Cinema
L’ultima minaccia di Richard Brooks, film del 1952
Il regista de “L’ultima minaccia” Richard Brooks, nato a Philadelphia, nel 1912, iniziò la sua carriera subito dopo la seconda guerra mondiale scrivendo racconti, romanzi, drammi radiofonici e sceneggiature in cui apparve chiara, fin da subito, la sua tendenza a raccontare storie forti.
Una chicca per i cinefili
I cinefili e non solo ricordano questa pellicola per la frase che Humphrey Bogart, minacciato in tipografia al telefono dal mafioso, mentre le rotative cominciano a correre, pronuncia: “E’ la stampa bellezza, la stampa. E tu non ci puoi fare niente, niente!“
Risentendo l’audio originale si ha la conferma che il doppiaggio in italiano è meglio dell’originale. Bogart al telefono dice “ baby “ per provocare l’arrogante mafioso, ma la voce di Emilio Cigoli, considerato fra i fondatori della scuola di doppiaggio italiana, nipote di Luigi, fra i primi attori di inizio secolo del cinema muto, è straordinariamente efficace.
La frase è entrata a pieno titolo negli annali della storia del cinema.
Humphrey Bogart
Bogart, nel film è il direttore di un quotidiano, che conduce una guerra a una potente lobby di affaristi disonesti, a tal punto da portare i proprietari del giornale a vendere. Lui si oppone e continua nella sua campagna, improvvisandosi, quando serve, anche detective per smascherare i truffatori. Alla fine ci riesce; i colpevoli vengono arrestati e il suo giornale continuerà a uscire.
Il potere della stampa
“L’ultima minaccia” rappresenta ancora oggi un film di denuncia civile con un gruppo di giornalisti guidati da un direttore che smaschera un mafioso che, come per il film “Il Padrino” allarga il suo potere su tutti gli affari della città.
Riguardano la pellicola di Richard Brooks viene in mente quel capolavoro di Francesco Rosi, “Le mani sulla città”, con il sacco edilizio di Napoli, ma volendo ci sta anche il riferimento anche a quello di Palermo. Ancora oggi l’interpretazione di Bogart è una pietra miliare nella storia del giornalismo di inchiesta, in un periodo in cui molti giornali americani si limitavano a raccontare i fatti e non investigare.
Per i giovani aspiranti giornalisti questo film in bianco e nero può risultare noioso, ma è una traccia molto utile per conoscere i profili dei singoli redattori a partire dal loro capo, che per colpa di questo “mestieraccio”, divorzia mettendo come priorità della sua vita la difesa della liberta di stampa.
Quando si accorge di avere un redattore alle prime armi, (piccolo ricordo personale, 20 anni fa si chiamavano “biondini” ed erano dei factotum in redazione), che manifesta la presunzione di sapere tutto.
Vuole essere inviato a fare il corrispondente in Egitto, non sapendo nulla di quel paese, il Direttore lo mette a correggere bozze e dopo qualche giorno gli dice in termini consolatori: “Non si dia mai per vinto: non sarà la professione più remunerativa, ma è sicuramente la più bella “.
Due le scene: la prima quando incontra un aspirante giornalista preso di se che manca di umiltà e l’altra quando dà l’ordine alle rotative di uscire con il giornale che incastrerà i mafiosi della città