Cultura

Marcia della Pace 1 anno dopo

Published

on

   “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, E’ la pace il segno distintivo che garantisce la figliolanza con Dio e assicura il legame con la paternità di Dio, sollecitando il cristiano a scegliere da quale parte stare”

Il suono armonioso dell’organo della cattedrale, la sera del 24 febbraio, accoglie il lungo corteo della Pace che, partito dalla chiesa di Santa Chiesa, sede della Comunità di S Egidio, giunge al Duomo per la celebrazione della “Veglia di preghiera per la pace in Ucraina, nel primo anniversario dell’invasione dall’esercito russo – 24 febbraio 2022”

Un anno di guerra con tante vittime, sono stati distrutte, case, aziende, officine, laboratori ed il martoriato popolo ucraino vive il dramma della paura, la fuga, la sofferenza nel vivere innumerevoli disagi. Anche tanti soldati russi sono morti, ingannati dalla promessa di una facile conquista dei Paesi da annettere alla Grande Madre Russia, anche loro da invasori sono vittime della follia della guerra.

Canti, preghiere, salmi hanno raccolto i sentimenti e i desideri dei fedeli con la fervida invocazione al Signore perché “conceda il dono della pace in Ucraina e nel mondo”.

Walter Cerreti, a nome della Comunità di Sant’Egidio,  ha presentato all’Arcivescovo le motivazioni della marcia e dopo la lettura del Vangelo delle Beatitudini, l’Arcivescovo, Mons Luigi Renna, ha commentato il versetto “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”, E’ la pace il segno distintivo che garantisce la figliolanza con Dio  e assicura il legame con la paternità di Dio, sollecitando il cristiano a scegliere da quale parte stare.

Il conflitto Russia-Ucraina segna il XXI secolo e la “follia” di una così dura guerra porta con sé l’ombra e il timore di un conflitto mondiale,

Tra gli operatori della pace ci sono gli “architetti della pace” che hanno il compito di costruire e trovare le soluzioni diplomatiche di un accordo e un cessate il fuoco e c’è poi il lungo esercito degli “artigiani della pace” che, come il buon samaritano, si impegna a curare e sanare le ferite, offrendo servizi di solidarietà e di accoglienza per i profughi nell’ottica di un bene comune nazionale e internazionale.

La voce della Chiesa, gli accorati appelli di Papa Francesco, i gesti di solidarietà e le missioni di pace compiute nel corso dell’anno non hanno ancora dato i frutti sperati.

Si rileggono così le pagine di storia di 60 anni fa, quando Papa Giovanni XXIII, scrisse l’Enciclica “Pacem in terris” e nella sintesi di alcuni brani, consegnati a termine della veglia ai numerosi partecipanti, si legge appunto che “giustizia, saggezza e umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si mettano al bando le armi nucleari, si pervenga al disarmo integrato da controlli efficaci”.

L’appello al disarmo, l’auspicio e la preghiera per la pace, sono orientati, come diceva Pio XII, all’invocazione che non si ripeta “la sciagura di una terza guerra mondiale con le sue rovine economiche, sociali e le sue aberrazioni e perturbamenti morali sull’intera umanità”.

Giuseppe Adernò

Click to comment

In Tendenza

Exit mobile version