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Non occorre l’esercito ma un esercito di maestre di scuola elementare

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Nei quartieri popolari non possiamo pretendere, dopo anni di abbandono da parte delle istituzioni, che vi sia il buon senso degli abitanti, il rispetto e la piena osservanza delle regole. Non possiamo. Bisogna invece agire sulle generazioni più giovani, bisogna correggere i bambini. Non occorrono eserciti ed elicotteri (il cui costo medio/ora di volo è di circa 4.000€, soldi pubblici) ma un esercito di maestre di scuola elementare. Occorre prendere esempio dal lavoro svolto, in questi anni, da Professori come Luigi Barbieri e Domenico Di Fatta, in quartieri come lo Zen, Brancaccio. Un lavoro encomiabile fatto di sacrifici, di insegnamenti, di buoni esempi, di progetti tesi a trasmettere la cultura della legalità, della solidarietà, la cultura del lavoro, del sacrificio.
Questo fa l’insegnante: educa a spostare lo sguardo, ad andare oltre l’apparenza. Insegna ai ragazzi ad aprire un varco lì dove nessuno era riuscito. Per i ragazzi ogni giorno, ogni cosa fatta e imparata in classe è una scoperta vera, di quelle che fanno crescere.
Occorre investire nelle periferie, occorre creare lavoro e reddito in quei vicoli dove la delinquenza e la mini criminalità sono padroni indisturbati, veri datori di lavoro e cattivi esempi per i più piccoli.
Occorre rendere quei quartieri sostenibili, anche per le tante persone per bene, stanche di tali comportamenti, oneste che mal sopportano i loro vicini; il futuro delle città è nelle periferie. Lo sostiene anche l’architetto Renzo Piano. E’ una affermazione che contiene una certa dose di utopia ma la visione del più importante architetto italiano vivente è accompagnata da un lavoro di elaborazione e di progettazione che fa delle periferie il fulcro della rinascita delle città.

Renzo Piano lo definisce “il rammendo”. Non più interventi di grandi dimensioni che in passato hanno creato situazioni di forte disagio e di emarginazione ma un costante e paziente lavoro di ricucitura dell’esistente e di trasformazione delle aree urbane più deteriorate.

“A Milano l’icona delle periferie è il Giambellino. Costruito alla vigilia della seconda guerra mondiale oltre il sobborgo più estremo, non ha mai goduto di manutenzione e oggi paga i decenni di abbandono. Un quartiere difficile, come ce ne sono tanti a Palermo, ma vivo. Luogo di artisti, di attivisti sociali così come di malavitosi, da Renato Vallanzasca a Francis Turatello che teneva al Giambellino la sua bisca notturna, frequentata spesso da insospettabili politici e uomini d’affari). Al Giambellino, infatti, nacquero le Brigate Rosse e nei suoi giardini si diffuse per primo lo spaccio e il consumo dell’eroina. La vita al Giambellino è difficile ancora oggi, per il degrado, le condizioni economiche degli abitanti, i problemi storici a partire dall’abusivismo gestito da associazioni criminali.”

Renzo Piano ha investito nel Giambellino al punto da creare un gruppo di lavoro di giovani architetti che hanno elaborato un piano di azione per ridare vita al quartiere. Interventi semplici, poco costosi, possibili, sostenibili, dal punto di vista economico e sociale. Hanno iniziato abbattendo un muro del mercato comunale per garantire l’accesso al parco pubblico dove ci sono anche gli orti gestiti dagli abitanti. Hanno pensato di unire i cortili interni; hanno spiegato agli abitanti come iniziare a fare da sé le prime ristrutturazioni.

Il lavoro al Giambellino è oggi documentato in un sito, “G124”.

Ieri, preso dallo sconforto, ho urlato rabbia per questi comportamenti definendo queste persone bestie; in fondo sono gli stessi che, con atteggiamenti indecorosi e indicibili e violenti, si recano nei PS quando necessitano di cure e devastano le sale d’attesa o menano chi deve dar loro le migliori cure possibili.
 
Ho elaborato un pensiero diverso stamattina, certo comunque del fatto che gli episodi di ieri si ripeteranno oggi, la “pasquetta” sarà movimentata. Chissà a cosa assisteremo tra poche ore: balli sui tetti, arrustute, vivute, vucciria, canzoni neomelodiche dai balconi dei palazzi; non basteranno tre pattuglie della polizia o dei carabinieri a contenere il menefreghismo, l’egoismo e la strafottenza di queste “persone”. Ogni giorno che passa è un giorno perso, un giorno in cui ognuno di noi dovrebbe preoccuparsi di fornire a quella fetta di società i giusti strumenti per evolversi, invece che regredire sempre di più.
 
E’ colpa nostra dunque, molto più che colpa loro. Vanno trattati un pò come “eterni” bambini, se non li si educa per tempo non cambieranno mai.
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