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Decreti anti Coronavirus: dimenticati migranti e senza fissa dimora

Vi è un caso in cui l’espressione degli ultimi che saranno i primi, contenuta nella parabola evangelica di Gesù, conosciuta come “parabola dei lavoratori della vigna“, presente nel Vangelo secondo Matteo 20,1-16, non vale.

E’ quando si tratta di dover prestare attenzione a quella fascia di popolazione identificata con il termine “Senza Fissa Dimora“, ovvero coloro i quali dormono e vivono per strada, sotto un ponte, tra il tepore delle gallerie di una stazione metropolitana, accostati alla parete di qualche supermarket; una volta ne vidi una accostata alla parete di un hotel 5 stelle Lusso, zona Parioli, a Roma. Faceva quasi impressione l’indifferenza con cui uomini e donne d’affari uscivano tutte le mattine senza mai volgere uno sguardo a quella simpatica signora di 72 anni.

Persone senza fissa dimora e migranti che, anche stavolta, sono stati dimenticati dai decreti anti Coronavirus. È la denuncia che molti operatori e operatrici e volontari di associazioni del terzo settore rivolgono al governo, a presidenti di regione e sindaci; per rivendicare una «lotta al virus pensando anche ai diritti e alle tutele di tutte le vulnerabilità in campo».

Ed è vero, leggendo i 4 Dpcm e le conseguenti ordinanze non è mai stato stilato un protocollo di intervento a livello ministeriale per persone senza fissa dimora, 55 mila persone circa (secondo dati Istat) cui vanno sommate le migliaia di migranti fuoriusciti dai Cas e dagli Sprar per effetto dei Decreti sicurezza.

Questa è una situazione pericolosa, ma lo è in primis per quelle fasce di popolazione maggiormente esposte, per le loro condizioni sociale, igienico-sanitaria ed economica, ai rischi determinati da COVID-19.

 

Rischiamo di lasciare ancora più ai margini le persone prive di diritti e senza casa.
I primi effetti della diffusione del Covid-19 hanno determinato, in zone diverse del Paese, la chiusura di alcuni dormitori, dei servizi docce, della distribuzione del vestiario, e le persone senza casa sono esposte così h24 alle intemperie.

Poi vi sono realtà come le nostre, quelle del Sud, in cui continuano ad essere assicurati tutti i servizi, magari osservando con maggior rigore le raccomandazioni ministeriali. Ma non vi è nulla di definito, nulla di normato.

Alcune associazioni, in Italia, chiedono di «potenziare i finanziamenti e la rete dei progetti dedicati, perché come per il Servizio sanitario e i fondi all’assistenza per le disabilità anche i progetti sociali e le politiche abitative hanno subìto ingenti tagli a favore della rendita e speculazione edilizia o ad interventi spot e di stampo assistenziale.

Sono più utili che mai i “giri” serali dei volontari – nel rigoroso rispetto delle norme di sicurezza -per distribuire cibo, presidi sanitari e anche le istruzioni per contenere il contagio, che sono state stampate e vengono consegnate alle persone senza dimora perché tutti siano a conoscenza delle misure da adottare per la protezione propria e di chi ci è accanto.

 

 

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