Editoriali

I diritti della famiglia, slogan elettorali vuoti

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Ci risiamo, slogan elettorali per le europee hanno invaso i media, gettando sconforto e confusione nella popolazione sempre più orientata ad evitare di andare a votare. Esercitare questo sacrosanto diritto un tempo portava grandi flussi di elettori alle urne, perché c’erano formazioni politiche  di destra, di sinistra e di centro che facevano realmente attività sempre e non nel periodo a ridosso delle elezioni. C’era passione, ardore, voglia di metterci la faccia. Non entrando nel merito di questa campagna elettorale che si è appena conclusa, si spera che chi verrà eletto, come parlamentare europeo, possa  fare riconoscere alla famiglia il fondamentale diritto di essere società naturale. L’Italia come l’Europa dovrebbero avere l’obiettivo primario di fare sì che i giovani, che intendono formare una famiglia, e quindi riprendere quel modello sociale peraltro fissato dalla Costituzione, devono acquisire sempre più questo diritto fondamentale. In qualche modo l’Europa metaforicamente si dovrebbe fare madre di quelle giovani coppie  pronte a formare la famiglia.  Oggi è invece la grande assente. Molti  opinionisti sostengono che se le condizioni economiche impediscono a molti giovani anche solo di  programmare il loro futuro insieme viene sostanzialmente negato questo diritto fondamentale. Italia ed Europa hanno da sempre condiviso una politica di austerità economica, portando di fatto ad un aumento esponenziale del lavoro precario da parte di milioni di giovani costretti a emigrare in cerca di una stabilità economica e lavorativa. Oggi più di prima il nuovo parlamento europeo dovrà inserire fra le sue priorità sostanziali aiuti economici alle giovani coppie che intendono formare una  famiglia.  Secondo i dati elaborati dal centro studi Idos se ne sono andati dall’Italia circa 285 mila cittadini. È una cifra che si avvicina al record di emigrazione del dopoguerra, quello degli anni ‘50, quando a lasciare il Paese erano in media 294 mila Italiani l’anno. L’Ocse segnala come l’Italia sia tornata ai primi posti nel mondo per emigrati, per la precisione all’ ottavo, dopo il Messico e prima di Viet nam e Afghanistan. Del fenomeno dell’espatrio degli italiani, ha parlato anche il presidente dell’Inps, evidenziando il fatto che si parla tanto di immigrazione e mai dell’emigrazione dei giovani, del vero e proprio youth drain, cui siamo soggetti. La fuga all’estero di chi ha tra i 25 e i 44 anni non sembra essersi arrestata neanche con la fine della crisi. Chi espatria, va principalmente in Europa (Germania e Gran Bretagna in testa). E se fino al 2002 il 51% degli emigrati con più di 25 anni aveva al massimo la licenza media, ora quasi un terzo sono laureati. Questa “fuga di cervelli” per il Paese rappresenta una perdita in tutti i sensi.

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