Hand in cap (Dott.M.Milazzo)
La storia di Maria Breda, neolaureata in Medicina
Luglio è il mese degli studenti in Medicina che riescono a laurearsi nella prima sessione del sesto anno. Maria è una di queste ed assisto alla discussione della sua tesi perché anche una mia figliola, sua grande amica, si laurea nello stesso giorno. Le immagini che accompagnano la dissertazione non riportano solo grafici:
Perché una laurea in Medicina? “Negli ultimi anni di liceo entro a far parte degli Scout, dedicandomi da subito a dei ragazzi con la sindrome di Down. E’ l’inizio di un bellissimo periodo della mia vita: fare volontariato mi nutriva di stimoli e mi fortificava. E riflettevo sugli aspetti più importanti della vita, cominciando a vedere il mondo con gli occhi di chi pensa di potersi spendere per gli altri. La scelta della Medicina sta tutta qui, nel desiderio di potermi rendere utile, semplicemente. Era qualcosa che sentivo dentro di me: volevo restare coerente con la mia coscienza, affinata dal volontariato”.
Cosa succede durante i tuoi studi? “Gli studenti di Medicina passano i loro giorni sui libri e solo verso gli ultimi anni entrano in contatto con i malati. È questo che mi ha suggerito di partire per una missione umanitaria a sfondo medico. Avevo bisogno di ricordarmi cosa mi avesse spinta a laurearmi in Medicina e di riaccendere in me il desiderio di diventare medico, paradossalmente smarrito tra esami e lezioni. Conosco l’organizzazione “Onlus Laziochirurgia” e nel volgere di poco tempo parto per l’altopiano del Tigray, in Etiopia”.
Maria in Africa. “Il primo impatto è stato duro: se all’interno dell’ospedale i nostri sforzi acquistavano senso nella convinzione di poter incidere sulla vita dei pazienti, al di fuori di quel contesto, a suo modo privilegiato, quegli stessi sforzi si perdevano in una realtà di brutale povertà. Mi sono sentita impotente, chiedendomi che senso avesse quello che stavo facendo. Mi sembrava assurdo che una persona potesse vivere in condizioni per le quali non può realizzarsi, avere un’istruzione o assistenza sanitaria solo perché è nata nella parte sbagliata del mondo. Lo rivedo come un viaggio intenso ed allo stesso tempo irreale. Ricordo che quando tornai in Italia mi sentivo spaesata e mi riusciva difficile credere che due realtà così diverse potessero esistere sullo stesso pianeta”.
E dopo? “Decisi di fare di tutto per conciliare il mio quotidiano di studentessa con il mio vissuto in Africa, per sanare la frattura che si era creata in me tra queste due esperienze. È così che è nata la tesi sulla chirurgia pediatrica in Africa subsahariana, le sue problematiche e le sue prospettive. Scrivendola e discutendola, ho avuto l’impressione di essere riuscita a trasmettere e condividere con l’ambiente universitario ciò che mi aveva arricchita laggiù: valori che ritengo essenziali nella formazione di un medico. Vorrei in futuro recarmi a lavoro con lo stesso desiderio con cui mi recavo a fare volontariato e con la stessa predisposizione d’animo con cui mi svegliavo in Etiopia: un animo aperto, accogliente, esclusivamente rivolto a chi ho dinanzi. Penso non sia facile, ma è questione di coscienza”.
Marco Milazzo