Editoriali

Tossicità digitale, la nuova tendenza!

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Questa frase detta da una psicologa durante una intervista mi ha molto colpito. Il servizio giornalistico parlava delle cause che spingono giovani adolescenti alla violenza senza un apparente motivo. Immagini amatoriali di pestaggi ormai riempiono i social tutti i giorni, lo sfogo principale del branco è scaricare su chiunque tutta la frustrazione. Da inizio anno a Milano sono già decine i giovani, spesso minorenni, fermati dalla Polizia per aver esercitato violenza in luoghi pubblici. Ne ha parlato anche il presidente della Corte d’Appello di Milano Giuseppe Ondei durante la cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario; il magistrato ha incolpato le istituzioni di aver rivolto attenzione ai giovani solo “quando l’esplosione di rabbia collettiva è emersa in fatti di cronaca visibili”. Gli ha fatto eco lo psicologo dell’età evolutiva Massimo Ammaniti, che al Messaggero ha dichiarato: “…è come se i giovani vivessero in una continua guerra: picchiano, accoltellano, nemici uno dell’altro”. L’esperto parla di “disagio, di mancanza di empatia, ma anche di famiglie e scuole che, questa generazione di adolescenti, sembrano proprio averla abbandonata”. Ammaniti sostiene che “tradizionalmente in adolescenza, mentre le ragazze hanno dei disturbi che vengono chiamati “internalizzanti”, i ragazzi hanno disturbi “esternalizzanti”. Nel primo caso vuol dire che sviluppano problemi più psicologici interni, come stati di ansia, depressione, fobia, anoressia, difficoltà che riguardano la dimensione psicologica. Mentre i maschi esprimono il loro disagio attraverso difficoltà di comportamento, soprattutto di opposizione, aggressivo e violento. Uno degli elementi più evidenti è che tra le ragazze c’è un tasso di tentativi di suicidio molto alto, mentre nei ragazzi è decisamente più limitato, proprio perché i maschi mettono in atto dei comportamenti più rigidi, con dei meccanismi di difesa che si manifestano nel prendersela con gli altri, nel riunirsi in bande che aggrediscono le persone più deboli, gli anziani, attaccano anche figure di autorità e le ragazze stesse”. Volendo fare un tentativo di analisi delle cause, certamente la pandemia ha acuito questi atteggiamenti ma i genitori hanno perso la funzione di guida e la certezza è che tanti giovani provengono da famiglie disgregate. Secondo lo psicologo “anche chi appartiene a fasce sociali non emarginate, ha a che fare con padri e madri che hanno perso la capacità educativa. Sono abbandonati a loro stessi e manifestano la solitudine in gruppi antisociali, dove la violenza oscura tutte le altre possibilità di relazioni. Stessa cosa nelle scuole, dove buona parte degli insegnanti si preoccupa più di interrogare, che di farli parlare”.

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