E’ un atto d’amore verso la sua Agrigento e la Sicilia tutta il “recital” di Gianfranco Iannuzzo andato in scena al Teatro Jolly di Palermo. Pubblico delle grandi occasioni per due ore di spettacolo puro, in cui Iannuzzo, solo sul palco, come un magnete incolla sulla poltrona e catalizza l’attenzione sui suoi monologhi. A guardarlo viene subito in mente quel grande artista, allievo di Musco, che è stato Gilberto Idonea, scomparso pochi giorni fa. Il suo One man show si cuce perfettamente addosso a Gianfranco Iannuzzo. Lui racconta la Sicilia, a partire dai ricordi di infanzia. Su tuti domina la figura del padre Giuseppe, insegante di lettere che ha influito molto sulla sua crescita intellettuale e professionale.
Da lui ha mutuato la passione per il pianoforte; il padre li accordava e li aggiustava talvolta. L’attore in scena, illuminato soltanto da un occhio di bue, suona note melodiose che richiamano atmosfere di alto lirismo, come la poesia sulla donna immaginata come una dea o il dialogo intimo con il mare dove Iannuzzo si fa uno. C’è un fluire continuo in questo spettacolo, stati d’animo diversi traghettano lo spettatore dalle fragilità umane, alla risata sorniona e di pancia, al dramma, all’ironia e alle tante verità, di “uno nessuno e centomila” del suo conterraneo Pirandello. Non è facile alternare sul palco queste emozioni, eppure Iannuzzo ci riesce benissimo, forte dei suoi oltre 40 anni di carriera. La Sicilia scorre nelle sue vene; terra amara e allegra, triste e divertente, luccicante e spietata, straordinaria culla fra culture E non è vero, dice Iannuzzo sul palco, che tutti ci hanno dominato, siamo stati noi siciliani ad avere preso tutto il bello delle dominazioni. Recitalè un mix dei successi portati in scena da Iannuzzo; c’è anche il ricordo del grande Renino Barbera. Uno spettacolo che mette in scena gli stereotipi e le contraddizioni delle regioni d’Italia con un confronto di dialetti originalissimo. Strepitosa la gag dei calabresi, che quando parlano raddoppiano tutto: ”mi da otto etti di prosciutto cotto”; I ricordi della sua infanzia rivivono nelle scene che mette in sequenza nel suo spettacolo; esilarante la descrizione delle file di chi accompagna un corteo funebre. E’ come se Iannuzzo, quando recita, rappresenti la quotidianità ed il pubblico diventa parte integrante del grande gioco della vita. Custodisce come un tesoro l’esperienza giovanile dei lab
oratori di esercitazioni sceniche di Gigi Proietti. Ha imparato molto da Pietro Garinei, dalla televisione con Antonello Falqui. Per due volte insignito del Premio Charlot e La Giara D’Argento, Gianfranco Iannuzzo, è stato sposato con la nota conduttrice Gabriella Carlucci, dalla quale si è separato risposandosi con la modella Ombretta Cantarelli, sua socia della Girgenti Spettacoli, la società che produce tutti i suoi eventi pubblici.
Lo segue ovunque; la incontriamo a fine spettacolo nei camerini, pronta a mettergli sopra una vestaglia da camera, ad asciugare i sudori di una performance che è anche e soprattutto fisica. In questa poesia, un padre spiega al suo bambino cosa sia l’Allammicu,quel sentimento che, ovunque andiamo, richiama l’anima verso la terra natia. Il bambino è “nico, nico”, piccolo, piccolo, e non può capire, ma, da qualche parte, dentro di lui, c’è un piacere che è così piacere da farsi dolore nella lontananza, sebbene venga cancellato, in ultimo, dalla speranza di chi gli augura di “sempri felicissimu campari”.