Editoriali
Generazioni disuguali
Prendo in prestito il titolo di libro scritto da un sociologo dell’università di Trento, Antonio Schizzerotto, che ha voluto analizzare una ricerca dell’Istat sui giovani che decidono di andare via dall’Italia per affrontare il mercato del lavoro globale. “Nelle precedenti emigrazioni chi partiva erano gli scarsamente acculturati e preparati che non trovavano più lavoro in Italia, ora parte la meglio gioventù, un capitale umano molto elevato – ha spiegato Schizzerotto, al Corriere della Sera; si tratta di un vero e proprio impoverimento del nostro Paese che esporta medici e ingegneri e importa badanti. Purtroppo il motivo principale è che non esiste una vera e propria domanda di capitale umano perché si è storicamente puntato sulle politiche del lavoro invece che su quelle della produzione”. Nell’analisi dei dati vi è una certezza: rispetto a tutte le emigrazioni precedenti dalla fine dell’Ottocento in poi, questa è la prima migrazione di giovani che partono con il diploma in tasca. E lasciano qui un’Italia con i figli lontani. Se si considerano i cittadini italiani emigrati con più di 24 anni, il 31 per cento ha la laurea: la media di laureati tra i cittadini italiani è del 14,8 per cento. Partono i giovani, sono la metà degli emigrati coloro che hanno tra i 15 e i 39 anni. Ma vanno soprattutto in Europa, Regno Unito e Germania, almeno fino alla Brext sono state le due mete preferite degli emigrati, seguite da Svizzera e Francia. Partono in tanti dalla Sicilia ma tantissimi anche da Lombardia, Veneto e Trentino . «Intanto dobbiamo dire che i movimenti all’interno dell’Europa non possono considerarsi come delle vere e proprie emigrazioni, ma come spostamenti anche fisiologici: piuttosto dovremmo chiederci perché i tedeschi o i francesi non vengono da noi», si domanda Francesco Billari, professore di demografia alla Bocconi. Ma è vero che visto dalla parte di chi resta, è la prima volta soprattutto partono i figli unici. In passato le famiglie non si disgregavano o perché finivano per partire tutti o perché c’era sempre uno o due figli o figlie che restava indietro. Secondo l’autrice dell’articolo Gianna Fregonara, “oggi questo fenomeno porrà delle sfide al welfare: la popolazione sarà mediamente più vecchia di quel che ci si aspettava e sarà più sola per quel fenomeno che si definisce già il “care drain”. Certo tecnologie e trasporti rendono più semplice la lontananza per esempio all’interno dell’Europa ma ci sono momenti in cui la vicinanza anche fisica è fondamentale, insostituibile: «Non solo, oggi 150 mila italiani che se ne vanno possono sembrare pochi, ma proiettiamo la cifra in dieci anni, fa 1 milione e mezzo”. Ogni commento è superfluo!