Cinema
Su Rai Yoyo “Lo specchio di Lorenzo”
In prima tv per la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo
Sulla scia della recente messa in onda di Pablo, serie animata inglese molto apprezzata dal pubblico, su un bambino autistico e con una grande passione per il disegno, Rai Yoyo presenta venerdì 2 aprile alle 16,30 in prima tv, e in anteprima esclusiva su RaiPlay, “Lo specchio di Lorenzo”, diretto dalla giovane regista Angela Conigliaro.
Un cortometraggio animato
Un cortometraggio animato tutto italiano per Rai Ragazzi prodotto dalla società milanese beQ entertainment con il supporto della Fondazione Sardegna Film Commission e del progetto COOP autism friendly di Coop Lombardia, in onda per la XIII Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, istituita nel 2007 dall’Assemblea Generale dell’ONU per richiamare l’attenzione sui diritti delle persone con sindrome dello spettro autistico e delle loro famiglie.
«L’immagine comune dei disturbi dello spettro autistico è un individuo con lo sguardo perso nel vuoto, chiuso nel suo mondo impenetrabile. Per tutti coloro chiusi fuori da quel mondo è impossibile anche solo immaginare cosa si trova al suo interno.
E se fosse possibile “vedere” questo mondo impenetrabile?
E’ questa la domanda dalla quale è partita la ricerca artistica di Angela Conigliaro, anche sceneggiatrice del cortometraggio, regista emergente prima classificata al recente concorso “Animiamoci 2020” rivolto ai giovani autori di cartoni animati per la realizzazione di brevi storie sul tema delle emozioni, indetto da Videocittà, Anica Servizi e Rai Ragazzi. Un talento creativo apprezzato anche all’estero dove la regista è già impegnata nello sviluppo del suo primo lungometraggio in animazione con Nørlum, società danese coproduttrice di film come “La canzone del mare”, miglior film europeo di animazione e candidato agli Oscar.
L’animazione
E’ grazie all’animazione che è possibile entrare nel mondo di Lorenzo, il bambino di 7 anni protagonista della storia, e vedere e sentire quello che vede e sente lui. Seguendo Lorenzo, attraverso squarci di poesia animata, si può capirlo e immedesimarsi in lui.
Avvalendosi delle illustrazioni dalla forte impronta onirica di Sarah Khoury, autrice italo-francese di una serie di libri per bambini di successo che firma la direzione artistica del film, e utilizzando il colore per evidenziare le emozioni di Lorenzo, in un’alternanza tra soggettiva e visione esterna, la regista dà modo al pubblico di immergersi nel mondo emotivo del bambino.
Lorenzo osserva la realtà attraverso il suo filtro personale, riesce a “pensare per immagini”, trasformando quello che lo spaventa in qualcosa di rassicurante e tollerabile. Ed è alternando mondo immaginario e realtà che la regista riesce a raccontare le due facce dello spettro autistico: di chi lo vive da dentro e chi lo affronta dal di fuori.
Nel mondo del protagonista, fatto di volpi bianche, foreste rosa e levrieri minacciosi niente è come appare realmente, fin quando questo mondo non sarà squarciato da qualcosa di nuovo: è un piccolo specchio, attraverso il quale Lorenzo vede sé stesso e chi lo circonda, intuendo forse una possibilità di comunicare attraverso il suo riflesso, grazie all’aiuto dell’amica Sofia e del fratello “supereroe” Michele. Lo specchio perduto da Sofia diventa così la chiave per quel mondo segreto che si apre al mondo esterno e permette agli altri di vedere dentro di lui.
Il film, della durata di 13 minuti, realizzato con la consulenza scientifica di Vera Stoppioni, neuropsichiatra, e Chiara Tamburini, psicoterapeuta, del Centro Autismo Età Evolutiva della Regione Marche, è impreziosito dalla presenza di “Heroes”, una delle composizioni più celebri di David Bowie e Brian Eno, interpretata da Elio. Oltre ad essere la canzone “mantra” del protagonista, il brano è rappresentativo della sua visione del fratello maggiore, inizialmente il suo unico “ponte” con il mondo esterno e quindi il suo eroe. Le musiche sono state scritte da Rocco Tanica e Diego Maggi.
«Ho aderito al progetto – ha spiegato Elio – perché la qualità è alta e perché l’autismo è ancora sconosciuto alla stragrande maggioranza delle persone. È importante che tutti conoscano la gravità e le dimensioni del problema, che si può affrontare efficacemente solo con l’aiuto di tutti».
Lo sfondo di “Heroes”, pubblicata in molte versioni, dagli Oasis agli U2, da Peter Gabriel ai Depeche Mode, a Mango, nell’ultimo album prima della scomparsa prematura dell’artista lucano, è il Muro di Berlino, ostacolo fra due amanti e simbolo della guerra fredda dove «We can be heroes, just for one day» (Possiamo essere eroi, anche solo per un giorno). Ne “Lo specchio di Lorenzo” il muro che separa il protagonista dalla realtà è molto più di difficile da abbattere. Ad oggi non c’è terapia risolutiva per l’autismo ma la diagnosi precoce e interventi appropriati possono migliorare le capacità comunicative, le autonomie individuali e sociali e la qualità della vita del bambino, dell’adolescente ma anche dei genitori. E la Giornata mondiale del 2 aprile ricorda anche la necessità che l’intera società divenga più consapevole delle caratteristiche e dei bisogni delle persone con autismo, per permetterne un’autentica inclusione.
Sinossi Fim
«Questo film – ha commentato la regista – si rivolge a tutte le famiglie che ogni giorno provano con coraggio e forza incredibili ad abbattere queste barriere, combattendo il senso di inadeguatezza, la paura del futuro incerto, la frustrazione dei numerosi tentativi falliti e gioendo di ogni piccolo progresso. È un film dedicato alle piccole vittorie, che sorprendono e fanno commuovere. È un invito a ricordare che, con la chiave giusta, qualunque porta può essere aperta».
Il libro omonimo
Il libro omonimo con le splendide illustrazioni tratte dal cortometraggio sarà in tutte le librerie dal 7 settembre, pubblicato da Il Battello a Vapore (Piemme) la cui proposta editoriale è da sempre punto di riferimento per genitori e insegnanti, grazie a libri di qualità, scritti dai più importanti autori per ragazzi. La stesura della storia sarà a cura di Gabriele Clima, scrittore vincitore del prestigioso premio Andersen, illustratore e formatore che si occupa in particolare di tematiche sociali quali il disagio, la diversità, l’integrazione, il razzismo, la discriminazione. Dagli illustrati per la prima infanzia alla narrativa per giovani adulti, Clima ha pubblicato moltissimi libri per diverse fasce d’età e i suoi libri sono tradotti in diciotto paesi del mondo.
Cinema
Le Giornate del cinema per la scuola
Al via le Giornate nazionali del cinema per la scuola: l’inaugurazione con il Sottosegretario Borgonzoni
La senatrice aprirà lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec
Sarà la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ad aprire lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola. Per il secondo anno consecutivo, docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia si riuniranno a Palermo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, trasformati fino al 6 novembre in una grande “Città del cinema per la scuola”. Il programma prenderà avvio alle 15:00 con la cerimonia inaugurale al Cinema De Seta, promossa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.
L’inaugurazione con il vice ministro
La cerimonia sarà aperta dai saluti del sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e vedrà la partecipazione del direttore generale della Direzione Generale per la Comunicazione e le Relazioni Istituzionali del Mim, Giuseppe Pierro, e di Bruno Zambardino, referente per il Piano Nazionale Cinema per la Scuola presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, che illustreranno le novità del Piano Cips. Alle 16:30, avrà luogo la presentazione dei film in uscita destinati al pubblico scolastico, a cura di Circuito Cinema Scuola e delle case di produzione e distribuzione Universal Pictures e Warner Bros, che presenterà il suo ultimo film d’animazione: Buffalo Kids di Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García (Spagna 2024, 93′), uscito nelle sale il 31 ottobre.
Alle 20:30 si terrà l’evento di punta della prima giornata: la presentazione in anteprima nazionale del film Criature (Italia 2024) di Cécile Allegra, tratto dall’omonimo romanzo della stessa autrice e previsto nelle sale dal 5 dicembre. Al Cinema De Seta, lunedì sera, sarà presente la regista Cécile Allegra, accompagnata da un collegamento in diretta con l’attore protagonista Marco D’Amore, noto per il suo ruolo nella serie Gomorra.
Fonte: cinecittanews.it
Cinema
REAL al Festival dei Popoli
‘REAL’, al Festival dei Popoli l’anteprima del film di Adele Tulli
Una produzione Pepito Produzioni e FilmAffair con Rai Cinema e Luce Cinecittà in collaborazione con Les Films d’Ici. In sala dal 14 novembre con Luce Cinecittà
Arriva nei cinema dopo l’acclamata prima mondiale all’ultimo Festival di Locarno e il Premio della Giuria al Festival del Film di Villa Medici dedicato al rapporto tra cinema e arti contemporanee, REAL, il nuovo film di Adele Tulli. Real sarà presentato in anteprima al 65. Festival dei Popoli, il più antico appuntamento del cinema documentario d’Europa, domenica 3 novembre alle 19.30 al Cinema La Compagnia di Firenze, alla presenza della regista.
Dopo il successo della sua opera prima Normal (presentato alla Berlinale, vincitore della Menzione Opera Prima ai Nastri d’Argento e acclamato in numerosi festival internazionali), Real sbarca sugli schermi il 14 novembre, distribuito da Luce Cinecittà. Il film è prodotto da Pepito Produzioni e FilmAffair con Rai Cinema e Luce Cinecittà, in collaborazione con Les Films d’Ici. La distribuzione internazionale è affidata a Intramovies.
Adele Tulli scrive e dirige un nuovo viaggio visionario, poetico e inatteso dentro un mondo in cui siamo quotidianamente immersi, talmente abituale da non farci più rendere conto di quanto sia in realtà sconosciuto ed estraniante: il mondo digitale. Una realtà che ha rivoluzionato le vite di tutti e che il documentario esplora con lenti tecnologiche, creative e relazionali. Con uno sguardo inedito e curioso, Real ci porta in un territorio ineffabile, alieno e al contempo familiare.
Scritto e diretto da Adele Tulli, REAL vede la fotografia di Clarissa Cappellani e Francesca Zonars, il montaggio di Ilaria Fraioli e Adele Tulli, le musiche originali di Andrea Koch e la produzione creativa di Laura Romano. È prodotto da Agostino Saccà per Pepito Produzioni, Valeria Adilardi, Luca Ricciardi, Laura Romano e Mauro Vicentini per FilmAffair, in collaborazione con Charlotte Uzu di Les Films d’Ici.
La sinossi di Real
Reale [dal lat. mediev. realis, derivato di res “cosa”] – 1. Che è, che esiste veramente, effettivamente e concretamente. La nostra concezione comune di “realtà” era fatta di oggetti tangibili, di relazioni corporee, di esperienze ed eventi in spazi fisici. Tuttavia, un processo inarrestabile di accelerazione digitale ha trasformato radicalmente il nostro pianeta, le nostre società e noi stessi: i dispositivi digitali non sono più semplici strumenti, ma porte d’accesso a una nuova realtà. I nostri smartphone e computer ci conducono in un universo aumentato in crescita esponenziale, che esperiamo quasi sempre senza contatto fisico. Un mondo digitale dove trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, cercandovi felicità, soddisfazione, rapporti, conoscenza e nuove esperienze. Ma allora, cosa è oggi ‘reale’?
R E A L è un viaggio filmico, visionario e coinvolgente nel mondo disincarnato della rete, un multiverso digitale parallelo in cui ogni cosa esistente è trasformata dalla fisica degli atomi alla logica dei bit. È un documentario creativo che esplora la trasformazione dell’esperienza umana nell’era digitale, facendo luce sui molti aspetti, a tratti perturbanti, della vita iperconnessa: i protagonisti – umani, robotici, virtuali – affrontano relazioni digitali, lavori virtuali, cybersessualità, abitazioni e città futuristiche, automatizzate e sorvegliate. Raccontano una cultura dell’autorappresentazione, di nuove dipendenze e patologie, di alienazione e isolamento, ma anche di identità libere dai confini fisici del corpo.
R E A L adotta uno sguardo sperimentale, utilizzando poeticamente le stesse tecnologie che definiscono il mondo digitale: visori, webcam, smartphone, videocamere di sorveglianza e sguardi meccanici che ci accompagnano in un nuovo modo di vivere la realtà. Senza risposte o giudizi, ma con la curiosità di uno sguardo che esplora un nuovo pianeta, Real ci conduce al di là e al di qua di un confine incerto.
Cinema
Pupi Avati e il conformismo
Pupi Avati, o “l’anticonformismo del conformismo”
La presentazione del volume ‘Pupi Avati fuori dal cinema italiano’ al Museo Etrusco di Roma, alla presenza dei fratelli Avati. Steve Della Casa intervista il regista e l’autore del libro, Massimiliano Perrotta
“Il mio libro inizia con una cena a casa di Laura Betti, dove Pupi Avati era appena arrivato da Bologna con due film che erano andati male. E proprio lì, dove c’erano Bellocchio, Bertolucci, Moravia, Pasolini… gli scappò detto ‘io sono democristiano’: la cosa più conformista, che però in quel consesso coincideva col massimo dell’eresia. Su questo paradosso, su questa contraddizione, lui ha costruito la sua carriera e io ho costruito il mio libro”.
Così Massimiliano Perrotta presenta al pubblico il suo Pupi Avati fuori dal cinema italiano in una gremita Sala della Fortuna del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Una biografia decisamente sui generis, appena uscita con Edizioni Sabinae, che in otto capitoli raccoglie altrettanti articoli già pubblicati dall’autore catanese sull’’Huffington Post’. Accanto a lui il regista, fresco della Laurea ad Honorem in Italianistica appena conferitagli all’Università Roma Tre, mentre in prima fila siede l’inseparabile fratello, Antonio Avati.
A moderare l’incontro è Steve della Casa, critico cinematografico e direttore artistico, storico conduttore radiofonico di ‘Hollywood Party’ nonché regista, autore e Conservatore della Cineteca Nazionale.
“L’anticonformismo del conformismo è la chiave di lettura che il libro dà alla carriera di Pupi Avati”, rimarca Della Casa, dopo aver presentato il regista, accolto da un lungo applauso, come ‘il più grande affabulatore che ho conosciuto nella mia carriera’: “una carriera che ha parecchi punti che sorprendono, come dimostra il volume stesso. Ad esempio quando qualche anno fa ho scoperto che gran parte dell’ultimo film di Pasolini, Salò, è stato scritto da Pupi Avati, rispetto ai suoi lavori successivi mi sembrava una cosa eccentrica. Invece poi non lo è affatto. Questo libro è molto interessante e controcorrente, perché è una biografia non esaltatoria del soggetto e non ha un’esigenza di completezza: racconta un preciso punto, la posizione eccentrica di Pupi Avati all’interno della galassia del cinema italiano”.
“Il libro di Massimiliano (Perrotta, ndr) apre con la storia di quella cena, ma non è che io sono arrivato là e ho detto così, dal nulla, ‘sono democristiano’”, precisa ridendo Pupi Avati, che prende la parola confermandosi esattamente nel ruolo in cui è stato presentato e snocciolando anche in questa occasione decine di aneddoti più che divertenti sui suoi 85 anni di vita, di famiglia e di cinema, spesso mimando il racconto la voce con vere e proprie gag.
“Quello era il risultato di una serie di considerazioni di noi che arriviamo a Roma (io e mio fratello Antonio, ndr) con due ‘cadaveri’ di insuccessi, come allora si diceva”, continua il regista. “Anche dietro alla stessa scelta di questo piccolo nome, ‘Pupi’ Avati, c’era una cultura, un mondo, dei genitori, dei nonni, delle zie, la campagna vissuta nel primo dopoguerra… C’erano le favole contadine terrorizzanti che ci raccontavano prima di andare a letto nelle camere scricchiolantissime, come la favola del ‘prete donna’… E poi c’era la chiesa, l’educazione cattolica preconciliare, piena di inferno e di diavolo dappertutto. Ecco, avendo tenuto dentro di me con riconoscenza quell’immaginario che si è andato a formare laggiù, in quel tempo remoto, con una grande nostalgia… Perché allora non c’era niente, a parte i campi… E allora riempivi quel niente con l’immaginazione, col racconto orale, che era fondamentale. Magari alcuni dei miei parenti erano pressoché analfabeti, non avrebbero mai saputo scrivere… ma sapevano raccontare. E saper raccontare – come sapeva fare nostra madre, una narratrice fantastica, che da quando salivamo in macchina da via Saragozza a Bologna fino a Roma non si interrompeva un minuto – era una cosa preziosissima. Questa è l’Italia dalla quale vengo, che non aveva quasi nulla, ma aveva tantissimo, perché ti permetteva di immaginare, che oggi è una cosa quasi proibita”.
Tornando al libro, anche per chi non abbia letto in precedenza i suoi articoli online, lo stile del racconto di Perrotta appare esplicito fin dalle prime pagine e non lesina – ora qua ora là – personalissimi epiteti ai grandi maestri della settima arte, destinati a far discutere. Ma anche nei titoli scelti per dividere il volume: si va da Un democristiano nel salotto – dove si racconta la famosa cena di cui sopra – per poi passare a Il Truffaut dell’Italietta, La poesia democristiana, o Agli antipodi del fighettismo, all’interno del quale, ad esempio, l’autore scrive: “Glamour: ecco una parola che non si addice al cinema di Pupi Avati. Egli si colloca agli antipodi del fighettismo artistico e di quello sociale (…). Mentre il fighettismo idolatra i vincenti, Avati simpatizza per i candidi, per gli insicuri, per gli sfigati”.
“Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato”, scrive ancora Perrotta nel primo capitolo: “non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. (…). Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi postnovecenteschi, con gli occhi di domani”.
“Il cinema di Pupi è personalissimo, senza quella aggressività che altri autori cercano di imporre sulla materia narrata e sulla realtà con la loro cifra”, continua l’autore del libro in sala. “Anche nei riguardi del film horror, lui lo fa a tutti gli effetti, rispettandone i codici ma poi arricchendone il contesto con il suo sguardo. Anche in Salò, certo, c’è la sua firma, ma discreta: non c’è nulla che lui faccia, anche per la tv, che non rispetti quel che gli viene chiesto, e che però sia al tempo un film di Pupi Avati a tutti gli effetti, con tutte le sue cifre stilistiche, ma sempre con discrezione, con quel senso della misura che secondo me è quello che, se da un lato lo rende amabile, lo ha visto penalizzato da parte della critica. Ma il tempo secondo me dà ragione a lui”.
“L’argomento del film di genere, presente nel libro, è una preoccupazione che Pupi ha a livello di prospettiva”, precisa Steve Della Casa. “È molto attento anche a quello che avviene anche dal punto di vista commerciale nel cinema italiano, e alla sua capacità di trovare un pubblico. Praticare il cinema ‘di genere’ è stata una caratteristica del cinema italiano negli anni del suo massimo splendore. Diceva Giuliano Montaldo che se si potevano fare i film di Bertolucci e Pasolini era perché si facevano quelli di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che incassavano, pensate, quasi il 10% del totale nel cinema italiano, consentendo agli altri di sperimentare. E poi c’era un’osmosi tra cinema d’autore e di genere, che si confrontavano continuamente. Nell’horror che fa Pupi Avati, ad esempio, gli effetti speciali hanno un ruolo piccolissimo, il suo è un horror di atmosfera: la paura ti arriva da altre cose”.
A chiudere la pubblicazione, un’interessante ‘raccolta nella raccolta’ tratta da libri, riviste e/o quotidiani, intitolata Fior da Fiore, che a partire dal 1970 fino al 2024 riporta i punti di vista delle più note firme del grande schermo nei confronti del cinema di Pupi Avati: Miccichè, Farassino, Bignardi, Bertetto, Caprara (Valerio), Anselmi, Fofi, Morandini, Ferzetti (Fausto), Rondolino, Tornabuoni, Crespi, Sarno, Kezich, Nepoti, Brunetta, Mereghetti, Rondi, Mancuso, Salvagnini, Giusti, Zappoli e Siniscalchi.
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