Cinema

La missione “infinita” di Pietro Bartolo

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Pietro Bartolo, oggi europarlamentare, continua a essere un. Medico in prima linea. Lo ha fatto per oltre 25 anni a Lampedusa dirigendo il poliambulatorio e lo continua a fare nelle scuole, tutti i fine settimana in giro per l’Italia a incontrare studenti di ogni ordine e grado, portando una testimonianza di vita e reale contro le violenze e le morti dei migranti che attraversano la striscia del mare mediterraneo.

L’incontro con gli studenti

Non ci sono studenti e insegnanti che rimangono indifferenti ai suoi racconti, accompagnati da una presentazione in power point di circa due ore con immagini e videro strazianti.

Lo incontriamo a Palermo al liceo scientifico Galilei, dopo la foto di rito con gli insegnanti, inizia il suo intervento con i ricordi legati alla realizzazione del film del regista Gianfranco RosiFuocoammare”, vincitore dell’Orso d’oro al festival del cinema di Berlino. “Doveva girare un cortometraggio nell’isola, racconta Bartolo, ma non trovava spunti sufficienti”; in realtà il cineasta  volle farsi visitare proprio da Bartolo per una sospetta bronchite; e così tra una vista e l’altra il medico lampedusano gli raccontò la sua angosciante esperienza in prima linea nel curare centinaia di profughi provenienti dalla Libia con ferite di arma da fuoco, ustioni, alcuni addirittura scuoiati, per il colore della pelle.

In oltre 25 anni ha visitato oltre 350mila persone, e ci tiene a evidenziare la parola “persona”, quando i media spesso non sanno neanche come definire chi sbarca a Lampedusa. E poi il triste rituale delle ispezioni cadaveriche; “io odio la morte, dice in lacrime, mostrando video e foto scioccanti. Mi sono specializzato in ostetricia e ginecologia proprio per aiutare le donne a partorire la vita.  Nonostante il film e i consensi di critica, dice il medico, non è cambiato nulla. Si continua a morire in quel mare, che dovrebbe essere ponte fra culture e civiltà”. Si commuove e si interrompe nel racconto;

Il racconto

Non è vero che i migranti portano le malattie; in tutti questi anni io sono stato a stretto contatto con loro e ho preso solo la scabbia, ma è normale quando si viaggia in condizioni igieniche di questo tipo. E poi le torture ormonali alle donne libiche per non farle rimanere incinte, tutte violentate ripetutamente dai loro carcerieri nei lagher libici.  La testimonianza di Pietro Bartolo gela il sangue al pubblico quando scorrono le immagini della marina che recupera in fondo al mare centinaia di corpi affondati.

Ci sono ancora 7 bambini da recuperare in fondo al mare, urla Bartolo; le autorità gli hanno risposto che è troppo costoso recuperarli e lui si è detto pronto a finanziare; ma nulla! I ricordi si cristallizzano in una rielaborazione del lutto che non potrà mai esaurirsi in quella maledetta tragedia  del 3 ottobre 2013, a poche miglia dal porto di Lampedusa, quando un barcone proveniente dalla Libia si ribaltò e morirono 368 persone, 20 furono i dispersi. Una delle più grandi catastrofi marittime del secolo I superstiti salvati furono 155, di cui 41 minori. Bartolo era là, in quel molo Favarolo che lui indica come prima casa, per le ore trascorse purtroppo a identificare cadaveri e stilare migliaia di pagine con la polizia scientifica assegnando un numero a ogni. vittime. E dentro i sacchi c’erano tanti bambini, dice io non volevo scoprire, ci giravo intorno ma poi prendevo coraggio.

La missione

Quella di Pietro Bartolo è ormai una missione girare le scuole per trasmettere, fra le giovani generazioni, un messaggio che possa sempre più diventare  certezza affinchè non accadano mai più tragedie nel mediterraneo.

Ivan Scinardo

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