Giovani
Il marocco che incanta, il mio diario di viaggio
Probabilmente tutta la sabbia incastrata nelle scarpe non andrà mai del tutto via. Continuiamo a sbatterle e pulirle, a lucidarle ma ne rimane sempre una piccolissima riserva, e non ci dà fastidio. Mi piace sia lì; ci ricorda il deserto. Ci ricorda il nostro Viaggio in Marocco. Il Marocco è stata un’esperienza totalmente inaspettata, uno di quei biglietti aerei che acquisti spinto dal prezzo e che ti fanno credere di essere solo la parentesi di stacco in un periodo colmo di preparativi per le feste e impegni lavorativi. Ma non è andata così. Il Marocco non è stato una parentesi, è stato un prologo, contenuto ed epilogo di un qualcosa di assolutamente magico.
Il Marocco è stato un film, un ‘Into the Wild’ (uno dei migliori esiti cinematografici di Sean Penn) ambientato in Marocco.
Il nostro “Into the Wild” racconta lo shock positivo che provoca il Marocco agli occhi di 4 giovani occidentali.
Il Marocco è un ponte tra Europa (Sicilia, e quindi Italia) e Africa nel quale le culture si mischiano, si fondono e non riesci a stabilire dove finisce l’una e dove comincia l’altra.
E’ un luogo ancorato alle tradizioni ma con un occhio perenne verso il cambiamento.
Nuovo e vecchio si intrecciano in un rapporto altalenante.
Le abitudini secolari convivono con gli smartphone di ultima generazione, le bancarelle dividono lo spazio con i fast food più noti.
E’ stato un viaggio che ci ha lasciato tanto, rivoltandoci come calzini per farci capire che non è mai come te lo aspetti, che può essere tanto o poco, e può donarti tutto o niente.
Non è detto che ogni esperienza riesca a toccare le tue corde.
Il Marocco ci ha mostrato lati che abbiamo accolto e altri che non abbiamo potuto fare a meno di respingere.
Ma se c’è una cosa che custodiremo sempre tra i ricordi più prezioni è la sua gente.
E’ stata proprio lei, la gente, la più grande sorpresa.
Inutile negarlo: ci sono alcuni luoghi che portano sulle spalle il fardello di innumerevoli stereotipi e preconcetti e, volente o nolente, a volte ci entrano in testa senza bussare, senza permetterci di ragionarci un po’ su, senza darci la possibilità di volerci realmente ragionare un po’ su.
Poi arrivi lì e ti si apre un mondo. Un mondo fatto di accoglienza e sorrisi, di persone che si sono fermate ogni qualvolta abbiamo dato l’impressione di non riuscire a trovare la strada. Un universo di parole masticate a caso.
Di “Ciao”, “Bella Italia” e “Come stai” pronunciati tra i denti non necessariamente da chi mira a venderti qualcosa, ma da chi vede in te un ospite.
Perché in Marocco l’ospitalità è sacra, intoccabile.
E ‘Benvenuti o welcome’ è senza dubbio il termine che è più spesso arrivato alle nostre orecchie negli ultimi undici giorni.
Abbiamo salutato tra le lacrime una guida Mohamed Imarri (si è fatto chiamare Amin) che ci ha prelevati a Ouarzazate (città alle porte del deserto) e che, dopo aver trascorso il capodanno con noi, ci ha accompagnati a Marrakech offrendoci 4 giorni di amicizia, di complicità, di unicità. Ci resterà un ricordo bellissimo di Amin che vive di lavoro, di turismo spostandosi continuamente tra la città in cui vive, Marrakech, e il deserto.
È fidanzato con una splendida ragazza di Milano, ci auguriamo tutti di poterlo presto ospitare in Italia e restituire a lui un po’ della genuinità che ci ha offerto in questi giorni.
E come fare a non pensare a chi, non sapendoci indicare il giusto percorso, ha deciso di mostrarcelo accompagnandoci, come Mehdi che ci ha mostrato l’intera medina di Fes. Il caos. O a Mohammed, un ragazzo nomade che accompagna i turisti a cammello tra le dune di Chegaga e che parla italiano e lo impara facendosi insegnare i termini dai turisti.
E improvvisamente i nomi dei calciatori italiani diventano le parole più belle del mondo.
Poi c’è anche l’altro lato, quello fatto di bimbi minuscoli costretti a chiedere l’elemosina, di trappole per turisti -sapeste quante ne abbiamo scansate e prese in pieno- e di doppi fini. Di scontrini con il prezzo maggiorato, di finta gentilezza o effimero interesse.
La medaglia ha sempre due volti e -non ci stancheremo mai di ripeterlo- sta al turista scegliere a quale dare più peso.
Il nostro viaggio in Marocco ci ha portati a toccare con mano luoghi splendidi, strade che sembravano tirate fuori da un film e che ci hanno ricordato terribilmente quelle italiane del mezzogiorno.
Dal deserto alle città, dai souk incasinati al silenzio dei riad, abbiamo avuto la possibilità di imbatterci in posti unici, attraverso un itinerario che ha accarezzato il cuore del paese.
Thank for everything, Morocco. Grazie alla mia compagna Marina Tricoli e ai miei compagni di viaggio, Roberta Murgia e Giulio Romano.