Editoriali

Pasqua austera!

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Otto famiglie su dieci festeggiano la Pasqua e il ponte di primo maggio in casa. Secondo la Confesercenti solo due italiani su dieci faranno acquisti per tutto il periodo pasquale fino al ponte di primo maggio, nonostante le aperture già annunciate di alcuni negozi e centri commerciali. Sembra quindi cadere il detto: “Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Il sondaggio condotto dalla società Swg conferma ancora una volta uno stato di crisi generale che mette in ginocchio migliaia di famiglia italiane e in particolare quelle del sud. Pasqua 2014 viene dunque ricordata tra le più casalinghe degli ultimi decenni per effetto della crisi che taglia le partenze, ma riduce anche la spesa per imbandire la tavola con i prodotti simbolo della ricorrenza. Secondo quanto emerge dall’analisi della Coldiretti il 24 per cento degli italiani ha preferito all’acquisto delle uova e delle colombe pasquali il dolce fatto in casa magari con i tanto diffusi e celebri robot da cucina. Questa sorta di ritorno al fai da te casalingo, non si registrava dal dopoguerra per ben 5 milioni di italiani. Lo dimostra il fatto che durante la settimana Santa sono state consumate dagli italiani – sottolinea la Coldiretti – circa 400 milioni di uova “ruspanti” che sono l’unico prodotto che ha visto aumentare gli acquisti nel 2013 (+2 per cento) in netta controtendenza con il calo del 3,9 per cento fatto registrare in generale per l’alimentare. Sode per la colazione, dipinte a mano per abbellire le case e le tavole apparecchiate o consumate in prodotti artigianali e industriali o in ricette tradizionali da gustare a casa o in viaggio, il ritorno delle uova (vere) è – sostiene la Coldiretti – la grande novità della Pasqua 2014. Per le feste – precisa la Coldiretti – torna anche per la maggioranza degli italiani il viaggio a breve raggio da realizzare in giornata. Ancora una volta il centro commerciale si è confermato la meta preferita per fare spesa. “I risultati del sondaggio – sostiene il segretario generale della Confesercenti, Mauro Bussoni – dimostrano che aprire sempre le attività commerciali medio-piccole non serve nè ai cittadini nè al rilancio dei consumi, ma solo ad avvantaggiare i centri commerciali. Alle famiglie italiane mancano le disponibilità economiche, non le occasioni per spendere”. Secondo quindi questo importante osservatorio sul commercio da gennaio 2012 a oggi abbiamo perso per sempre quasi 39mila imprese del commercio, e nelle nostre città ci sono ormai 550mila negozi sfitti. Ma la desertificazione dei nostri centri urbani non è l’unico effetto collaterale del provvedimento: gli operatori del commercio, dipendenti e piccoli imprenditori lavorano ormai tutti i giorni, e non hanno più tempo da dedicare alle proprie famiglie”. Viene dunque in mente il testo di una canzone del noto cantautore Max Gazzè, in cui dice: “se tu lavori tutto il giorno a che ti serve vivere”?

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