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Mix-Match vaccini: è una strategia vincente?

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Da sabato 12 giugno 2021 tutte le persone under-60 vaccinate in prima dose con Vaxzevria (AstraZeneca) riceveranno, in seconda dose, un vaccino a mRNA tra Comirnaty (Pfizer-BioNTech) e mRNA-1273 (Moderna). A stabilirlo è stato il comitato tecnico scientifico del Governo istituito per affrontare l’emergenza pandemica. Una decisione presa in fretta dopo il decesso della giovane 18enne che nei giorni scorsi aveva ricevuto, in occasione di un open-day vaccinale (open-day rivolti ai giovani bocciati dalla stessa AIFA), il vaccino AstraZeneca.
Mi chiedo da medico se è stata questa una decisione dettata dalla saggezza, dalle poche evidenze scientifiche o semplicemente dalla paura? Ad un’analisi approfondita la situazione è molto chiara: se da un lato erano già note le possibili rare reazioni avverse, poco ancora (mi permetto di dire, in punta di piedi) sappiamo della stategia “mix and match” decisa dal CTS.
Ad oggi i vaccini per contrastare Covid-19 appartengono essenzialmente a due categorie: i vaccini a mRNA (Pfizer-BioNTech e Moderna) e quelli a vettore virale (AstraZeneca e Janssen). Sia quelli a mRNA sia quelli a vettore virale si sono dimostrati altamente efficaci nel prevenire le forme gravi di Covid-19. Eccetto che per il vaccino Janssen (monodose), Pfizer, Moderna, e AstraZeneca prevedono due dosi. Una strategia volta ad ottenere la miglior risposta del sistema immunitario.
Concludere il ciclo vaccinale è decisamente importante sopratutto con l’avvento delle nuove varianti emerse negli ultimi mesi. Se tutti i vaccini oggi in commercio si sono dimostrati efficaci, questo è vero quando il ciclo vaccinale viene portato a termine. Un esempio è l’efficacia contro la variante indiana: dopo una sola dose, l’efficacia del vaccino Pfizer Comirnaty e Vaxzevria (AstraZeneca) si attesta solo al 33%. Se però si effettua la seconda dose, l’efficacia torna a salire a livelli molto elevati, quasi comparabili a quelli ottenuti contro la variante inglese.
Un risultato importante che indica ancora una volta quanto sia fondamentale effettuare la prima vaccinazione e successivamente il richiamo vaccinale. Richiamo che però oggi, per coloro i quali hanno effettuato AstraZeneca o Vaxzevria, può essere effettuato con un vaccino differente rispetto alla prima dose.
L’idea di questa strategia mix and match non è affatto nuova, testata già contro HIV. La decisione di “mischiare” le dosi da parte dell’Italia segue quella di altre nazioni come Germania, Spagna, Francia, Danimarca, Norvegia e Canada. Decisone però non basata su solidi dati poiché è solo da poco tempo che si è iniziato a testare tale approccio.
Ad oggi gli studi più approfonditi che hanno indagato la strategia mix and match sono 3. In tutti, l’utilizzo di una prima dose AstraZeneca seguita da una dose Pfizer ha prodotto una robusta risposta immunitaria. Due di questi hanno inoltre registrato un risposta paragonabile a quella ottenuta con due dosi di Pfizer-BioNTech.
In particolare in uno studio realizzato in Germania il mix and match ha prodotto un livello di anticorpi neutralizzanti superiore di 10 volte a quello riscontrabile con il ciclo classico di AstraZeneca. Un dato che potrebbe tradursi in migliore protezione. Lo stesso studio, pare, abbia anche mostrato come l’approccio misto abbia portato a minori effetti collaterali.
Ciò non significa, però, che non ci siano incognite. Nelle prossime settimane sono attesi molti più dati di quelli ottenuti sino ad oggi. Diversi gruppi sono infatti al lavoro per trovare il giusto mix, perché non basta somministrare due dosi differenti.
Un’incognita è il fattore tempo. Un recente studio su The Lancet (non è topolino) ha mostrato come indipendentemente dall’ordine di somministrazione, se la distanza tra prima e seconda dose è di sole 4 settimane, il rischio di effetti collaterali è significativamente maggiore di chi riceve le due dosi dello stesso prodotto.
La strada è ancora lunga e le incognite non mancano. Solo i dati accumulati nel tempo potranno dirci se si tratta di una strategia vincente. Mai come oggi bisogna affidarsi alla scienza, mantenere una comunicazione pacata e non alimentare lo scetticismo.
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