Editoriali

Il problema dell’occupazione. Le giornate dell’economia

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Ogni anno Palermo ospita le giornate dell’economia; servono a fare il punto sui diversi settori economici dell’isola ma soprattutto a fare dialogare istituzioni, enti pubblici e privati in un momento di così grande crisi.

Durante le diverse sessioni, vengono coinvolti numerosi esperti a presentare gli ultimi studi e ricerche in termini di occupazione.  Fra i relatori, ha fatto notizia l’intervento del direttore dello Svimez, Riccardo Padovani, al convegno dal titolo “La Sicilia e il Mezzogiorno tra ripartenza e persistenti criticità”. Repubblica ha pubblicato i dati dello Svimez nell’Isola:  ci sono 511 mila Neet, giovani under 34 che non studiano né lavorano.

Numeri che fanno della Sicilia la capitale europea dei Neet. Negli ultimi dodici anni i siciliani emigrati altrove sono stati 418 mila, e soltanto nell’ultimo anno si è registrato un aumento del 10 per cento dei siciliani che hanno trovato lavoro fuori dalla regione. E se da un lato aumenta il numero di giovani che lasciano la famiglia per emigrare dall’altro, si registra un aumento, nel settore del commercio e del turismo; nel 2016 si registrano 24 mila posti di lavoro in più, ma si tratta di occupazione a basso valore aggiunto e instabile.

La Sicilia rimane sotto la media per il numero di nuovi nati e crescono le fasce a rischio povertà. “Lo scorso anno – ha spiegato Padovani – è aumentata del 2,3 per cento, in misura più intensa rispetto al dato medio assai positivo del Mezzogiorno (+1,6 per cento) e di tre volte maggiore rispetto al +0,8 per cento della media nazionale”.  “Il 2015 è stato un anno per certi versi eccezionale per il Mezzogiorno – ha concluso Padovani – non solo perché ha interrotto una serie consecutiva di cali del prodotto che durava da sette anni, ma anche perché ha realizzato una crescita maggiore di quella del Centro Nord. Secondo le nostre valutazioni di preconsuntivo, il Pil è cresciuto nel Sud dell’1 per cento rispetto al resto del Paese, dove la crescita dello 0,7 per cento”.

Gli economisti studiano i dati e fanno indagini di mercato, le famiglie continuano invece a registrare stati di sofferenza economica senza precedenti. Ascoltare i politici che iniettano ogni giorno dosi di ottimismo con un valzer di dati e ricerche che lasciano riflessioni a medio lungo termine, non contribuisce a evitare la fuga delle intelligenze e soprattutto a fermare quel flusso di giovani precari che forse non saranno mai stabilizzati.

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