Editoriali

La convivenza “forzata” genitori -figli!

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Il direttore dell’Ospedale Spallanzani, Francesco Vaia, fra i più autorevoli in Italia ha dichiarato: “Sono diminuiti i ricoveri in terapia intensiva. Se questo trend, figlio della campagna vaccinale della terza dose, si stabilizzerà abbiamo bisogno di andare incontro alle esigenze dei cittadini e snellire le procedure di isolamento e quarantena”. Negli Stati Uniti la quarantena finisce dopo 5 giorni. Molti ragazzi vaccinati e/o che hanno già avuto il covid sono tornati a essere positivi, per fortuna quasi tutti sono asintomatici ma le autorità sanitarie, in base alle attuali norme restrittive li costringono a stare a casa. Probabilmente a breve e medio termine si vedranno gli effetti psicologici che questi isolamenti forzati produrranno nel già precario equilibrio mentale dei nostri giovani. Secondo una ricerca condotta dall’Istituto IARD, riguardo le ore trascorse in famiglia, in termini di convivenza forzata, spesso anche in spazi ridotti, il rapporto tra genitori e figli purtroppo non è migliorato. A definire conflittuali o critici le relazioni familiari prima del Covid era il 23% degli adolescenti, mentre oggi la percentuale è salita al 25,4% e a soffrire di più sono risultate particolarmente le ragazze con il 28,3%. Ma nemmeno la distanza forzata sembra aver avuto un effetto positivo. Anche le relazioni all’interno del gruppo dei pari hanno subito, sia pure in forma minore, un peggioramento. A definire insoddisfacenti o difficili i rapporti con gli amici era il 10,2% prima del Covid e oggi è il 14%. Ed anche in questo caso la criticità maggiore è segnalata dalle ragazze (16,5%). E l’insoddisfazione risulta rivolta anche verso se stessi. A non piacersi (fisicamente) prima del Covid era il 39% e oggi è il 42,5% (ragazze 50,1%). Ma tornando al già precario e spesso conflittuale rapporto tra  genitori e  figli, i ricercatori hanno preso in considerazione il tono con il quale padre o madre si rivolgono ai propri figli; questi ultimi rispondono meno alle richieste della madre quando queste ultime sono dette con un tono che fa emergere attitudini come pressione o controllo. Parlare con un figlio o con una figlia facendo trapelare volontà di controllo può causare nei ragazzi una serie di emozioni negative e scarsi sentimenti di vicinanza o empatia. Lo sostiene la dott.ssa Netta Weinstein, dell’Università di Cardiff, che ha dichiarato: “Se i genitori desiderano che le conversazioni con i loro adolescenti abbiano i massimi benefici, è importante che adoperino toni vocali di supporto. È facile che madri e padri dimentichino ciò, soprattutto se si sentono stressati, stanchi o sotto pressione”. Dalla ricerca è emerso che i ragazzi avevano molte più probabilità di impegnarsi se ricevevano istruzioni in grado di trasmettere un senso di incoraggiamento e di supporto. I risultati, secondo i ricercatori, potrebbero essere rilevanti, oltre che per i genitori, anche per i maestri di scuola, che, usando un linguaggio più motivazionale, potrebbero influenzare maggiormente l’apprendimento e il benessere degli studenti nelle loro classi.

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