InSalute (Dott.E.Alagna)
Si vantano su instagram di avere violato zona rossa
Denunciate due ragazze ad Agrigento
I poliziotti della sezione Volanti della questura di Agrigento hanno identificato e denunciato, alla procura della Repubblica, due ragazze di 21 e 34 anni, protagoniste di un video, girato in un locale della movida e pubblicato su Instagram, in cui si vantavano di avere violato la cosiddetta “zona rossa”raccontando di essere rientrate da Milano e Roma: capitale che, in realta’, zona rossa non lo e’ mai stata.
Le due ragazze sono state entrambe denunciate per le ipotesi di reato di “procurato allarme”; una delle due anche per “inosservanza ai provvedimenti dell’autorità”: questo perché avrebbe omesso di comunicare alle autorità sanitarie il suo rientro in Sicilia da Milano e non perché si sarebbe allontanata dalla Lombardia in quanto il decreto che lo vieta non era ancora in vigore.
Quanto si vede nel video è un atto di leggerezza e di grave irresponsabilità che all’età di 21 e, soprattutto, 34 anni non può essere ammesso, né giustificato in alcun modo. Di contro, non giustifica neppure il massacro social di insulti e minacce di ogni tipo che le ragazze hanno subito.
“In merito ad alcuni video che circolano sui social network, la Procura di Agrigento ricorda che violare le cosiddette zone rosse integra il reato di cui all’articolo 650 del codice penale che prevede la pena dell’arresto fino a tre mesi. Si ricorda poi, anche al fine di evitare di incorrere nel più grave reato di cui all’articolo 438 del Codice penale che le persone che provengono dalle suddette zone devono mettersi a disposizione della competente autorità sanitaria al fine di impedire il propagarsi dell’epidemia” – ha affermato il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, città nella quale sono state denunciate le due ragazze. “La diffusione di false notizie sulla epidemia in corso sui social network può integrare il reato di ‘procurato allarme’ di cui all’articolo 658 del Codice penale”, ha ricordato Patronaggio.
Politici superficiali, gente che scappa portandosi il virus altrove, insulti a chi propone lo stop del calcio: com’è morto il valore del rispetto collettivo?
Come afferma il giornalista Carlos Arija Garcia “C’era una volta la famiglia che insegnava (con le buone o con le meno buone) l’educazione, il rispetto per gli altri, il senso di solidarietà. Valori che contribuivano a crescere con l’idea di appartenenza ad una comunità, di unità nazionale. C’era una volta. Perché le prime ore di zona rossa in tutta la Lombardia e in altre 14 province italiane e le restrizioni attuate dal Governo nell’intera penisola a causa del coronavirus hanno dimostrato che questa educazione non c’è più.” E che è proprio il fallimento educativo che sta uccidendo l’Italia.
“Cittadini e politici devono condividere questa colpa. A cui è ancora possibile rimediare se si fanno le dovute riflessioni. Perché un popolo che non si ferma a pensare è un popolo destinato, inevitabilmente, all’ignoranza.”