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Giovani

Sfida a colpi di scarpe e T-shirt: chi avrà speso di più?

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I ragazzi italiani, su YouTube, si sfidano a chi ha i vestiti più costosi

I video di “Quanto costa il tuo outfit?” fanno migliaia di visualizzazioni mostrando migliaia di euro di vestiti.

Il mio outfit di oggi: un paio di Clarks marroni, mutande e calze di intimissimi, una maglietta da 9 euro, acquistata da Zara, dei pantaloni beige acquistati da Zara e un maglione di lana acquistato con gli sconti. Poca roba, in confronto ai prezzi dei vari capi Gucci, D&G, Balenciaga e Supreme snocciolati in un video qualsiasi di “Quanto costa il tuo outfit?”.

E’ la versione italiana di “How much is your outfit,” un format del londinese The Unknown Vlogs, e l’idea di fondo è molto semplice: uno youtuber intervista dei ragazzi appassionati di streetwear che, uno alla volta, fanno vedere cosa indossano, dalle scarpe al cappellino, specificando marca, modello e prezzo. A volte i partecipanti sono ragazzi a caso fermati in qualche via del centro, altre volte si tratta di giovani che seguono lo youtuber in questione e vengono chiamati a raccolta.

A importare il genere in Italia—con il permesso dell’ideatore—è stato Federico Barengo, fashion blogger 22enne con 267mila iscritti su YouTube, seguito a ruota da canali come Swampe (111mila iscritti) e Diario Del Russo (290mila iscritti). I loro video a tema “Quanto costa il tuo outfit?” superano anche il milione di visualizzazioni.

Lo scopo è mostrare i migliori abbinamenti, infatti alla fine del video si premia il ragazzo che a giudizio del fashion blogger veste meglio. Delle competizioni a chi è più stiloso, un po’ l’equivalente streetwear dei contest di freestyle per i rapper.

La scena streetwear italiana è parecchio grande, afferma il 17enne Swampe, che vive in Svizzera e prima di convertirsi al genere faceva video di scherzi. “Il 90 percento di chi guarda i miei video sono appassionati di streetwear.”

Secondo Swampe, per i ragazzi dei suoi video, che in genere hanno dai 13 ai 20 anni, è la cifra finale che conta.

“In genere i più grandi cercano di mettere insieme outfit stilosi, spendendo tanto ma bene, mentre i ragazzini puntano solo a fare la cifra più alta.”

Così ammassano accessori su accessori su capi: nei video c’è un ragazzo con due giubbotti, un altro con una cintura nei pantaloni e una seconda cintura a tracolla e persino un tizio che si fa conteggiare come parte dell’outfit anche un secondo paio di scarpe Balenciaga da 600 euro che teneva nello zaino. “Quindi tu ogni volta che esci di casa ti porti dietro le Balenciaga?” gli chiede l’intervistatore. E lui impassibile: “Sì.”

Ma come fanno questi ragazzini a spendere migliaia di euro in vestiti? “La maggior parte ha intorno ai 18 anni, quindi è evidente che si tratti dei soldi dei genitori,” afferma Barengo. “In effetti è anche questa la cosa che attira il pubblico.”

Attorno a “Quanto costa il tuo outfit?” nel frattempo è sorto tutto un contorno di reaction, parodie e video che discutono dell’immoralità e della falsità del format. Per quanto si tratti di reazioni esagerate, la prima volta che ho visto questi video anch’io ho provato un certo fastidio. È facile capirne le cause: l’età dei protagonisti, la sfrenata ostentazione di marche abbinate a caso, il valore dei singoli capi che sommato, in genere, equivale a qualche mese dello stipendio dei miei genitori.

E infatti la maggior parte dei commenti ai video verte su uno di questi aspetti. “Sfigati e imbarazzanti. Penso che non ci sia nulla di più degradante che sfoggiare outfit di lusso comprati con soldi che non hai guadagnato tu. Oltre al fatto che chiunque abbia un minimo di occhio può notare come gli abbinamenti siano fatti con le chiappe e giusto per mettere insieme un bel gruzzoletto,” commenta un utente sotto un video dall’eloquente titolo “Quanto costa il tuo outfit? 9000 Euro a 15 anni”.

Secondo Barengo, “a dar fastidio non è tanto il fatto che questi ragazzi abbiano un sacco di soldi, quanto che li spendano per cose così venali e soprattutto così male”.

Quale è dunque il vero motivo che spinge questi ragazzini a farsi acquistare capi così costosi? “È una cosa per Instagram” afferma Barengo. “La gente compra un capo, lo mette su Instagram così fa vedere che ce l’ha, poi magari se lo rivende e ne compra un altro.

Il senso dell’acquisto sta tutto nell’ostentarlo sui social.”

Fonte: Vice

Cinema

I giovani e l’audiovisivo, uno studio

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Lo studio Ipsos per UNIVIDEO dal titolo “I giovani e l’audiovisivo. Una relazione inedita ed eclettica” mette in luce alcune importanti novità rispetto allo sviluppo del mercato audiovisivo. La nuova indagine, che si presenta come uno spinoff della ricerca FAPAV/Ipsos, è un tassello importante per la conoscenza del fenomeno, in particolare tra i più giovani.

Secondo Federico Bagnoli Rossi, Presidente FAPAV “le nuove generazioni hanno compreso il valore del contenuto audiovisivo e di intrattenimento e ne fruiscono in modo molto più personale rispetto al passato, utilizzando i social e il web come strumenti di dialogo e di connessione emozionale. Certamente non manca chi opera nell’illegalità ma è molto importante favorire tra i giovani momenti di confronto per far crescere in loro la consapevolezza che dietro qualsiasi opera creativa tutelata dal Diritto d’Autore ci sono investimenti e opportunità professionali che hanno bisogno di essere supportati. I dati presentati, infatti, ci dicono che il 65% dei giovani pirati tra i 16 e i 25 anni ritengono un comportamento non troppo o per nulla grave la visione di film, serie e programmi non ufficiali. Serve, dunque, fare sistema tra Istituzioni e Industria e promuovere le competenze e il merito di un settore, quello dell’intrattenimento audiovisivo, che rappresenta un comparto molto importante per l’economia del nostro Paese”.

“In questo momento storico, con l’approvazione della nuova Legge Antipirateria lo scorso otto agosto, l’Italia si conferma un Paese all’avanguardia” ha aggiunto Bagnoli Rossi, evidenziando il ruolo sempre più importante che ricoprono anche le attività di sensibilizzazione ed educazione come best practice per incidere sui comportamenti dei consumatori. A tal proposito, durante la presentazione è stato mostrato in anteprima uno degli spot della seconda edizione della campagna “We Are Stories”, che FAPAV sta realizzando per sensibilizzare i giovani e il pubblico sul valore della legalità.

La nuova edizione racconterà le storie vere di professioniste del settore audiovisivo. Tra queste, Martina Romano, consulente cinematografica LIS, protagonista di uno degli spot diretti dal regista e sceneggiatore Nicola Conversa. Oltre al focus sui temi della legalità e della tutela dei contenuti, la campagna vuole, infatti, promuovere questioni di rilevanza sociale e culturale che possono riguardare le nuove generazione sia in qualità di spettatori sia come futuri professionisti del settore.

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Giovani

Effetto S.Agata, vincere la dispersione

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Il sacco bianco e il grembiule per la scuola.

Parole accorate ha rivolto ai catanesi l’Arcivescovo Mons. Luigi Renna, in occasione della festa estiva di Sant’Agata nel ricordo dell’896° anniversario del ritorno delle reliquie della Santa Martire da Costantinopoli a Catania,

Nella cattedrale gremita di devoti con il “sacco bianco”, la prima festa esterna dopo la forzata pausa per il Covid.19, l’Arcivescovo ha condiviso il ritorno alla “normalità della festa secondo la tradizione” ed ha evidenziato come la ripresa dopo la pandemia sollecita un concreto rinnovamento ed un “cuore nuovo” ed una vera solidarietà verso il bene comune.

Con saggezza pastorale, nell’elenco dei “virus” che contagiano la società odierna: l’individualismo, l’aggressività nelle relazioni, la corruzione, ha evidenziato il virus della fragilità dei ragazzi e ha detto: “Quando mi sono insediato a Catania mi è stato segnalato il triste primato di dispersione scolastica nella città etnea”.

Senza la dovuta formazione scolastica, i ragazzi restano in preda alla delinquenza minorile, alla diffusione della droga e del facile guadagno. Sono anche numerose le ragazze che si lasciano irretire dal sesso facile e diventano mamme a quindici anni senza la necessaria preparazione al compito di genitori. I recenti e tristi fatti di cronaca registrati nella provincia etnea e la morte di innocenti creature, hanno segnalato ulteriormente la grave emergenza educativa.

“I veri devoti di Sant’Agata che indossano il sacco bianco e per devozione lo fanno indossare ai figli, si impegnino a far indossare il grembiule scolastico e mandare i figli a scuola”, per ricevere una formazione di cultura e di cittadinanza attiva e responsabile, in vista di un futuro lavorativo decoroso e onesto.

L’appello dell’Arcivescovo, ripetuto anche al termine della breve processione esterna con il Busto reliquario della Santa Patrona, accompagnato dalla recita della preghiera a Sant’Agata, composta da Mons. Renna, è stato ben accolto dai numerosi fedeli partecipanti alla festa estiva di Sant’Agata.

Si auspica che tale messaggio possa tradursi in un segno di positività a settembre con l’inizio delle lezioni, facendo registrare una presenza numerosa di ragazzi a scuola, con l’impegno dei docenti che li sappiano accogliere e guidare nel non facile cammino di istruzione e formazione.  Sarà questo il segno della ripresa e della resilienza, devoto omaggio a Sant’Agata che da sempre protegge la città di Catania.

La dispersione scolastica si vince, infatti, attraverso la cooperazione tra scuola e famiglia in un dialogo educativo che percorre un sentiero di convergenza nella ricerca del miglior bene dei ragazzi come figli, studenti e cittadini.

Nell’aula consiliare del Palazzo degli Elefanti, le due scritte in latino: “Armis decoratur” e “Literis armatur” costituiscono il messaggio che gli antichi Padri catenesi hanno lasciato in eredità, privilegiando e scegliendo la cultura, lo studio e la ricerca di una qualificata professione.

Giuseppe Adernò

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Cultura

Anche la disabilità avrà il suo Garante

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Approvato dal Consiglio dei Ministri il DDL per la tutela delle persone disabili

E’ questa una delle sei azioni previste dal “Disegno di  legge delega per la tutela delle persone disabili”, considerata “una tra le riforme e azioni chiave previste dal Pnrr” approvate dal Consiglio dei Ministri il 28 ottobre 2021.

Il ddl, che ora dovrà essere approvato dal Parlamento, contiene i principi e le direttive a cui il Governo si dovrà attenere nell’emanare (entro 20 mesi) i decreti legislativi di attuazione al fine di dare concretezza alla riforma.

Le precedenti proposte si sono arenate tra i grovigli della burocrazia e gli interessi dei partiti nella definizione delle priorità.  Questa riforma, sostenuta dal PNRR, porta con sé tanto ottimismo, perché prevede la revisione complessiva e aggiornata del “Nuovo sistema di riconoscimento della disabilità, in linea con la Convenzione Onu”.

La nuova legge delega prevede la revisione complessiva delle discipline in materia, intervenendo sui seguenti ambiti:

1) i criteri della condizione di disabilità, riordino e semplificazione della normativa di settore;
2) l’accertamento della condizione di disabilità e revisione delle procedure di valutazione, unificando tutte le verifiche riguardo a invalidità civile, cecità civile, sordità civile, sordo cecità, disabilità ai fini scolastici e di collocamento lavorativo e ogni altra normativa in tema di accertamento dell’invalidità;
3) la valutazione “multidimensionale” della disabilità finalizzata “all’elaborazione di progetti di vita personalizzati” e “volti a supportare l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, prevenendo forme di istituzionalizzazione”;
4)l’informatizzazione dei processi di valutazione e di archiviazione;
5) la riqualificazione dei servizi pubblici in materia d’inclusione e accessibilità;
6)l’istituzione di un Garante nazionale delle disabilità.

Al Garante viene, infatti, affidato il compito di “accogliere le istanze e fornire adeguata assistenza alle persone con disabilità che subiscono violazioni dei propri diritti; formulare raccomandazioni e pareri alle amministrazioni interessate sulle segnalazioni raccolte, anche in relazione a specifiche situazioni e nei confronti di singoli enti; promuovere campagne di sensibilizzazione e di comunicazione per una cultura del rispetto dei diritti delle persone”.

Saranno previsti oltre la revisione delle tabelle di percentuali degli stati invalidanti, che avverrà con un decreto del Ministro della salute, in sostituzione  del vigente decreto del Ministro della sanità che risale al 5 febbraio 1992; la definizione dei processi di valutazione multidisciplinare della persona, non strettamente medica, come succede oggi.

Il fine sarà di consentire l’elaborazione di progetti di vita personalizzati che garantiscano tutti i diritti fondamentali della persona e che permettano, ove possibile, l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, prevenendo per quanto possibile le forme di assistenza negli istituti. Il disegno di legge stanzia, inoltre, i fondi per il potenziamento dei servizi assistenziali e delle infrastrutture sociali che saranno necessari.

La cultura dell’inclusione ha necessità di criteri e norme funzionali e alla situazione odierna e le tabelle percentuali degli stati invalidanti disciplinate dal decreto ministeriale del 1992 non sono adeguati.

Come già avvenuto con la Legge n.118 del 30 marzo 1971, con la quale ha preso avvio il processo d’integrazione sociale, oggi, dopo cinquant’anni il cammino è orientato al traguardo di nuove e trasparenti certificazioni, in vista di un’efficace inclusione sociale dei disabili, cominciando da una “scuola inclusiva” che accoglie gli studenti “bisognosi di particolari attenzioni”.

Giuseppe Adernò

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In Tendenza