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Pamela Villoresi presenta “Traghetti” al Biondo

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Pamela Villoresi, da poco insediata alla direzione del Teatro Biondo di Palermo, ha presentato stamani la nuova stagione del Teatro, insieme al Presidente Giovanni Puglisi e alla presenza del Presidente della Regione Sicilia Nello Musumeci e del Sindaco di Palermo Leoluca Orlando.

Una stagione ricca di eventi, con 34 spettacoli (13 in più della scorsa stagione) distribuiti nella Sala Grande, nella Sala Strehler e al Teatro Montevergini, che sarà riaperto al pubblico. Grandi nomi del teatro nazionale – da Gabriele Lavia a Glauco Mauri, da Elisabetta Pozzi a Franco Branciaroli, da Mariano Rigillo a Maddalena Crippa, da Emma Dante a Vincenzo Pirrotta, da Mascia Musy a Davide Enia – e della scena internazionale – da Jan Fabre a Shantala Shivalingappa, interprete di Pina Bausch. Alla grande coreografa tedesca, scomparsa dieci anni fa, il Biondo dedicherà un articolato progetto in collaborazione con il Teatro Massimo, che prevede una mostra, la proiezione di un film inedito su Palermo Palermo e un laboratorio finalizzato alla riproposta dello spettacolo, realizzato trent’anni fa per la città di Palermo, che sarà interpretato anche da danzatori siciliani, dopo un training coordinato dai maestri della compagnia del Tanztheater Wuppertal.

Significativamente intitolata Traghetti, la prima stagione diretta da Pamela Villoresi, che immagina il Biondo come un «Teatro delle Culture», vuole trasmettere il senso del viaggio, del traghettamento tra epoche e generazioni diverse, di un dinamismo che riflette lo spirito della nostra epoca: «Umanità in movimento – afferma Villoresi – per fame, per paura, verso la pace, la dignità; per sapere, per conoscere, per crescere, per non morire. Le culture come veicoli, strumenti, motori, ponti: traghetti. Noi partiamo da Palermo, noi approdiamo a Palermo».

«La declinazione al femminile della Direzione del Teatro Biondo di Palermo – ha detto il presidente Puglisi – è ad oggi la nota più luminosa della nuova stagione del Biondo. Pamela Villoresi non solo esprime e riassume un curriculum artistico di grande spessore, ma anche racconta, con la sua vita culturale per intero svolta nel teatro, per il teatro e per le altre forme di spettacolo alle quali si è dedicata, e con la sua reputazione professionale, una storia d’amore teatrale affascinante e insieme carica di suggestioni e di promesse. La nuova stagione teatrale, fin dal suo nome, Traghetti, vuole essere un messaggio e insieme un augurio: il messaggio sta nella sapiente costruzione di un cartellone che, senza allontanarsi dall’indirizzo della programmazione triennale, vuole segnare il senso del passaggio non già e non solo come attraversamento, ma anche e soprattutto come congiunzione, come trasferimento ideale di culture e di rappresentazioni, dove la scena si confonde con la vita e gli incroci non sono metafore del caso, ma icone del destino. Il programma di quest’anno, come un traghetto, è una “nave aperta”, aperta agli autori, agli artisti, al pubblico, alla critica, aperta a quanti, con spirito libero e critico, vogliano cogliere il senso del viaggio e attendere la fine prima di alzare o capovolgere il pollice».

«L’apertura della stagione di prosa del Teatro Biondo di Palermo è un momento di grande riflessione e di rinnovata consapevolezza delle proprie radici – ha detto il Presidente della Ragione Nello Musumeci – insieme all’indicazione di un percorso di rilancio della cultura di una città e del suo territorio. La direzione artistica del Biondo, affidata per la prima volta a una donna di grande esperienza e sensibilità non può che rappresentare l’inizio di una nuova avventura culturale, il desiderio di altre mete e la volontà di raccogliere le sfide nel racconto della vita e delle sue metafore. Il nome stesso dato al cartellone 2019-2020 rimanda all’idea del movimento, dell’inclusione, del viaggio, della capacità di ascolto, dell’attenzione nei confronti di realtà sconosciute, del progetto di una rete con i teatri minori dell’Isola, che la Regione Siciliana vuole rilanciare e sui quali ha già investito affinché tornino al loro antico splendore e alla piena efficienza. È per questo che rivolgo al Teatro Biondo, e a tutti coloro che ad esso dedicano energie e passione, il mio più sentito augurio di buon lavoro. Lo faccio ben consapevole del valore della funzione che il teatro ha quale punto di riferimento di un’identità e strumento insostituibile di formazione delle coscienze e di crescita morale in una città ormai accreditata tra le “capitali culturali” d’Italia e in una Sicilia che si candida a divenire naturale palcoscenico del Mediterraneo».

Per il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando, la nuova stagione del Biondo «conferma la grande sintonia fra la nuova Direzione e la città. Una sintonia culturale e di prospettiva prima di tutto e che vuole procedere nel solco del rilancio già avviato con la precedente Direzione. Quella che presentiamo è una stagione che affonda le sue radici nella città e nella sua dimensione interculturale. Una stagione teatrale che con le parole della Direttrice fa proprio fino in fondo il nostro ricordare che a Palermo “Io sono persona, noi siamo comunità”, a testimoniare che la cultura e le culture possono essere il motore del cambiamento positivo, dello sviluppo rispettoso dei diritti e delle identità di tutti e di tutte. Allo stesso tempo una stagione che vuol mettere le ali al Biondo, che guarda lontano e alla prospettiva che tutti, i Soci, il C.d.A., la Direttrice e i lavoratori del Teatro guardiamo come obiettivo alla nostra portata: quello di fare del Biondo un Teatro nazionale. Un Teatro che da Palermo porti con l’arte in Italia ed oltre la nostra visione dell’essere persona e dell’essere comunità».

Tra gli eventi più spettacolari della nuova stagione, in occasione dei 500 anni dalla morte, il Biondo proporrà Leonardo della compagnia NoGravity di Emiliano Pellisari, che darà forma agli straordinari progetti dell’artista italiano, un mix di danza, illusionismo e acrobazia che rievoca le fantasticherie del teatro rinascimentale.

Tra le proposte internazionali, arriva a Palermo per la prima volta il poliedrico e discusso artista fiammingo Jan Fabre, con lo spettacolo autobiografico The Night Writer, affidato alla straordinaria interpretazione di Lino Musella, mentre Shantala Shivalinguppa interpreterà Swayambhu. Apprezzata interprete di kuchipudi, danza indiana classica, nervosa e raffinata nei suoi cambi di ritmo, Shantala riesce a creare spettacoli originali, facendo dialogare tradizione e modernità. Nella sua danza nei quali si intravedono le molteplici influenze di cui è intessuto il proprio percorso artistico: da Maurice Béjart a Bartabas, da Peter Brook a Pina Bausch.

Tra le produzioni del Biondo, hanno una particolare valenza sociale Bengala a Palermo e Non tacere. Il primo è un progetto di Daniela Morelli affidato alla regia di Marco Carniti, che coinvolgerà la vasta comunità indiana della città. Laboratori, incontri, interviste, racconti, documentati dagli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, confluiranno in uno spettacolo basato sulle storie degli indiani a Palermo, sulla loro cultura e sui rapporti con la città. Non tacere è una trilogia sul femminicidio dedicata a Pippa Bacca, Ilaria Alpi e Palmira Martinelli. Tre modi di essere radicalmente donne, fino al sacrificio e alla rinascita.

In cantiere anche un originale allestimento del Marat Sade di Peter Weiss, affidato alla regia e all’interpretazione di Claudio Gioè, una potente riflessione sullo scontro tra ragione e sentimento, tra senso dello stato e libertà individuali: «Mi sembra – afferma Gioè – che una riflessione sul senso della rivoluzione francese che provenga dal sud d’Europa oggi possa essere utile e necessaria».

Tra le altre produzioni e coproduzioni: Esodo, il nuovo spettacolo di Emma Dante interpretato da Sandro Maria Campagna e dagli allievi attori della “Scuola dei mestieri dello spettacolo”, che inaugurerà la stagione il 25 ottobre dopo il debutto in prima assoluta (il 4 luglio) al Festival dei 2 Mondi di Spoleto, la ripresa de L’abisso di Davide Enia, appena insignito del “Premio Hystrio Twister”, Sei di Scimone e Sframeli ispirato ai Sei personaggi di Pirandello, I giganti della montagna di Pirandello nella messa in scena di Gabriele Lavia, L’ultima notte del Raìs di Yasmina Khadra per la regia di Daniele Salvo, To play or to die di Giuseppe Provinzano, Nel nome del padre di Luigi Lunari per la regia di Alfio Scuderi, Il contrabbasso di Patrick Süskind per la regia del tedesco Henning Brockhaus e Viva la vida, tratto dal romanzo di Pino Cacucci sulla vita e l’opera di Frida Khalo, che sarà interpretato proprio da Pamela Villoresi.

Grazie a un accordo col Piccolo Teatro di Milano sarà in stagione anche il mitico Arlecchino servitore di due padroni di Carlo Goldoni nello storico allestimento di Giorgio Strehler, mentre Pamela Villoresi annuncia di avere ottenuto i diritti per il riallestimento di un altro celebre spettacolo strehleriano: L’isola degli schiavi di Marivaux.

Sono numerose le collaborazioni con istituzioni culturali e strutture del territorio che la nuova direzione del Teatro ha già avviato o perfezionerà nel corso della stagione, tra l’altro con l’Università degli Studi di Palermo, in vista della trasformazione in corso di laurea della Scuola di teatro; con il Centro Sperimentale di Cinematografia per la realizzazione di documentari legati alle produzioni teatrali; con il Teatro Massimo di Palermo per la realizzazione di scene e costumi e per un articolato progetto di formazione professionale e promozione culturale; col Piccolo Teatro di Milano per la realizzazione di corsi professionali; con l’Accademia di Belle Arti per la realizzazione di scenografie e per la grafica della stagione; con il Teatro Libero di Palermo, il Festival del Teatro Bastardo, le Orestiadi di Gibellina, l’Inda, il Festival delle Letterature Migranti, l’Associazione Amici del Teatro Biondo.

Inoltre, il Biondo si farà promotore della nascita di un circuito dei teatri siciliani, con lo scopo di rilanciare spazi e risorse del territorio.

 

Guarda il servizio realizzato da Rosa Guttilla per la testata Il Sicilia

 

Cinema

Pupi Avati e il conformismo

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Pupi Avati, o “l’anticonformismo del conformismo”

La presentazione del volume ‘Pupi Avati fuori dal cinema italiano’ al Museo Etrusco di Roma, alla presenza dei fratelli Avati. Steve Della Casa intervista il regista e l’autore del libro, Massimiliano Perrotta

“Il mio libro inizia con una cena a casa di Laura Betti, dove Pupi Avati era appena arrivato da Bologna con due film che erano andati male. E proprio lì, dove c’erano Bellocchio, Bertolucci, Moravia, Pasolini… gli scappò detto ‘io sono democristiano’: la cosa più conformista, che però in quel consesso coincideva col massimo dell’eresia. Su questo paradosso, su questa contraddizione, lui ha costruito la sua carriera e io ho costruito il mio libro”.

Così Massimiliano Perrotta presenta al pubblico il suo Pupi Avati fuori dal cinema italiano in una gremita Sala della Fortuna del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Una biografia decisamente sui generis, appena uscita con Edizioni Sabinae, che in otto capitoli raccoglie altrettanti articoli già pubblicati dall’autore catanese sull’’Huffington Post’. Accanto a lui il regista, fresco della Laurea ad Honorem in Italianistica appena conferitagli all’Università Roma Tre, mentre in prima fila siede l’inseparabile fratello, Antonio Avati.

A moderare l’incontro è Steve della Casa, critico cinematografico e direttore artistico, storico conduttore radiofonico di ‘Hollywood Party’ nonché regista, autore e Conservatore della Cineteca Nazionale.

L’anticonformismo del conformismo è la chiave di lettura che il libro dà alla carriera di Pupi Avati”, rimarca Della Casa, dopo aver presentato il regista, accolto da un lungo applauso, come ‘il più grande affabulatore che ho conosciuto nella mia carriera’: “una carriera che ha parecchi punti che sorprendono, come dimostra il volume stesso. Ad esempio quando qualche anno fa ho scoperto che gran parte dell’ultimo film di Pasolini, Salò, è stato scritto da Pupi Avati, rispetto ai suoi lavori successivi mi sembrava una cosa eccentrica. Invece poi non lo è affatto. Questo libro è molto interessante e controcorrente, perché è una biografia non esaltatoria del soggetto e non ha un’esigenza di completezza: racconta un preciso punto, la posizione eccentrica di Pupi Avati all’interno della galassia del cinema italiano”.

“Il libro di Massimiliano (Perrotta, ndr) apre con la storia di quella cena, ma non è che io sono arrivato là e ho detto così, dal nulla, ‘sono democristiano’”, precisa ridendo Pupi Avati, che prende la parola confermandosi esattamente nel ruolo in cui è stato presentato e snocciolando anche in questa occasione decine di aneddoti più che divertenti sui suoi 85 anni di vita, di famiglia e di cinema, spesso mimando il racconto la voce con vere e proprie gag.

“Quello era il risultato di una serie di considerazioni di noi che arriviamo a Roma (io e mio fratello Antonio, ndr) con due ‘cadaveri’ di insuccessi, come allora si diceva”, continua il regista. “Anche dietro alla stessa scelta di questo piccolo nome, ‘Pupi’ Avati, c’era una cultura, un mondo, dei genitori, dei nonni, delle zie, la campagna vissuta nel primo dopoguerra… C’erano le favole contadine terrorizzanti che ci raccontavano prima di andare a letto nelle camere scricchiolantissime, come la favola del ‘prete donna’… E poi c’era la chiesa, l’educazione cattolica preconciliare, piena di inferno e di diavolo dappertutto. Ecco, avendo tenuto dentro di me con riconoscenza quell’immaginario che si è andato a formare laggiù, in quel tempo remoto, con una grande nostalgia… Perché allora non c’era niente, a parte i campi… E allora riempivi quel niente con l’immaginazione, col racconto orale, che era fondamentale. Magari alcuni dei miei parenti erano pressoché analfabeti, non avrebbero mai saputo scrivere… ma sapevano raccontare. E saper raccontare – come sapeva fare nostra madre, una narratrice fantastica, che da quando salivamo in macchina da via Saragozza a Bologna fino a Roma non si interrompeva un minuto – era una cosa preziosissima. Questa è l’Italia dalla quale vengo, che non aveva quasi nulla, ma aveva tantissimo, perché ti permetteva di immaginare, che oggi è una cosa quasi proibita”.

Tornando al libro, anche per chi non abbia letto in precedenza i suoi articoli online, lo stile del racconto di Perrotta appare esplicito fin dalle prime pagine e non lesina – ora qua ora là – personalissimi epiteti ai grandi maestri della settima arte, destinati a far discutere. Ma anche nei titoli scelti per dividere il volume: si va da Un democristiano nel salotto – dove si racconta la famosa cena di cui sopra – per poi passare a Il Truffaut dell’Italietta, La poesia democristiana, o Agli antipodi del fighettismo, all’interno del quale, ad esempio, l’autore scrive: “Glamour: ecco una parola che non si addice al cinema di Pupi Avati. Egli si colloca agli antipodi del fighettismo artistico e di quello sociale (…). Mentre il fighettismo idolatra i vincenti, Avati simpatizza per i candidi, per gli insicuri, per gli sfigati”.

“Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato”, scrive ancora Perrotta nel primo capitolo: “non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. (…). Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi postnovecenteschi, con gli occhi di domani”.

“Il cinema di Pupi è personalissimo, senza quella aggressività che altri autori cercano di imporre sulla materia narrata e sulla realtà con la loro cifra”, continua l’autore del libro in sala. “Anche nei riguardi del film horror, lui lo fa a tutti gli effetti, rispettandone i codici ma poi arricchendone il contesto con il suo sguardo. Anche in Salò, certo, c’è la sua firma, ma discreta: non c’è nulla che lui faccia, anche per la tv, che non rispetti quel che gli viene chiesto, e che però sia al tempo un film di Pupi Avati a tutti gli effetti, con tutte le sue cifre stilistiche, ma sempre con discrezione, con quel senso della misura che secondo me è quello che, se da un lato lo rende amabile, lo ha visto penalizzato da parte della critica. Ma il tempo secondo me dà ragione a lui”.

“L’argomento del film di genere, presente nel libro, è una preoccupazione che Pupi ha a livello di prospettiva”, precisa Steve Della Casa. “È molto attento anche a quello che avviene anche dal punto di vista commerciale nel cinema italiano, e alla sua capacità di trovare un pubblico. Praticare il cinema ‘di genere’ è stata una caratteristica del cinema italiano negli anni del suo massimo splendore. Diceva Giuliano Montaldo che se si potevano fare i film di Bertolucci e Pasolini era perché si facevano quelli di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che incassavano, pensate, quasi il 10% del totale nel cinema italiano, consentendo agli altri di sperimentare. E poi c’era un’osmosi tra cinema d’autore e di genere, che si confrontavano continuamente. Nell’horror che fa Pupi Avati, ad esempio, gli effetti speciali hanno un ruolo piccolissimo, il suo è un horror di atmosfera: la paura ti arriva da altre cose”.

A chiudere la pubblicazione, un’interessante ‘raccolta nella raccolta’ tratta da libri, riviste e/o quotidiani, intitolata Fior da Fiore, che a partire dal 1970 fino al 2024 riporta i punti di vista delle più note firme del grande schermo nei confronti del cinema di Pupi Avati: Miccichè, Farassino, Bignardi, Bertetto, Caprara (Valerio), Anselmi, Fofi, Morandini, Ferzetti (Fausto), Rondolino, Tornabuoni, Crespi, Sarno, Kezich, Nepoti, Brunetta, Mereghetti, Rondi, Mancuso, Salvagnini, Giusti, Zappoli e Siniscalchi.

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Cinema

“Corto d’Amuri” dedicato a tutti i bambini e le donne

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Life And Life e Vittoria Assicurazioni insieme contro la violenza di genere

Mercoledi 2 ottobre 2024, Giornata mondiale della non violenza, proiezione alle 10.30, in anteprima del cortometraggio – Sala Bianca, Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo

Verrà proiettato in anteprima assoluta, davanti a un pubblico selezionato di studenti e insegnanti, il cortometraggio: “Corto D’Amuri”, realizzato dall’organizzazione internazionale umanitaria LIFE and LIFE ETS. Partner dell’iniziativa Vittoria Assicurazioni, agenzia generale di Palermo, selezionata per il secondo anno per il progetto: “AssiCuriamo – Insieme 2024” promosso da Fondazione Specchio d’Italia e Fondazione Carlo Acutis.

Il lavoro realizzato dalle registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, ex allieve del corso di Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, racconta le violenze psicologiche, spesso invisibili, che subiscono bambini e donne all’interno delle mura domestiche. Non è un caso che sia stata scelta proprio la data del 2 ottobre per proiettare il lavoro filmico, Giornata mondiale della nonviolenza. Dopo l’esperienza maturata lo scorso anno sulla prevenzione delle malattie oncologiche, Life and Life e Vittoria Assicurazioni, hanno voluto realizzare un cortometraggio da destinare principalmente alle scuole, per lanciare un ulteriore messaggio di allarme al fine di aiutare i più deboli a rivolgersi ai centri per l’ascolto antiviolenza.

All’incontro saranno presenti, il vice sindaco e assessore alla Cultura Giampiero Cannella, le registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, il bambino protagonista del corto Mattia Libeccio, gli attori Stefania Blandeburgo e Ludovico Vitrano, che hanno partecipato a titolo gratuito con le loro voci fuori, la fumettista Eva Arato, il Presidente e la vice della Life And Life, Arif Houssein e Valentina Cicirello, gli agenti generali di Vittoria assicurazioni Antonello e Rossana Calia, e la delegata di produzione Laura Scalia.

Per info: Life And Life, via Serraglio Vecchio 28, Palermo. Tel. 091.2714100

Guada il corto

Il servizio di Tele One del 3 ottobre 2024

Qui la registrazione dell’evento

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Cinema

Un film lungo 70 anni. Al via il festival di Taormina

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Taormina, 28 giugno 2024 – Dall’avventura action al thriller psicologico, dall’horror alla romantic-comedy e alle molteplici facce di un cinema siciliano che avanza a 360 gradi: sono questi soltanto alcuni dei fili che il Direttore del Taormina Film Festival, Marco Müller, ha scelto di intrecciare nel concepire un programma che sia capace di soddisfare tutti i tipi di pubblico, dagli appassionati di blockbuster pop al cinema italiano, sotto le stelle del Teatro Antico.

Un Festival che si inaugura venerdì 12 luglio con un evento speciale dei Nastri d’Argento per celebrare il 70° anniversario con un omaggio alla commedia italiana: grandi protagonisti Christian De Sica, Carlo Verdone e molti altri. Tante le presenze internazionali, tra cui Sharon Stone, Nicolas Cage, Bella Thorne, Rebecca De Mornay, solo per citare alcuni nomi.

Marco Muller (Direttore artistico)

Il cuore del Taormina Film Festival è il Gala che ospiterà 7 titoli tutte le sere al Teatro Antico, fra cui ben 4 prime mondiali e un’attenzione particolare al giovane cinema con opere prime e seconde. Si parte il 13 luglio con l’horror statunitense Saint Clare di Mitzi Peirone con Bella Thorne, Rebecca De Mornay e Ryan Philippe, per proseguire con il travolgente action movie Twisters di Lee Isaac Chung interpretato da Daisy Jessica Edgar-Jones.

Tanto Cinema e spettacolo

E poi il thriller-psicologico The Surfer di Lorcan Finnegan con Nicolas Cage; Il giudice e il boss,che il regista di Placido Rizzotto, Pasquale Scimeca, dedica alla memoria di un eroe dell’antimafia come Cesare Terranova; e un trittico di rom-com con il britannico-islandese Touch, diretto dal celebre regista Baltasar Kormákur e interpretato dalla gettonatissima modella e cantante giapponese Kôki, e le due italiane L’invenzione di noi due di Corrado Ceron con Lino Guanciale, Silvia D’Amico e Paolo Rossi e Finché notte non ci separi di Riccardo Antonaroli interpretato da Pilar Fogliati, Filippo Scicchitano, Valeria Bilello, che chiude la rassegna.

Centrale nella programmazione del Palazzo dei Congressi è il FOCUS MEDITERRANEO, che permette al festival di aprirsi al mondo e inserirsi nelle sue contraddizioni più scottanti, a partire dalla prima internazionale di From Ground Zero, il film collettivo coordinato da Rashid Masharawi che presenta il “racconto di storie non raccontate” firmate da 22 giovani cineasti palestinesi che hanno filmato la vita quotidiana a Gaza.

Il maestro del cinema israeliano Amos Gitai torna a Taormina con Shikun, compendio del suo cinema e della sua visione delle contraddizioni del paese, mentre in To A Land Unknown, Mahdi Fleifel scava nel mondo degli immigrati arabi clandestini nei paesi della UE. Due grandi presenze autoriali francesi vengono ospitate dal Focus Mediterraneo: la prima internazionale della versione integrale di Va savoir di Jacques Rivette, il film pirandelliano interpretato da Sergio Castellitto, che introdurrà la proiezione e la prima mondiale di Filmlovers! di Arnaud Desplechin, versione in lingua inglese di Spectateurs, il film in cui il regista francese ha celebrato la magia del cinema visto in sala. Fresco dei suoi successi hollywoodiani, il regista cileno-svedese Daniel Espinosa ambienta nel Meridione italiano la storia di una trafficante di uomini nel suo nuovissimo Madame Luna, mentre Thierry de Peretti con il suo A son image torna nella sua Corsica natale per raccontare attraverso la vita, le amicizie e gli amori di una giovane fotografa i tumulti politici dell’isola dalla fine degli anni ’70 in poi.

Sempre al Palazzo dei Congressi uno spazio speciale è dedicato a OFFICINA SICILIA, in cui coesistono anime diverse fra loro. Innanzi tutto lo spettacolo della serialità più recente made in Sicily attraverso i momenti più significativi, a partire da L’arte della gioia di Valeria Golino con Tecla Insolia, Jasmine Trinca, Valeria Bruni Tedeschi (nella sua smagliante versione cinematografica); Vanina – Un vicequestore a Catania di Davide Marengo con Giusy Buscemi; i primi episodi, diretti da Piero Messina, de L’oraInchiostro contro piombo; e la Sicilia apocalittica di Anna di Niccolò Ammaniti. Accanto a questo panorama, un formidabile quintetto di prime mondiali (quattro opere prime e un’opera seconda) ci ricorda che la Sicilia è laboratorio di sempre rinnovate esperienze che spingono il suo cinema in avanti ma a 360 gradi: Quir di Nicola Bellucci, La bocca dell’anima di Giuseppe Carleo,Tre regole infallibili di Marco Gianfreda, Pietra madre di Daniele Greco e Mauro Maugeri e Il ladro di stelle cadenti di Francisco Saia. Anche autori consacrati siciliani hanno voluto aprirsi a nuovi esperimenti, come l’interpretazione free-jazz di Tony Sperandeo nel nuovo film di Aurelio Grimaldi, La rieducazione, un’altra prima mondiale.

OFFICINA SICILIA è arricchita da una sottosezione di cinema siciliano ritrovato, intitolata IERI OGGI DOMANI, che vuole recuperare le opere più audaci del passato che annunciavano il cinema di oggi e quello che verrà, spaziando da un omaggio alla leggendaria Panaria Film, fondata nel 1947 dal principe Francesco Alliata di Villafranca di cui verranno presentate (proiezione in pellicola dei film restaurati) alcune delle produzioni più importanti: dagli audaci cortometraggi documentari alle due versioni differenti, per lingua e montaggio, di Vulcano e Volcano (1952) di William Dieterle. Accanto alla riproposta delle opere dei più sorprendenti registi della Costa Est come Maria Arena e il collettivo catanese canecapovolto, il cinema siciliano in bilico fra fiction e documento viene esplorato attraverso la produzione autoriale di Costanza Quatriglio e i lavori dei giovani documentaristi del CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo. Particolarmente prezioso è l’ultimo dei non-fiction in programma, Diario di Guttuso, un itinerario-mosaico che ricostruisce la vita di Guttuso attraverso luoghi, amici e quadri, un lavoro televisivo del 1982 che già annuncia la cifra personalissima del Premio Oscar Giuseppe Tornatore.

Il festival vuole rendere omaggio a uno dei coraggiosi protagonisti del cinema fatto da chi vuole “restare a Sud”, il produttore Gaetano Di Vaio, scomparso di recente: Largo Baracche, documentario che lo stesso Di Vaio girò giusto dieci anni fa sui ragazzi della “Napoli di Gomorra” e Tre regole infallibili di Marco Gianfreda, l’ultimo film che Di Vaio aveva prodotto con la sua Bronx Film.

A impreziosire l’offerta del Taormina Film Festival 70, la storia del festival ci porta due regali: lo strepitoso imperdibile monologo interpretato da Toni Servillo dall’opera seconda di Mario Martone, il mediometraggio Rasoi, e il restauro in 4K di Picnic at Hanging Rock, il capolavoro che impose ormai quasi 50 anni fa proprio a Taormina il regista australiano Peter Weir.

Per questa edizione l’otto volte direttore della Mostra di Venezia articola un programma ad ampio spettro culturale e geografico, non di solo cinema. Grazie all’impegno della direttrice artistica della Fondazione Taormina Arte Sicilia, Gianna Fratta, artista di fama internazionale, accanto alla rassegna cinematografica vive un’iniziativa parallela: PROIEZIONI – Suoni e parole prima del film, format di natura performativa tra musica, teatro ed eventi multimediali che offre, prima delle proiezioni al Teatro Antico, spettacoli legati al mondo del cinema. In particolare, la proiezione del documentario La Montagne Infidèle di Jean Epstein con il commento musicale dal vivo della pianista Omar Sosa; il concerto per il centenario della morte di Giacomo Puccini Tosca – Il ricatto sessuale, in cui arie, duetti e pezzi d’assieme del capolavoro pucciniano si alternano al racconto dell’opera fatto dalla stessa Gianna Fratta; Veniamo a quel paese, l’esecuzione delle colonne sonore che Carlo Crivelli ha composto per i film di Ficarra e Picone, che parteciperanno all’evento; Note di celluloide, omaggio che l’Ensemble “Suoni del Sud” tributa al meglio della musica per il cinema, eseguendo capolavori di Nino Rota, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Piero Piccioni. Infine lo spettacolo teatrale L’amore segreto di Ofelia di Steven Berkoff con Chiara Francini e Andrea Argentieri e anche un omaggio a Maria Callas, Vissi d’arte. Vissi per Maria, che si svolgeranno tra la Villa Comunale di Taormina e il Teatro Antico.

Il 2024 segna un anno di svolta per il festival. La Fondazione Taormina Arte Sicilia, che da anni produce e organizza l’evento, intende attivare nuove strategie di promozione della manifestazione nel medio e lungo periodo. Il commissario straordinario Sergio Bonomo, in linea con le indicazioni strategiche dell’Assessorato Turismo Sport e Spettacolo guidato dall’Onorevole Elvira Amata, finalizzate allo sviluppo della cinematografia in Sicilia e all’implementazione del cineturismo, pone le basi nel 2024 per un nuovo corso del Festival che, nei prossimi anni, intenderà attuare un’azione di apertura al territorio, con particolare attenzione alle zone costiere. Inoltre, come già nell’edizione 2024, in cui musica, teatro, multimedialità diventano parte integrante del programma festivaliero, il futuro della manifestazione mirerà a proporre un modello di festival moderno e altamente multidisciplinare, con azioni formative per i giovani, incontri, performance in cui le arti dialoghino sotto l’egida del cinema non come compartimenti stagni, ma in grado di creare nuove forme spettacolari, che possano prevedere anche attività coordinate con altri Paesi del Mediterraneo, in un’ottica di internazionalizzazione e apertura.

La Fondazione Taormina Arte Sicilia e il Taormina Film Festival 70 desiderano ringraziare MiC, Ministero Della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Siciliana – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo, Sicilia Film Commission,  Comune di Taormina, AdSP dello Stretto, Sac, Aeroporto Di Catania, CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia; i main sponsor Intercity, Belmond Grand Hotel Timeo, Belmond Hotel Villa S.Andrea; gli sponsor tecnici Ibfor, Wella, Delta Marriott Hotels; Rai Sicilia per il patrocinio e i media partner Rai, Ciak, Cinematografo, Cinecittà News, Taxi Drivers, Variety.

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