo di presenze – qualora l’emergenza dovesse risolversi in maniera relativamente rapida – dai 430 milioni del 2019 ai 172 milioni del 2020.
Un industria, quella dei viaggi, che regge gran parte del nostro paese in quanto trasversale e nella quale affluiscono tanti settori economici correlati. Ma un’industria alla quale non sembra essere mai stata data la giusta importanza. Basti pensare che dal 1993 non esista un vero dicastero al turismo e che questo importante asset strategico per il nostro paese venga oggi gestito dal MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali…e per il turismo). Non dimenticando che, nella precedente legislatura, lo stesso fosse addirittura stato accorpato al Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
TURISMO, FENOMENO ECONOMICO ED EMOZIONALE
Il turismo, che oggi rappresenta in Italia (tra impatto diretto e indiretto) il 13% del PIL (pari a oltre 200 miliardi) è quindi un rilevante fenomeno economico. Ma anche emozionale. Ragione per la quale serviranno almeno 10 mesi dalla fine del contagio – secondo le stime degli addetti ai lavori – prima che l’industria dei viaggi possa ripartire e i viaggiatori possano essere nello stato d’animo ottimale (oltre che, nelle condizioni economiche necessarie) per riprendere a viaggiare.
Secondo i dati del World Travel and Tourism Council (organismo internazionale costituito dalle personalità più influenti dell’industria dei viaggi e turismo) la pandemia dichiarata per effetto del COVID -19 metterebbe a rischio – oltre alle vittime del virus – circa 50 milioni di addetti ai lavori nel mondo (3,5 milioni dei quali solo nel nostro paese) a rischio per il blocco totale.
“Secondo il WTTC, il COVID-19 potrebbe mettere a rischio circa 50 milioni di occupati”
Una ipotesi che ha diverse variabili, tra le quali ovviamente la durata dell’epidemia. Una catastrofe, quindi, per tutti gli attori coinvolti. Ma particolarmente duro per il trasporto aereo, le cui ripercussioni del COVID-19 non hanno risparmiato nessuno. Dalle in
dustrie aeronautiche come Boeing (colosso americano, già pesantemente colpito dallo stop alla produzione dei B737 MAX, coinvolti in due disastri aerei) che ha offerto incentivi economici ai 150.000 dipendenti perché lascino il lavoro, alle compagnie aeree come Ryanair o Esyjet (protagoniste della rivoluzione e democratizzazione del trasporto aereo degli ultimi 25 anni), costrette a mettere a terra i propri aeromobili per i prossimi 2 mesi.
RISOLTA LA CRISI SANITARIA , DOVREMO FRONTEGGIARE QUELLA ECONOMICA
Un disastro colossale su tutti i fronti, che – quando si verrà a capo della crisi sanitaria- avrà gravi ripercussioni economiche. Appare infatti chiaro a tutti come le imprese turistiche del nostro paese abbiano una liquidità di pochi mesi. Ed evidente come nessuna di esse potrà sopravvivere, qualora lo stop dovesse protrarsi oltremodo. Una ripresa del business legata alle decisioni delle autorità governative, che – con tempistica diversa – hanno imposto restrizioni alla circolazione dei cittadini. Tante incognite, quindi, ma un’unica certezza. Che il mondo del turismo e dei viaggi di domani sarà ben diverso da come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.