Editoriali

La ferita della società

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Finita la sbornia elettorale, ogni politico  è seduto sul proprio scranno parlamentare, ha fatto la foto ricordo e già da subito può godere delle cosiddette guarentigie, ossia i privilegi che derivano dal suo status. Ma perché prendercela sempre con i politici, in fondo sono stati legittimati dal voto, hanno uno stipendio consistente, al di sopra della media europea e ad oggi sembrano dimenticarsi che esistono migliaia di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà. Ci voleva l’udienza di Benedetto XVI, nel ricevere i rappresentanti del Movimento per la vita, a fare ricordare ai nostri eletti, (non dal popolo ma da una sciagurata e antidemocratica legge elettorale), che al primo posto dei problemi da risolvere c’è e rimane la situazione economica di molte famiglie. Per il Papa il nucleo familiare va aiutato con “ogni strumento legislativo” al fine di poter far fronte alle aumentate difficoltà del nostro tempo. Il Papa ha poi esortato le istituzioni affinché “pongano di nuovo al centro della loro azione la difesa della vita umana e l’attenzione prioritaria alla famiglia , nel cui alveo la vita nasce e si sviluppa”. “L’aver permesso di ricorrere all’interruzione di gravidanza, non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari – si legge in una nota diffusa dalla sala stampa vaticana – ma ha aperto un ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze”. Ci colpisce molto la frase “aprire una ferita” ci richiama alla mente la sofferenza, il sangue che scorre, il dolore in genere. Nell’immaginario collettivo aprire una ferita significa infierire su uno squarcio che apparentemente sembra rimarginato ma che appena scalfito, i lembi si riaprono e tornano a sanguinare. In fondo questa è una metafora sulla crisi economica della famiglia italiana. Secondo il nostro Istituto di statistica più di un nucleo familiare su dieci vive sotto la soglia della povertà. Nel 2006 i poveri sono risultati 7 milioni 537mila, quasi il 13% della popolazione. Si tratta di 2 milioni 623mila famiglie, l’11% del totale. I due terzi vivono al Sud: in Sicilia e Calabria superano il 30% della popolazione. La quota di famiglie povere residenti nelle regioni meridionali è oltre quattro volte superiore a quella osservata nelle zone del Centro-Nord. In queste zone, dove risiede il 68% delle famiglie italiane, solo il 6% si trova al di sotto della linea di povertà, con una concentrazione di famiglie povere rispetto al totale nazionale pari al 35%. Non ci sentiamo neanche minimamente di commentare questi dati, lasciamo questo ingrato compito agli economisti. Chissà se le statistiche riusciranno a graffiare gli occhi di chi, in questo momento, si gode il “meritato” consenso, che non ha mai avuto se non dalla propria segreteria politica che lo ha fatto eleggere inserendolo fra i primi nelle liste. Che vergogna!

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