Editoriali

Giovani donne in cerca di indipendenza

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Una ricerca riportata nei giorni scorsi dal Sole 24 ore fa emergere un dato: le giovani donne di età compresa tra i 25 e i 35 anni vogliono di più e sono a un punto di rottura e svolta rispetto alle generazioni passate. Nell’incertezza scelgono l’indipendenza, la ricerca del proprio spazio, la possibilità di scegliere nel lavoro e in famiglia. Per loro la pandemia ha significato, a volte, uno spartiacque e un’opportunità, in un contesto di crisi economica in cui aumentano le dimissioni, la crescita occupazionale è legata per lo più agli uomini e agli over 50, la natalità è ancora ai minimi. La ricerca rientra in un progetto, creato nel 2020, da Paolina Consiglieri, fondatrice dell’associazione. E’ lei a dichiarare che “le giovani donne scelgono di mettersi in proprio, prendersi il proprio spazio, trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata. Cercano flessibilità e figure di riferimento, anche se in tal senso in Italia c’è un buco nero. A noi si rivolgono neolaureate che non sanno come e se sfruttare il proprio percorso di studio e alla fine molte cambiano completamente strada, sottolinea Paolina. Poi ci sono le 35 – 40enni che odiano il proprio lavoro, ma per questioni di stabilità e famiglia non lo lasciano. “Sono donne, dice l’esperta, che non hanno mai lavorato sulla propria consapevolezza: è un percorso che bisogna iniziare al liceo o anche prima. E così c’è chi dopo 10 anni di studi in legge decide di aprire un brand di borse a Taormina o chi si licenzia”. La maternità viene ancora vissuta come ostacolo; Paolina in futuro vorrebbe dei figli ma la prima cosa da raggiungere è l’indipendenza economica e personale. Bisogna ricordare il decreto 105 dello scorso anno, detto anche “decreto conciliazione tempi vita-lavoro”, entrato in vigore a metà agosto, ma che sta trovando ora applicazione per i dipendenti sia del settore privato sia della pubblica amministrazione, prevede disposizioni per migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, al fine di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare. Fu lo stesso quotidiano economico a scrivere che: “le donne lavorano meno e guadagnano meno perché “fanno i bambini” e quindi si assentano dal lavoro col congedo di maternità e comunque più di frequente anche successivamente perché si sobbarcano tre volte di più il carico di lavoro familiare degli uomini. Ne consegue che il reddito degli uomini “pesa” di più e diventa fondamentale per la sussistenza del nucleo familiare. Questo rende troppo caro pensare di dare anche agli uomini il tempo per occuparsi della propria famiglia”.

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