Cultura

Il volto di Thelonius “Monk” Ellison

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Il volto di Thelonius “Monk” Ellison in primo piano, lentamente l’inquadratura si fa più ampia delineando il titolo di un racconto novecentesco tracciato con del gesso bianco su una lavagna: “il negro artificiale” di Flannery O’Connor.

È così che il regista di American Fiction, Cord Jefferson, sin dai primi minuti del film delinea il profilo di un’America che, a distanza di mezzo secolo, nasconde ancora dietro di se profonde contraddizioni e ipocrisie.

sa, un’eccessiva sensibilità culturale contro la discriminazione della comunità afroamericana. Alla fine degli anni Ottanta, infatti, in America soprattutto nei giovani si è sollevata la questione del “politically correct” caratterizzata da un’attenzione per tutte le minoranze e stili di vita presenti nella società. Eppure questa ipersensibilità non sembra altro che una grande maschera che cela ipocrisia nei confronti della razza; ma esiste davvero la razza?

È da questa domanda che comincia il percorso del protagonista che, dopo la richiesta dei suoi superiori di prendersi una pausa accademica, torna nella sua città natale, Boston.

L’insoddisfazione nel non riuscire a scrivere libri di successo, il controverso rapporto con la famiglia e l’amarezza nell’affrontare quotidianamente gli stereotipi di genere, lo portano a scrivere sotto pseudonimo un romanzo in cui è esplicita la grottesca caricatura dell’afroamericano.

Il libro ha inaspettatamente successo, è come se Thelonius incarnasse la condizione dell’artista d’avanguardia novecentesco, un po’ come quando Duchamp, per criticare l’Art system, decise di presentare ad un’esposizione a New York un orinatoio firmato da Robert Mutt. Mettere in discussione il valore ontologico e gnoseologico dell’arte: esattamente ciò che fa Thelonius con il suo libro provocatorio. Allora accade molto spesso che un’artista criticando il sistema, successivamente entra a farne parte, è l’avanguardia che si istituzionalizza.

Ed è in American fiction che “il negro artificiale” trova respiro a distanza di anni nel perdono dell’indifferenza di un familiare, nella bellezza di un’avventura che comincia quando ci si perde e nell’ironia di chi costruisce favole al contrario.

Arianna Scinardo

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