Editoriali

I giovani e il loro futuro, fine della campagna

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La campagna elettorale volge al termine, i toni si fanno sempre più accesi e regna un generale nervosismo da parte di tutte le componenti politiche nell’immaginare scenari a volte catastrofici e volte incoraggianti. I candidati in corsa sperano di opzionare per 5 anni i posti alla Camera, al Senato e all’assemblea regionale siciliana. Molti di essi e la storia ne è testimone, spariscono non appena vengono eletti e peggio cambiano partito. Eppure l’elettore spesso ignora questi cambi di casacca e peggio si dimentica del politico che ha votato o ancora quest’ultimo si fa negare una volta raggiunto il suo ambito e prezioso scranno.  Come abbiamo scritto la scorsa settimana, nei programmi dei candidati spiccano sempre le solite frasi retoriche sui giovani e sul lavoro che manca. Tutti sembrano avere la ricetta per l’occupazione ma nessuno ha la soluzione economica. Ho ascoltato la testimonianza di un giovane colto che diceva: “Il lavoro non può essere alienazione ma realizzazione di sé, miglioramento del mondo e luogo di solidarietà reciproca in cui noi giovani potremmo vivere da protagonisti, senza essere condannati a mendicare occupazioni non dignitose o a emigrare. Le mani, le menti e le capacità di tanti di noi sono un patrimonio prezioso eppure spesso ci considerano numeri utili per le campagne elettorali”. Il suggerimento che mi sono sentito di dare è stato quello di cercare di coltivare i propri sogni, di non accontentarsi. Ci sono momenti in cui dovremmo farlo, ma anche nel lavoro i sogni diventano vocazione, diventano chiamata, perchè quando troviamo il nostro posto il lavoro diventa il luogo dove diamo il meglio di noi stessi. E prima di trovare il posto di lavoro c’è lo studio. Oggi sembra accentuarsi ancora di più la società liquida descritta da Bauman sul finire del secolo scorso. Un giovane, Emanuele Salera, ha scritto al suo parroco, don Ivan Maffeis… “lo spazio di dialogo e relazione tra studenti e docenti di cui era fucina l’Università è ridotto ormai a una rapida fermata della vita in cui acquisire conoscenze e competenze nel minor tempo possibile per diventare “qualcuno”. Appare impossibile parlare di spiritualità, di bisogno dell’umano e addirittura di sè stessi, figuriamoci di Dio. Eppure in molti di noi permane forte il desiderio di condividere senza timore che le fatiche, lo studio, il raggiungimento di grandi obiettivi acquistano significato grazie all’incontro con un Altro. Come è possibile per noi poter essere presenti in Università in questo modo? Come condividere il proprio bisogno umano di significato, in una società che sembra non averne bisogno o quantomeno non averne cura?” Domande che esigono  risposte da parte del religioso, sicuramente per la parte teologica e spirituale, al politico che ha ambizioni di potere e di gestione della res pubblica.

 

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