Editoriali

Un capodanno “speciale”. Giovani impegnati nel sociale

Published

on

Ci sono giovani che il 31 dicembre preferiscono andare nei luoghi della sofferenza e rinunciare al tradizionale countdown di fine anno, ai cenoni,  alle feste in piazza e ai grandi spettacoli. A Padova esiste il “Capodanno Caritas” ed è rivolto ai ragazzi dai 18 ai 35 anni. Si recano nelle case di riposo e fanno i “blitz party”, sono pensati per portare un po’ di allegria alle comunità di anziani, a persone con problemi di salute mentale o dipendenze, case per minori e comunità che ospitano richiedenti protezione internazionale. Giorgio Pusceddu della Pastorale dei Giovani e Caritas ha spiegato che l’obiettivo è quello di far sì che tutti vivano il momento di incontro nelle realtà caritative; si tratta decisamente di un Capodanno diverso dal solito, ma non per questo meno entusiasmante. Il bello di questa iniziativa è che arrivano da noi persone giovani con storie di vita molto diverse, percorsi diversi, che però si sentono tutti ugualmente convocati dalla possibilità di mettersi a disposizione per un giorno. E questo minimo comun denominatore è la porta di ingresso verso tesori che non ci si aspetta. Nessuno va a casa indifferente, come se non fosse successo niente. Dai feedback che riceviamo leggendo i questionari dei ragazzi, o anche semplicemente dagli incontri che ci capita di avere con qualcuno che ha fatto il capodanno con noi, anche dopo parecchio tempo, si capisce come anche queste poche ore di scambio e di condivisione permette di maturare una maggior consapevolezza. Nell’atto del nostro “blitz party” è possibile toccare con mano le situazioni. Farlo fa bene alla vita, perché apre lo sguardo, la mente e il cuore. La realtà è che i giovani, anche quelli animati dalle migliori intenzioni, si trovano raramente, nella loro vita quotidiana fatta di studio, sport, famiglia e lavoro, ad incontrare la frontiera della sofferenza. Quanti ragazzi, conclude Pusceddu, parlano di richiedenti protezione internazionale senza averne mai conosciuto uno personalmente, senza averci mai scambiato due parole? O quanti ragazzi non hanno neppure una volta avuto modo di incontrare o di mettersi in gioco di fronte a una persona con disabilità, più o meno grave? Lo garantisco: cambia più la vita un incontro di mille parole. E l’incontro fa parte di un “bagaglio di umanità” che ciascuno si porterà dietro per sempre”. Si spera che l’iniziativa della Caritas padovana possa essere importata anche in Sicilia e diventare un modello virtuoso da diffondere a macchia d’olio.

 

Click to comment

In Tendenza

Exit mobile version