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Marco Corrao, esce il video “NEBROS”

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Per la title track dell’album, un suggestivo volo fra boschi incantati, laghi montani, tradizioni e paesini nascosti tra i monti di Dioniso

ESCE IL VIDEO DI MARCO CORRAO “NEBROS”, la title track dell’album edito dall’etichetta siciliana Suoni Indelebili e realizzato anche con il contributo dell’ Assessorato ai Beni Culturali e dell’ Identità Siciliana e distribuito da IRD International Record Distribution.

Il video, girato e montato da Vincenzo Ceraso, è un vero e proprio volo – grazie alle immagini riprese da un drone – sulla bellezza del territorio Nebroideo raccontato dalla canzone. Un suggestivo scenario fatto di boschi incantati, laghi montani, tradizioni e paesini nascosti tra i monti di Dioniso, ricchi di storie e leggende.

Immagini che Marco Corrao conosce bene, visto che oltre ad essere un cantautore è anche una Guida ed un Geologo Naturalista, e che per questo vive i Nebrodi, luoghi stupendi dai colori intensi come le vite lente che li animano, da un doppio punto di vista: quello romantico dello scrittore di canzoni abbagliato dalla bellezza della natura e quello pratico del viaggio, dello studio e della scoperta continua di uno dei piu’ estesi parchi naturali di tutta Italia.

L’ALBUM

All’anno nero della pandemia – che più di tutti ha messo in crisi il settore artistico e culturale – il cantautore e produttore siciliano Marco Corrao risponde facendo uscire ben due album a suo nome. Il primo, “Pietre su pietre”, ha visto la luce nel giugno scorso. Il secondo, Nebros, Vol.1, Storie e antichi echi”, è uscito in Sicilia il 31 dicembre ma è stato distribuito su scala nazionale dal febbraio scorso, grazie a IRD.

Nebros”, come suggerisce il nome, è una raccolta di canzoni che parlano di Nebrodi, una catena montuosa della Sicilia settentrionale, nella provincia di Messina, e che raccontano leggende e storie vecchie e nuove legate al territorio.

Si va dal ricordo del giornalista Beppe Alfano ucciso dalla mafia nel 1993 (il brano è “Beppe”) al brani ispirati a canti tradizionali come quello del “Panaru manu cu manu”, intonato nel corso della raccolta delle olive sui piccoli alberi nebroidei e registrato negli anni 50 nel comune di Mirto dall’etnomusicologo americano Alan Lomax. Si parla, o meglio si canta, degli incendi che ogni anno devastano le montagne siciliane, ma anche della bellezza delle feste tradizionali come quella di San Giuseppi con la “prucissioni”, della leggenda di San Cono di Naso, di metafore e proverbi.

L’album è prodotto dallo stesso Corrao con Jono Manson e Gabriele Giambertone e si avvale anche della presenza di Alex Valle alla pedal steel e di Riccardo Tesi all’organetto.

Produzione Marco Corrao, Jono Manson, Gabriele Giambertone,

Cross Road Club Capo d’Orlando.

Distribuzione IRD International Record Distribution.

Etichetta Suoni Indelebili www.suonindelebilirecords.com

TRACK BY TRACK

Cununi: Siamo sotto il regno di Federico II di Svevia. Questa è la storia di uno dei due Santi neri dei Nebrodi, San Cono di Naso detto anche Cununi Navacita. La canzone si ispira a degli scritti presenti nella biblioteca storica del piccolo paesino, di cui Cununi fu abate del convento, Naso.

Era il 1200. Uno scandalo costruito ad arte dalla figlia di un nobile dell’ antica città Nebroidea investì San Cono. La ragazza, innamorata follemente di un giovane nasitano (così si chiamano ancora oggi gli abitanti di questo paese del messinese), scappò col giovane di umili origini, disonorando la sua famiglia.

L’unico modo per scampare ad una pena assai dura era quello di incolpare per il suo peccato d’amore un innocente, possibilmente vecchio e senza famiglia.

La giovane andò dal governatore ed indicò Cono come responsabile di stupro nei suoi confronti. Cono, condannato alla fustigazione in pubblica piazza, fu prelevato dalla sua grotta dove viveva da eremita, spogliato delle sue vesti e portato al centro del paese.

Il popolo, vedendo il Santo pieno di ferite autoinflitte sul petto ed il cilicio ai fianchi, usato per espiare le colpe di tutti, decise di liberarlo dalla morsa dei gendarmi e di riportarlo alla sua grotta a Rocca d’armi a finire in pace i suoi giorni.

Beppe: Canzone dedicata a Beppe Alfano, giornalista ucciso dalla mafia nel 1993 a Barcellona Pozzo di Gotto. Lasciato solo a raccontare storie di ingiustizia e soprusi. Un cronista, un uomo curioso, un uomo che credeva nel bene e nella giustizia. L’ennesima storia sbagliata.

San Giuseppi: In molti paesi marittimi, le feste e le processioni dedicate ai Santi sono spesso animate, anche, dai pescatori. Non fa eccezione Sant’Agata di Militello, dove il Patrono, San Giuseppe, è onorato due volte l’anno: una il canonico 19 marzo, l’altra, a beneficio di emigranti e turisti, la seconda domenica di agosto.

In entrambi i casi, sono per lo più i pescatori che portano la statua in processione, ne determinano l’incedere (seguendo ovviamente le funzioni religiose), fermano tutti con un suono di campanella al momento di ricevere un’offerta, e con la medesima campanella, acconsentono la ripartenza, accompagnata dall’immancabile grido “Evviva San Giuseeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeppeeeeeeee!!!”

Quando poi la statua, scendendo da Via Campidoglio, attraversa il passaggio a livello e raggiunge il lungomare (la cosiddetta Marina), viene rivolta verso il mare. Dopo la benedizione officiata dal parroco di turno, si compie uno dei più emozionanti atti di fede, d’amore (forse anche di scaramanzia) nei confronti del Santo. Uno dei pescatori più anziani (lo stesso da diversi anni) prende il microfono per una sorta di invocazione al Santo, affinché risolva i problemi di scarsezza delle risorse ittiche, lamentando spesso il fallimento del nostro mare (mare nostrum), ed intervenga mandando ogni genere di pesce tra quelli comunemente pescati.

Ma la bellezza, la poesia, l’emozione di questo rito risiede anche nella delicatezza dell’invocazione, nella richiesta di favorire la pesca solo di ciò che serve per portare avanti la famiglia, senza eccessi (non c’è avidità).

E quindi Viva San Giuseppe, per tutto ciò che la vita in paese offre, e per tutti; per chi utilizza ogni tipo di pesca consentita, e per chi, volontariamente o per costrizione, rimane a terra a guardare o a voltarsi dall’altra parte; per chi lotta contro ogni genere di sventura, familiare, di salute, economica; per le risorse naturali che la nostra terra offre, e per l’orgoglio di quelle umane; e infine, per chi si dovesse trovare in una qualsiasi tempesta (in mezzo al mare o alla vita), Viva San Giuseppe, perché aiuti tutti, sempre, a fare ritorno a casa.

Chianci e Ridi: Un brano che rappresenta le contraddizioni di un popolo, quello siciliano, abituato a vivere immerso nel mare del contrasto e delle divisioni che diventano, all’estremo, motivo d’unione. “Chianci e ridi commu a jatta i San Vasili” (piangi e ridi come la gatta di San Basilio) è un proverbio diffuso in tutto il sud Italia. Si recitava quando un bimbo, per qualche contrarietà da nulla, smetteva di ridere e diventava piagnucoloso nel mezzo di un divertimento o, per un gesto di affetto dei grandi, smetteva di piangere e scoppiava a ridere. Un popolo un po’ bambino.

Quannu Chiovi: con la partecipazione di Riccardo Tesi ed il suo organetto, questo brano è una richiesta: Quannu Chiovi? Quando Piove? Ogni anno la zona di Nebrodi viene arsa viva da incendi dolosi che nonostante gli sforzi non si riescono a prevenire ne’ a domare con facilità. È la zona più verde della Sicilia, uno dei parchi naturali più grandi d’Europa che tocca quattro province e racchiude paesaggi e tesori culturali e naturali unici. Una preghiera.

Panaru: Il passaggio du “Panaru manu cu manu” passa e spassa durante la raccolta delle olive sui piccoli alberi nebroidei ‘nsiti di minuta e virdeddu. La canzone è ispirata da una registrazione degli anni 50, effettuata nel comune di Mirto, durante la raccolta delle olive, dall’ etnomusicologo americano Alan Lomax.

Tripodu: U Tripodu è un supporto dotato di tre piedi che serve a sostenere le pentole durante il rito della produzione casalinga della salsa di pomodoro. In questa canzone in realtà il Tripodu rappresenta metaforicamente la Sicilia che appoggia i suoi tre piedi in mare e permette ai suoi abitanti una vita immersi in una natura splendida. È la manifestazione dell’amore dell’autore per la sua terra.

Nebros: Canzone descrittiva di un paesaggio, quello Nebroideo. Valli, Fiumare, paesini abbarbicati, laghi montani, cascate: il tutto a due passi dal mare. Nebros, Cerbiatto, era l’animale di Dioniso che ancora oggi influenza le usanze, le feste e la vita degli abitanti di questi meravigliosi luoghi.

MARCO CORRAO

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Marco Corrao, cantautore siciliano, chitarrista, produttore e direttore artistico musicale, ha alle spalle tour in USA, Svezia, Danimarca, Inghilterra. Collaborazioni importanti con Eugenio Finardi, Francesco Cafiso, Giuseppe Milici, Moni Ovadia, Alex Valle, Riccardo Tesi e Oriana Civile. Produttore e autore di colonne sonore per Istituto Luce Cinecittà Titanus. E’ stato ospite insieme a Gabriele Giambertone della Festa del Cinema di Roma con il documentario “Diario di Tonnara” di Giovanni Zoppeddu ed al Torino Film Fest con “Bulli e pupe” di Steve della Casa e Chiara Ronchini. Prima di “Pietre su pietre” ha pubblicato due dischi da solista: “Twin Rivers” (2013), che segna l’uscita dall’ambito blues, e il più autorale “Storto” (2016). Un altro lavoro discografico è “Liggenni”, del 2018, scritto e interpretato con Mimi’ Sterrantino.

Ha prodotto insieme a Sara Romano e Massimo Donno l’evento nell’auditorium della Rai Sicilia “Un brano a Testa 2.0”, rassegna in omaggio a Gianmaria Testa.

Daniela Esposito strategie.de@gmail.com 3388782983

Risultato immagini per andrà tutto bene

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Cinema

Pupi Avati e il conformismo

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Pupi Avati, o “l’anticonformismo del conformismo”

La presentazione del volume ‘Pupi Avati fuori dal cinema italiano’ al Museo Etrusco di Roma, alla presenza dei fratelli Avati. Steve Della Casa intervista il regista e l’autore del libro, Massimiliano Perrotta

“Il mio libro inizia con una cena a casa di Laura Betti, dove Pupi Avati era appena arrivato da Bologna con due film che erano andati male. E proprio lì, dove c’erano Bellocchio, Bertolucci, Moravia, Pasolini… gli scappò detto ‘io sono democristiano’: la cosa più conformista, che però in quel consesso coincideva col massimo dell’eresia. Su questo paradosso, su questa contraddizione, lui ha costruito la sua carriera e io ho costruito il mio libro”.

Così Massimiliano Perrotta presenta al pubblico il suo Pupi Avati fuori dal cinema italiano in una gremita Sala della Fortuna del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Una biografia decisamente sui generis, appena uscita con Edizioni Sabinae, che in otto capitoli raccoglie altrettanti articoli già pubblicati dall’autore catanese sull’’Huffington Post’. Accanto a lui il regista, fresco della Laurea ad Honorem in Italianistica appena conferitagli all’Università Roma Tre, mentre in prima fila siede l’inseparabile fratello, Antonio Avati.

A moderare l’incontro è Steve della Casa, critico cinematografico e direttore artistico, storico conduttore radiofonico di ‘Hollywood Party’ nonché regista, autore e Conservatore della Cineteca Nazionale.

L’anticonformismo del conformismo è la chiave di lettura che il libro dà alla carriera di Pupi Avati”, rimarca Della Casa, dopo aver presentato il regista, accolto da un lungo applauso, come ‘il più grande affabulatore che ho conosciuto nella mia carriera’: “una carriera che ha parecchi punti che sorprendono, come dimostra il volume stesso. Ad esempio quando qualche anno fa ho scoperto che gran parte dell’ultimo film di Pasolini, Salò, è stato scritto da Pupi Avati, rispetto ai suoi lavori successivi mi sembrava una cosa eccentrica. Invece poi non lo è affatto. Questo libro è molto interessante e controcorrente, perché è una biografia non esaltatoria del soggetto e non ha un’esigenza di completezza: racconta un preciso punto, la posizione eccentrica di Pupi Avati all’interno della galassia del cinema italiano”.

“Il libro di Massimiliano (Perrotta, ndr) apre con la storia di quella cena, ma non è che io sono arrivato là e ho detto così, dal nulla, ‘sono democristiano’”, precisa ridendo Pupi Avati, che prende la parola confermandosi esattamente nel ruolo in cui è stato presentato e snocciolando anche in questa occasione decine di aneddoti più che divertenti sui suoi 85 anni di vita, di famiglia e di cinema, spesso mimando il racconto la voce con vere e proprie gag.

“Quello era il risultato di una serie di considerazioni di noi che arriviamo a Roma (io e mio fratello Antonio, ndr) con due ‘cadaveri’ di insuccessi, come allora si diceva”, continua il regista. “Anche dietro alla stessa scelta di questo piccolo nome, ‘Pupi’ Avati, c’era una cultura, un mondo, dei genitori, dei nonni, delle zie, la campagna vissuta nel primo dopoguerra… C’erano le favole contadine terrorizzanti che ci raccontavano prima di andare a letto nelle camere scricchiolantissime, come la favola del ‘prete donna’… E poi c’era la chiesa, l’educazione cattolica preconciliare, piena di inferno e di diavolo dappertutto. Ecco, avendo tenuto dentro di me con riconoscenza quell’immaginario che si è andato a formare laggiù, in quel tempo remoto, con una grande nostalgia… Perché allora non c’era niente, a parte i campi… E allora riempivi quel niente con l’immaginazione, col racconto orale, che era fondamentale. Magari alcuni dei miei parenti erano pressoché analfabeti, non avrebbero mai saputo scrivere… ma sapevano raccontare. E saper raccontare – come sapeva fare nostra madre, una narratrice fantastica, che da quando salivamo in macchina da via Saragozza a Bologna fino a Roma non si interrompeva un minuto – era una cosa preziosissima. Questa è l’Italia dalla quale vengo, che non aveva quasi nulla, ma aveva tantissimo, perché ti permetteva di immaginare, che oggi è una cosa quasi proibita”.

Tornando al libro, anche per chi non abbia letto in precedenza i suoi articoli online, lo stile del racconto di Perrotta appare esplicito fin dalle prime pagine e non lesina – ora qua ora là – personalissimi epiteti ai grandi maestri della settima arte, destinati a far discutere. Ma anche nei titoli scelti per dividere il volume: si va da Un democristiano nel salotto – dove si racconta la famosa cena di cui sopra – per poi passare a Il Truffaut dell’Italietta, La poesia democristiana, o Agli antipodi del fighettismo, all’interno del quale, ad esempio, l’autore scrive: “Glamour: ecco una parola che non si addice al cinema di Pupi Avati. Egli si colloca agli antipodi del fighettismo artistico e di quello sociale (…). Mentre il fighettismo idolatra i vincenti, Avati simpatizza per i candidi, per gli insicuri, per gli sfigati”.

“Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato”, scrive ancora Perrotta nel primo capitolo: “non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. (…). Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi postnovecenteschi, con gli occhi di domani”.

“Il cinema di Pupi è personalissimo, senza quella aggressività che altri autori cercano di imporre sulla materia narrata e sulla realtà con la loro cifra”, continua l’autore del libro in sala. “Anche nei riguardi del film horror, lui lo fa a tutti gli effetti, rispettandone i codici ma poi arricchendone il contesto con il suo sguardo. Anche in Salò, certo, c’è la sua firma, ma discreta: non c’è nulla che lui faccia, anche per la tv, che non rispetti quel che gli viene chiesto, e che però sia al tempo un film di Pupi Avati a tutti gli effetti, con tutte le sue cifre stilistiche, ma sempre con discrezione, con quel senso della misura che secondo me è quello che, se da un lato lo rende amabile, lo ha visto penalizzato da parte della critica. Ma il tempo secondo me dà ragione a lui”.

“L’argomento del film di genere, presente nel libro, è una preoccupazione che Pupi ha a livello di prospettiva”, precisa Steve Della Casa. “È molto attento anche a quello che avviene anche dal punto di vista commerciale nel cinema italiano, e alla sua capacità di trovare un pubblico. Praticare il cinema ‘di genere’ è stata una caratteristica del cinema italiano negli anni del suo massimo splendore. Diceva Giuliano Montaldo che se si potevano fare i film di Bertolucci e Pasolini era perché si facevano quelli di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che incassavano, pensate, quasi il 10% del totale nel cinema italiano, consentendo agli altri di sperimentare. E poi c’era un’osmosi tra cinema d’autore e di genere, che si confrontavano continuamente. Nell’horror che fa Pupi Avati, ad esempio, gli effetti speciali hanno un ruolo piccolissimo, il suo è un horror di atmosfera: la paura ti arriva da altre cose”.

A chiudere la pubblicazione, un’interessante ‘raccolta nella raccolta’ tratta da libri, riviste e/o quotidiani, intitolata Fior da Fiore, che a partire dal 1970 fino al 2024 riporta i punti di vista delle più note firme del grande schermo nei confronti del cinema di Pupi Avati: Miccichè, Farassino, Bignardi, Bertetto, Caprara (Valerio), Anselmi, Fofi, Morandini, Ferzetti (Fausto), Rondolino, Tornabuoni, Crespi, Sarno, Kezich, Nepoti, Brunetta, Mereghetti, Rondi, Mancuso, Salvagnini, Giusti, Zappoli e Siniscalchi.

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Cinema

“Corto d’Amuri” dedicato a tutti i bambini e le donne

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Life And Life e Vittoria Assicurazioni insieme contro la violenza di genere

Mercoledi 2 ottobre 2024, Giornata mondiale della non violenza, proiezione alle 10.30, in anteprima del cortometraggio – Sala Bianca, Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo

Verrà proiettato in anteprima assoluta, davanti a un pubblico selezionato di studenti e insegnanti, il cortometraggio: “Corto D’Amuri”, realizzato dall’organizzazione internazionale umanitaria LIFE and LIFE ETS. Partner dell’iniziativa Vittoria Assicurazioni, agenzia generale di Palermo, selezionata per il secondo anno per il progetto: “AssiCuriamo – Insieme 2024” promosso da Fondazione Specchio d’Italia e Fondazione Carlo Acutis.

Il lavoro realizzato dalle registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, ex allieve del corso di Documentario del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, racconta le violenze psicologiche, spesso invisibili, che subiscono bambini e donne all’interno delle mura domestiche. Non è un caso che sia stata scelta proprio la data del 2 ottobre per proiettare il lavoro filmico, Giornata mondiale della nonviolenza. Dopo l’esperienza maturata lo scorso anno sulla prevenzione delle malattie oncologiche, Life and Life e Vittoria Assicurazioni, hanno voluto realizzare un cortometraggio da destinare principalmente alle scuole, per lanciare un ulteriore messaggio di allarme al fine di aiutare i più deboli a rivolgersi ai centri per l’ascolto antiviolenza.

All’incontro saranno presenti, il vice sindaco e assessore alla Cultura Giampiero Cannella, le registe Silvia Miola e Giada Di Fonzo, il bambino protagonista del corto Mattia Libeccio, gli attori Stefania Blandeburgo e Ludovico Vitrano, che hanno partecipato a titolo gratuito con le loro voci fuori, la fumettista Eva Arato, il Presidente e la vice della Life And Life, Arif Houssein e Valentina Cicirello, gli agenti generali di Vittoria assicurazioni Antonello e Rossana Calia, e la delegata di produzione Laura Scalia.

Per info: Life And Life, via Serraglio Vecchio 28, Palermo. Tel. 091.2714100

Guada il corto

Il servizio di Tele One del 3 ottobre 2024

Qui la registrazione dell’evento

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Cinema

Un film lungo 70 anni. Al via il festival di Taormina

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Taormina, 28 giugno 2024 – Dall’avventura action al thriller psicologico, dall’horror alla romantic-comedy e alle molteplici facce di un cinema siciliano che avanza a 360 gradi: sono questi soltanto alcuni dei fili che il Direttore del Taormina Film Festival, Marco Müller, ha scelto di intrecciare nel concepire un programma che sia capace di soddisfare tutti i tipi di pubblico, dagli appassionati di blockbuster pop al cinema italiano, sotto le stelle del Teatro Antico.

Un Festival che si inaugura venerdì 12 luglio con un evento speciale dei Nastri d’Argento per celebrare il 70° anniversario con un omaggio alla commedia italiana: grandi protagonisti Christian De Sica, Carlo Verdone e molti altri. Tante le presenze internazionali, tra cui Sharon Stone, Nicolas Cage, Bella Thorne, Rebecca De Mornay, solo per citare alcuni nomi.

Marco Muller (Direttore artistico)

Il cuore del Taormina Film Festival è il Gala che ospiterà 7 titoli tutte le sere al Teatro Antico, fra cui ben 4 prime mondiali e un’attenzione particolare al giovane cinema con opere prime e seconde. Si parte il 13 luglio con l’horror statunitense Saint Clare di Mitzi Peirone con Bella Thorne, Rebecca De Mornay e Ryan Philippe, per proseguire con il travolgente action movie Twisters di Lee Isaac Chung interpretato da Daisy Jessica Edgar-Jones.

Tanto Cinema e spettacolo

E poi il thriller-psicologico The Surfer di Lorcan Finnegan con Nicolas Cage; Il giudice e il boss,che il regista di Placido Rizzotto, Pasquale Scimeca, dedica alla memoria di un eroe dell’antimafia come Cesare Terranova; e un trittico di rom-com con il britannico-islandese Touch, diretto dal celebre regista Baltasar Kormákur e interpretato dalla gettonatissima modella e cantante giapponese Kôki, e le due italiane L’invenzione di noi due di Corrado Ceron con Lino Guanciale, Silvia D’Amico e Paolo Rossi e Finché notte non ci separi di Riccardo Antonaroli interpretato da Pilar Fogliati, Filippo Scicchitano, Valeria Bilello, che chiude la rassegna.

Centrale nella programmazione del Palazzo dei Congressi è il FOCUS MEDITERRANEO, che permette al festival di aprirsi al mondo e inserirsi nelle sue contraddizioni più scottanti, a partire dalla prima internazionale di From Ground Zero, il film collettivo coordinato da Rashid Masharawi che presenta il “racconto di storie non raccontate” firmate da 22 giovani cineasti palestinesi che hanno filmato la vita quotidiana a Gaza.

Il maestro del cinema israeliano Amos Gitai torna a Taormina con Shikun, compendio del suo cinema e della sua visione delle contraddizioni del paese, mentre in To A Land Unknown, Mahdi Fleifel scava nel mondo degli immigrati arabi clandestini nei paesi della UE. Due grandi presenze autoriali francesi vengono ospitate dal Focus Mediterraneo: la prima internazionale della versione integrale di Va savoir di Jacques Rivette, il film pirandelliano interpretato da Sergio Castellitto, che introdurrà la proiezione e la prima mondiale di Filmlovers! di Arnaud Desplechin, versione in lingua inglese di Spectateurs, il film in cui il regista francese ha celebrato la magia del cinema visto in sala. Fresco dei suoi successi hollywoodiani, il regista cileno-svedese Daniel Espinosa ambienta nel Meridione italiano la storia di una trafficante di uomini nel suo nuovissimo Madame Luna, mentre Thierry de Peretti con il suo A son image torna nella sua Corsica natale per raccontare attraverso la vita, le amicizie e gli amori di una giovane fotografa i tumulti politici dell’isola dalla fine degli anni ’70 in poi.

Sempre al Palazzo dei Congressi uno spazio speciale è dedicato a OFFICINA SICILIA, in cui coesistono anime diverse fra loro. Innanzi tutto lo spettacolo della serialità più recente made in Sicily attraverso i momenti più significativi, a partire da L’arte della gioia di Valeria Golino con Tecla Insolia, Jasmine Trinca, Valeria Bruni Tedeschi (nella sua smagliante versione cinematografica); Vanina – Un vicequestore a Catania di Davide Marengo con Giusy Buscemi; i primi episodi, diretti da Piero Messina, de L’oraInchiostro contro piombo; e la Sicilia apocalittica di Anna di Niccolò Ammaniti. Accanto a questo panorama, un formidabile quintetto di prime mondiali (quattro opere prime e un’opera seconda) ci ricorda che la Sicilia è laboratorio di sempre rinnovate esperienze che spingono il suo cinema in avanti ma a 360 gradi: Quir di Nicola Bellucci, La bocca dell’anima di Giuseppe Carleo,Tre regole infallibili di Marco Gianfreda, Pietra madre di Daniele Greco e Mauro Maugeri e Il ladro di stelle cadenti di Francisco Saia. Anche autori consacrati siciliani hanno voluto aprirsi a nuovi esperimenti, come l’interpretazione free-jazz di Tony Sperandeo nel nuovo film di Aurelio Grimaldi, La rieducazione, un’altra prima mondiale.

OFFICINA SICILIA è arricchita da una sottosezione di cinema siciliano ritrovato, intitolata IERI OGGI DOMANI, che vuole recuperare le opere più audaci del passato che annunciavano il cinema di oggi e quello che verrà, spaziando da un omaggio alla leggendaria Panaria Film, fondata nel 1947 dal principe Francesco Alliata di Villafranca di cui verranno presentate (proiezione in pellicola dei film restaurati) alcune delle produzioni più importanti: dagli audaci cortometraggi documentari alle due versioni differenti, per lingua e montaggio, di Vulcano e Volcano (1952) di William Dieterle. Accanto alla riproposta delle opere dei più sorprendenti registi della Costa Est come Maria Arena e il collettivo catanese canecapovolto, il cinema siciliano in bilico fra fiction e documento viene esplorato attraverso la produzione autoriale di Costanza Quatriglio e i lavori dei giovani documentaristi del CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo. Particolarmente prezioso è l’ultimo dei non-fiction in programma, Diario di Guttuso, un itinerario-mosaico che ricostruisce la vita di Guttuso attraverso luoghi, amici e quadri, un lavoro televisivo del 1982 che già annuncia la cifra personalissima del Premio Oscar Giuseppe Tornatore.

Il festival vuole rendere omaggio a uno dei coraggiosi protagonisti del cinema fatto da chi vuole “restare a Sud”, il produttore Gaetano Di Vaio, scomparso di recente: Largo Baracche, documentario che lo stesso Di Vaio girò giusto dieci anni fa sui ragazzi della “Napoli di Gomorra” e Tre regole infallibili di Marco Gianfreda, l’ultimo film che Di Vaio aveva prodotto con la sua Bronx Film.

A impreziosire l’offerta del Taormina Film Festival 70, la storia del festival ci porta due regali: lo strepitoso imperdibile monologo interpretato da Toni Servillo dall’opera seconda di Mario Martone, il mediometraggio Rasoi, e il restauro in 4K di Picnic at Hanging Rock, il capolavoro che impose ormai quasi 50 anni fa proprio a Taormina il regista australiano Peter Weir.

Per questa edizione l’otto volte direttore della Mostra di Venezia articola un programma ad ampio spettro culturale e geografico, non di solo cinema. Grazie all’impegno della direttrice artistica della Fondazione Taormina Arte Sicilia, Gianna Fratta, artista di fama internazionale, accanto alla rassegna cinematografica vive un’iniziativa parallela: PROIEZIONI – Suoni e parole prima del film, format di natura performativa tra musica, teatro ed eventi multimediali che offre, prima delle proiezioni al Teatro Antico, spettacoli legati al mondo del cinema. In particolare, la proiezione del documentario La Montagne Infidèle di Jean Epstein con il commento musicale dal vivo della pianista Omar Sosa; il concerto per il centenario della morte di Giacomo Puccini Tosca – Il ricatto sessuale, in cui arie, duetti e pezzi d’assieme del capolavoro pucciniano si alternano al racconto dell’opera fatto dalla stessa Gianna Fratta; Veniamo a quel paese, l’esecuzione delle colonne sonore che Carlo Crivelli ha composto per i film di Ficarra e Picone, che parteciperanno all’evento; Note di celluloide, omaggio che l’Ensemble “Suoni del Sud” tributa al meglio della musica per il cinema, eseguendo capolavori di Nino Rota, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Piero Piccioni. Infine lo spettacolo teatrale L’amore segreto di Ofelia di Steven Berkoff con Chiara Francini e Andrea Argentieri e anche un omaggio a Maria Callas, Vissi d’arte. Vissi per Maria, che si svolgeranno tra la Villa Comunale di Taormina e il Teatro Antico.

Il 2024 segna un anno di svolta per il festival. La Fondazione Taormina Arte Sicilia, che da anni produce e organizza l’evento, intende attivare nuove strategie di promozione della manifestazione nel medio e lungo periodo. Il commissario straordinario Sergio Bonomo, in linea con le indicazioni strategiche dell’Assessorato Turismo Sport e Spettacolo guidato dall’Onorevole Elvira Amata, finalizzate allo sviluppo della cinematografia in Sicilia e all’implementazione del cineturismo, pone le basi nel 2024 per un nuovo corso del Festival che, nei prossimi anni, intenderà attuare un’azione di apertura al territorio, con particolare attenzione alle zone costiere. Inoltre, come già nell’edizione 2024, in cui musica, teatro, multimedialità diventano parte integrante del programma festivaliero, il futuro della manifestazione mirerà a proporre un modello di festival moderno e altamente multidisciplinare, con azioni formative per i giovani, incontri, performance in cui le arti dialoghino sotto l’egida del cinema non come compartimenti stagni, ma in grado di creare nuove forme spettacolari, che possano prevedere anche attività coordinate con altri Paesi del Mediterraneo, in un’ottica di internazionalizzazione e apertura.

La Fondazione Taormina Arte Sicilia e il Taormina Film Festival 70 desiderano ringraziare MiC, Ministero Della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, Regione Siciliana – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo, Sicilia Film Commission,  Comune di Taormina, AdSP dello Stretto, Sac, Aeroporto Di Catania, CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia; i main sponsor Intercity, Belmond Grand Hotel Timeo, Belmond Hotel Villa S.Andrea; gli sponsor tecnici Ibfor, Wella, Delta Marriott Hotels; Rai Sicilia per il patrocinio e i media partner Rai, Ciak, Cinematografo, Cinecittà News, Taxi Drivers, Variety.

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