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Giornalismo

Il discorso del Santo Padre ai giornalisti

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Parole a braccio

Care sorelle e cari fratelli, buongiorno! E grazie tante di essere venuti!

Nelle mani ho un discorso di nove pagine. A quest’ora, con lo stomaco che incomincia a muoversi, leggere nove pagine sarebbe una tortura. Io darò questo al Prefetto. Che sia lui a comunicarlo a voi.

Volevo soltanto dire una parola sulla comunicazione. Comunicare è uscire un po’ da sé stessi per dare del mio all’altro. E la comunicazione non solo è l’uscita, ma anche l’incontro con l’altro. Saper comunicare è una grande saggezza, una grande saggezza!

Sono contento di questo Giubileo dei comunicatori. Il vostro lavoro è un lavoro che costruisce: costruisce la società, costruisce la Chiesa, fa andare avanti tutti, a patto che sia vero. “Padre, io sempre dico le cose vere…” – “Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”. È una prova tanto grande. Comunicare quello che fa Dio con il Figlio, e la comunicazione di Dio con il Figlio e lo Spirito Santo. Comunicare una cosa divina. Grazie di quello che voi fate, grazie tante! Sono contento.

E adesso vorrei salutarvi, e prima di tutto dare la benedizione.

 

Discorso consegnato

Care sorelle e cari fratelli, buongiorno!

Ringrazio tutti voi di essere venuti in tanti e da tanti Paesi diversi, da lontano e da vicino. È davvero bello vedervi tutti qui. Ringrazio gli ospiti che hanno parlato prima di me – Maria Ressa, Colum McCann e Mario Calabresi – e ringrazio il maestro Uto Ughi per il dono della musica, che è una via di comunicazione e di speranza.

Questo nostro incontro è il primo grande appuntamento dell’Anno Santo dedicato a un “mondo vitale”, il mondo della comunicazione. Il Giubileo si celebra in un momento difficile della storia dell’umanità, con il mondo ancora ferito da guerre e violenze, dallo spargimento di tanto sangue innocente. Per questo voglio prima di tutto dire grazie a tutti gli operatori della comunicazione che mettono a rischio la propria vita per cercare la verità e raccontare gli orrori della guerra. Desidero ricordare nella preghiera tutti coloro che hanno sacrificato la vita in quest’ultimo anno, uno dei più letali per i giornalisti [1]. Preghiamo in silenzio per i vostri colleghi che hanno firmato il loro servizio con il proprio sangue.

Voglio poi ricordare insieme a voi anche tutti coloro che sono imprigionati soltanto per essere stati fedeli alla professione di giornalista, fotografo, video operatore, per aver voluto andare a vedere con i propri occhi e aver cercato di raccontare ciò che hanno visto. Sono tanti! [2] Ma in questo Anno Santo, in questo giubileo del mondo della comunicazione, chiedo a chi ha potere di farlo che vengano liberati tutti i giornalisti ingiustamente incarcerati. Sia aperta anche per loro una “porta” attraverso la quale possano tornare in libertà, perché la libertà dei giornalisti fa crescere la libertà di tutti noi. La loro libertà è libertà per ognuno di noi.

Chiedo – come ho fatto più volte e come hanno fatto prima di me anche i miei predecessori – che sia difesa e salvaguardata la libertà di stampa e di manifestazione del pensiero insieme al diritto fondamentale a essere informati. Un’informazione libera, responsabile e corretta è un patrimonio di conoscenza, di esperienza e di virtù che va custodito e va promosso. Senza questo, rischiamo di non distinguere più la verità dalla menzogna; senza questo, ci esponiamo a crescenti pregiudizi e polarizzazioni che distruggono i legami di convivenza civile e impediscono di ricostruire la fraternità.

Quella del giornalista è più che una professione. È una vocazione e una missione. Voi comunicatori avete un ruolo fondamentale per la società oggi, nel raccontare i fatti e nel modo in cui li raccontate. Lo sappiamo: il linguaggio, l’atteggiamento, i toni, possono essere determinanti e fare la differenza tra una comunicazione che riaccende la speranza, crea ponti, apre porte, e una comunicazione che invece accresce le divisioni, le polarizzazioni, le semplificazioni della realtà.

La vostra è una responsabilità peculiare. Il vostro è un compito prezioso. I vostri strumenti di lavoro sono le parole e le immagini. Ma prima di esse lo studio e la riflessione, la capacità di vedere e di ascoltare; di mettervi dalla parte di chi è emarginato, di chi non è visto né ascoltato e anche di far rinascere – nel cuore di chi vi legge, vi ascolta, vi guarda – il senso del bene e del male e una nostalgia per il bene che raccontate e che, raccontando, testimoniate.

Vorrei, in questo incontro speciale, approfondire il dialogo con voi. E sono grato di poterlo fare a partire dai pensieri e dalle domande che hanno condiviso poco fa due vostri colleghi.

Maria, tu hai parlato dell’importanza del coraggio per avviare il cambiamento che la storia ci chiede, il cambiamento necessario per superare la menzogna e l’odio. È vero, per avviare i cambiamenti ci vuole coraggio. La parola coraggio deriva dal latino cor, cor habeo, che vuol dire “avere cuore”. Si tratta di quella spinta interiore, di quella forza che nasce dal cuore che ci abilita ad affrontare le difficoltà e le sfide senza farci sopraffare dalla paura.

Con la parola coraggio possiamo ricapitolare tutte le riflessioni delle Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali degli ultimi anni, fino al Messaggio che porta la data di ieri: ascoltare con il cuore, parlare con il cuore, custodire la sapienza del cuore, condividere la speranza del cuore. In questi ultimi anni è stato dunque proprio il cuore a dettarmi la linea guida per la nostra riflessione sulla comunicazione. Vorrei per questo aggiungere al mio appello per la liberazione dei giornalisti un altro “appello” che ci riguarda tutti: quello per la “liberazione” della forza interiore del cuore. Di ogni cuore! Raccogliere l’appello non spetta ad altri che a noi.

La libertà è il coraggio di scegliere. Cogliamo l’occasione del Giubileo per rinnovare, per ritrovare questo coraggio. Il coraggio di liberare il cuore da ciò che lo corrompe. Rimettiamo il rispetto per la parte più alta e nobile della nostra umanità al centro del cuore, evitiamo di riempirlo di ciò che marcisce e lo fa marcire. Le scelte di ognuno di noi contano ad esempio per espellere quella “putrefazione cerebrale” causata dalla dipendenza dal continuo scrolling, “scorrimento”, sui social media, definita dal Dizionario di Oxford come parola dell’anno. Dove trovare la cura per questa malattia se non nel lavorare, tutti insieme, alla formazione, soprattutto dei giovani?

Abbiamo bisogno di un’alfabetizzazione mediatica, per educarci ed educare al pensiero critico, alla pazienza del discernimento necessario alla conoscenza; e per promuovere la crescita personale e la partecipazione attiva di ognuno al futuro delle proprie comunità. Abbiamo bisogno di imprenditori coraggiosi, di ingegneri informatici coraggiosi, perché non sia corrotta la bellezza della comunicazione. I grandi cambiamenti non possono essere il risultato di una moltitudine di menti addormentate, ma prendono inizio piuttosto dalla comunione dei cuori illuminati.

Un cuore così è stato quello di San Paolo. La Chiesa celebra proprio oggi la sua conversione. Il cambiamento avvenuto in quest’uomo è stato così decisivo da segnare non solo la sua storia personale ma quella di tutta la Chiesa. E la metamorfosi di Paolo è stata causata dall’incontro a tu per tu con Gesù risorto e vivo. La forza per incamminarsi su una strada di cambiamento trasformativo è generata sempre dalla comunicazione diretta tra le persone. Pensate a quanta forza di cambiamento si nasconde potenzialmente nel vostro lavoro ogni volta che mettete in contatto realtà che – per ignoranza o per pregiudizio – si contrappongono! La conversione, in Paolo, è derivata dalla luce che lo avvolse e dalla spiegazione che poi gli diede Anania, a Damasco. Anche il vostro lavoro può e deve rendere questo servizio: trovare le parole giuste per quei raggi di luce che riescono a colpire il cuore e ci fanno vedere le cose diversamente.

E qui vorrei agganciarmi al tema del potere trasformativo della narrazione, del racconto e dell’ascolto delle storie, che ha evidenziato Colum. Torniamo ancora un attimo alla conversione di Paolo. L’evento è narrato negli Atti degli Apostoli per ben tre volte (9,1-19; 22,1-21; 26,2-23), ma il nucleo rimane sempre l’incontro personale di Saulo con Cristo; il modo di raccontare cambia, ma l’esperienza fondante e trasformativa rimane invariata.

Raccontare una storia corrisponde all’invito a fare un’esperienza. Quando i primi discepoli si erano avvicinati a Gesù chiedendogli «Maestro, dove dimori?» (Gv 1,38), Egli non rispose dando loro l’indirizzo di casa, ma disse: «Venite e vedrete» (v. 39).

Le storie rivelano il nostro essere parte di un tessuto vivo; l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri. [3] Non tutte le storie sono buone e tuttavia anche queste vanno raccontate. Il male va visto per essere redento; ma occorre raccontarlo bene per non logorare i fili fragili della convivenza.

In questo Giubileo faccio quindi un altro appello a voi qui riuniti e ai comunicatori di tutto il mondo: raccontate anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Il vostro storytelling sia anche hopetelling. Quando raccontate il male, lasciate spazio alla possibilità di ricucire ciò che è strappato, al dinamismo di bene che può riparare ciò che è rotto. Seminate interrogativi. Raccontare la speranza significa vedere le briciole di bene nascoste anche quando tutto sembra perduto, significa permettere di sperare anche contro ogni speranza. [4] Significa accorgersi dei germogli che spuntano quando la terra è ancora coperta dalle ceneri. Raccontare la speranza significa avere uno sguardo che trasforma le cose, le fa diventare ciò che potrebbero, che dovrebbero essere. Vuol dire far camminare le cose verso il loro destino.

È questo il potere delle storie. Ed è questo che vi incoraggio a fare: raccontare la speranza, condividerla. Questa è – come direbbe San Paolo – la vostra “buona battaglia”.

Grazie, cari amici! Benedico di cuore tutti voi e il vostro lavoro. E per favore, non dimenticatevi pregare per me.

Cinema

Cinema e Giornalismo

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File:La Repubblica logo.png - Wikipedia

I Love Sicilia - L'Under al Top - Dr. Giuseppe Cicero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggi l’articolo dell’Ansa

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2025/01/25/e-la-stampa-bellezza-cinema-e-giornalismo-nellultimo-secolo_a71a46ff-147e-4a71-b398-223ca7dc5b11.html

Foto e articolo di: Giovanni Franco

 

Giancarlo Giannini – Ivan Scinardo

Ivan Scinardo – Steve Della Casa

Ivan Scinardo – Alberto Crespi

 

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Cultura

Giuseppe Lavenia racconta la guerra

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struire soltanto nella vicendevole fiducia”

Queste espressioni del messaggio di Papa Francesco per la 57.ma Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, hanno motivato l’ultimo incontro culturale del 18° Festival della Comunicazione, che ha avuto luogo, sabato 20 maggio nel Salone dei Vescovi.

Giuseppe Lavenia ,  giovane giornalista RAI, originario di Adrano,  ha raccontato i 95 giorni trascorsi a Codogno,   il 21 febbraio 2020 con il “paziente 1” e la successiva esplosione del Covid 19. L’esperienza dei primi giorni della pandemia hanno segnato fortemente l’opinione pubblica ed ha  contribuito ad una presa di coscienza  in relazione al benessere sociale.

Il racconto ha coinvolto l’attento pubblico ed è stato evidenziato lo stile di comunicazione e di relazione che il giornalista mette in atto nel preparare i servizi di informazione per il grande pubblico della televisione.

La paura e la tensione provata nei campi di guerra, al suono delle sirene di allarme; il contatto con i profughi che lasciano la loro terra per sfuggire ai bombardamenti; l’incontro con i bambini oncologici e l’improvvista e originale partita di calcio, sono alcune delle immagini del racconto che Giuseppe Lavenia ha fatto “parlando col cuore” e testimoniando come  nella  trasmissione di una notizia ci sono modi diversi di comunicare e quando si trasmettono valori si entra in sintonia con il pubblico/lettore/spettatore e parte un messaggio che aiuta a vivere bene.

L’incontro, moderato da  Marco Carrara, di Bergamo  in presenza e Dorella Cianci  di Cerignola in videocollegamento  sul tema  “Comunicazione , guerra, disarmo” è stato promosso anche con la collaborazione del diacono Alessandro Rapisarda, dell’Ufficio  diocesano delle Comunicazioni sociali.

L’Arcivescovo Mons Luigi Renna, a conclusione dell’incontro, apprezzando il prezioso lavoro dei  giovani giornalisti  ha fatto luce sulla vocazione/missione del comunicatore che nel dare notizie che possono “costruire o distruggere, orientare o disorientare, rendere felici o infelici”, facendo partire il messaggio dal cuore, ricco di attenzione e sensibilità umana, trasmette  certamente un raggio di speranza e di futuro.  Come affermava Giorgio La Pira: “C’è una primavera che si prepara in questo inverno apparente ”

Giuseppe Adernò

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Cultura

Festa di S.Agata a Castania, comunicare il sacro

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In preparazione alla festa di Sant’Agata che, dopo la pausa pandemica, riprende nel fascino della sacralità l’impianto tradizionale di  terza festa popolare  a livello internazionale, l’UCSI – Unione Cattolica Stampa Italiana –  propone ai giornalisti e ai cittadini un’occasione di riflessione sul vero senso della festa, restituendo alla partecipazione popolare  un’aurea sacra che ispira reverenza e devozione.

a come tema: “Il numinoso in Sant’Agata” al fine di dare al ritorno la festa popolare un qualificato senso di sacralità, che si traduce nella convergente cooperazione per il bene comune nel segno della legalità.

 Giovedì 26 gennaio alle ore 16,00, presso la Chiesa di S Agata La

Vetere, interverranno Don Paolo Buttiglieri,   Docente di Comunicazione Sociale Università Pontificia Salesiana Giornalista- Consulente  Ecclesiastico UCSI Sicilia; Antonello Piraneo – Direttore de “La Sicilia”; Rosalba Panvini – Docente Università di Catania  – già Soprintendente ai BB.CC.; Rossella Jannello – Giornalista. Vice Presidente Regionale UCSI; Mariella Gennarino – Presidente Comitato dei festeggiamenti agatini; Francesco Marano – autore di “Tutti devoti tutti”

Al seminario, che assegna anche dei crediti formativi per i giornalisti, introdotto e coordinato dal presidente Ucsi di Catania, Giuseppe Adernò, interverrà l’Arcivescovo di Catania, Mons Luigi Renna, il quale annuncerà ai giornalisti  il FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE che  quest’anno  vedrà  la diocesi di Catania  della   57.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali   (21 maggio) sul tema  indicato nel messaggio del Papa  “Parlare col cuore

Il Segretario nazionale UCSI, Salvo Di Salvo, e tesoriere dell’OdG Sicilia porterà il saluto del presidente nazionale  Vincenzo Varagona e del presidente regionale Ucsi Domenico Interdonato.

Nel corso del Seminario sarà ricordato il giornalista Salvatore Fichera, improvvisamente venuto a mancare all’affetto dei familiari e degli amici e colleghi giornalisti che lo ricordano per la sua originale creatività di comunicazione per radio, titolare della prima testata giornalistica on line e dinamico sostenitore della “specialità” della festa di S Agata anche in altre regioni e nazioni.

 

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