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Rocco e i suoi fratelli

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Rocco e i suoi fratelli di Visconti , in versione restaurata, per tutto il mese in occasione del 40° anniversario della morte del regista.

Rocco e i suoi fratelli è stato un restauro doveroso, rappresenta un film poderoso e importante della storia del cinema.

Per Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, il nuovo restauro è stato supervisionato dallo stesso direttore della fotografia del film, Giuseppe Rotunno, che ha recuperato i tagli di censura avvenuti dopo la prima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1960: in particolare, le due sequenze della violenza di Simone (interpretato da Renato Salvatori) su Nadia (Annie Girardot) e dell’omicidio ora restituite nella loro integrità. In film come questi, anche pochi secondi possono fare la differenza.

Quelle scene costarono caro a Visconti: il film fu osteggiato dai politici e bersagliato dalla censura, fu accusato di oscenità e dovette affrontare un processo che lo assolse soltanto sei anni dopo in modo definitivo, nonostante questi fattori incassò nelle sale di seconda e terza visione, in provincia più che nelle grandi città e fu molto apprezzato dalla critica.

In quegli anni il lavoro di Visconti era versatile e allo stesso tempo complesso, si impegnava non solo come regista di film così grandi, nel senso letterale del termine, ma anche in allestimento e regia di opere teatrali (collaborò molto con Maria Callas a cui era legato anche da una profonda amicizia), balletti, opere liriche. Tutto nei suoi lavori era curato, minuzioso, riusciva – nonostante i problemi di salute che già lo affliggevano all’età di 53 anni – a fare ‘tutto e bene’ come ricorda Caterina D’Amico. Quest’ultima ha poi svelato preziosi aneddoti circa la stesura del soggetto e della sceneggiatura e ha spiegato come l’inserimento di un’opera costituita come Rocco e i suoi fratelli nella carriera di Visconti non sia per niente casuale, ma frutto di un lavoro di ricerca, di fusione e contaminazione. La storia che ha dato origine al soggetto è stata stesa in un mese insieme a Suso Cecchi D’Amico e Vasco Pratolini e la sceneggiatura invece ha preso forma in un anno. La fusione di elementi di cronaca nera e elementi letterari ( tratti dal romanzo Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori) è venuta fuori dalle menti e dalle penne di sceneggiatori dell’epoca giovani ma esperti, come ha sottolineato la D’Amico: oltre a sua madre Suso Cecchi D’Amico, si riferiva a Pasquale Festa CampanileMassimo Franciosa, Enrico Medioli e Luchino Visconti stesso, il quale del film disse: “Tutto si può definire, tranne che un film naturalistico”.

Gian Luca Farinelli ha invece raccontato come il lavoro di restauro in collaborazione con Martin Scorsese sia stato avvincente: “Scorsese si nutre di cinema, di cinema italiano, fa cinema perché ritrova le sue origini ( i nonni erano siciliani, ndr). Nella sua fondazione a New York ci sono tutti uffici piccolissimi per i suoi collaboratori, al centro c’è una sala grande con uno schermo dove ci ha accolti e dove gli abbiamo presentato il restauro. Martin è un uomo preciso, ha appuntato tutto, ha studiato. Collaborare con lui è sempre sorprendente”.

Il risultato finale è stato originale, diverso dagli altri lavori, unico.

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