Editoriali

Insegnare ai giovani il lavoro duro

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“Penso che ogni ragazzo abbia bisogno di provare cosa significa lavorare veramente, con fatica”. Ha esordito cosi Michelle Obama in un intervista ad un noto quotidiano americano, avvenuta durante il Summit on Working Families, l’incontro sulle famiglie dei lavoratori a basso reddito organizzato insieme al dipartimento del Lavoro alla Casa Bianca, per parlare di salario minimo e di programmi per aiutare le persone che stentano ad arrivare alla fine del mese. La situazione non è diversa in Italia e soprattutto in Sicilia, dove si registra uno dei più alti tassi di disoccupazione. I giovani non lavorano, non mettono su famiglia e ricorrono quasi sempre ai genitori per mantenersi. Oggi chiedere ad uno studente liceale cosa vorrà fare da grande è come prenderlo in giro perché lui sa bene che non potrà realizzare i suoi sogni se prima non si metterà in discussione ed entrerà nell’ottica di lavorare e guadagnarsi da vivere. Colpisce dunque la dichiarazione del presidente degli Stati Uniti assieme alla moglie: “cerchiamo delle opportunità lavorative per le nostre figlie che gli insegnino che andare al lavoro ed essere pagati non è sempre divertente o stimolante, non è sempre giusto. Ma è quello che la maggior parte dei giovani deve affrontare ogni giorno. “Sembra strano dunque che l’uomo più potente della terra possa ricordare ai propri figli e quindi indirettamente agli adolescenti che bisogna affrontare le fatiche del quotidiano e non pensare che tutto è facile. Oggi questa percezione molti giovani sembrano non averla, ricorrono con grande facilità ai “genitori bankomat”. Obama ha anche espresso il desiderio per le sue figlie di ricoprire in futuro “lavori umili”, di fare le commesse, le cameriere, come fanno moltissimi giovani americani, compresi il presidente e la first lady quando erano studenti. “Credo che ogni ragazzo debba avere un assaggio di quello che significa fare un lavoro duro”, ha detto Michelle Obama, ricordando che, durante l’ultimo anno di liceo, ha lavorato come commessa in una libreria. Un lavoro pagato con il minimo sindacale che “mi ha insegnato il rispetto per questi lavoratori e mi ha fatto capire – ha aggiunto la first lady – che c’è bisogno di dare di più per permettere a queste persone di avere una vita decente con il salario al minimo”. Tornando dalle nostre parti molti piccoli paesi e non solo adesso anche le medie e grandi città siciliane negli ultimi dieci anni si sono svuotate. Migliaia di giovani hanno preso la strada dell’emigrazione, accantonando i loro sogni, possibilmente con una laurea in tasca e co la consapevolezza di andare a fare i camerieri a Londra. Quasi sempre la scusa è quella di imparare la lingua inglese ma la dura verità è che vanno a fare quei lavori umili che certamente non hanno mai fatto in casa con i genitori. Ecco che significa crescere.

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