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Cinema

“Città Novecento”, il docufilm diretto da Dario Biello

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In sala il 14, 15 e 16 marzo, “Città Novecento”, docufilm diretto da Dario Biello e prodotto da Filmedea. Presentato alla Festa del Cinema di Roma. Tra i protagonisti Alessandro Haber, Antonio Pennacchi nella sua ultima intervista per il cinema, Massimo Cacciari e storici e critici dell’architettura.

Archetipo della Città di Fondazione del ‘900. Oltre un secolo di progresso e sviluppo, raccontato da Alessandro Haber attraverso la fiction ambientata in una fabbrica e il suo centro abitato, dal Villaggio Operaio liberty, al piano di Riccardo Morandi, l’evoluzione urbanistica e sociale dalla città razionalista degli anni ’30, fino alla Città Aziendale del dopoguerra. Un viaggio tra il lavoro e l’innovazione tecnologica di una comunità che ha saputo rigenerarsi aprendosi al futuro, fino a diventare, proprio quest’anno, nel 2022,  la Capitale Europea dello Spazio.

NOTE DI REGIA

Città Novecento nasce da un’intensa attività di ricerca sul tema delle Città di Fondazione, seguendo il solco tracciato dai riconoscimenti UNESCO al Villaggio Operaio di Crespi d’Adda, alla Città Aziendale di Ivrea e alla Città Razionalista di Asmara. Tre attestazioni di interesse universale su un tema storicamente rilegato nei contesti accademici. Con queste premesse si è avviata un’attività di divulgazione e rappresentazione su scala nazionale coinvolgendo studiosi, istituzioni, università e artisti, che insieme hanno reso possibile la creazione di una Rete di Città di Fondazione. L’opportunità di realizzare una serie di docufilm tematici è stato un passaggio scaturito dall’interesse emerso su questo tema e dalla disponibilità di documentazione visiva e grafica di altissima qualità, spesso ancora inedita. Colleferro, la Città Fabbrica della B.P.D., protagonista di questo esordio, grazie al titolo, di Città della Cultura della Regione Lazio 2018, è stata l’occasione per ampliare il tema della Città di Fondazione con quello dell’innovazione tecnologica e del rapporto tra industria e centri abitati. Ulteriore elemento di interesse è quello dato dal progettista Riccardo Morandi, maestro dell’ingegneria del ‘900, salito alla cronaca con la tragedia del Ponte sul Polcevera, un’opera monumentale che vogliamo ricordare viva, proprio nei giorni nel quale viene pubblicato un documentario che celebra la sua demolizione. La Colleferro di Città Novecento è anche la Città dello Spazio, il Villaggio Operaio che si rigenera in oltre un secolo diventando oggi Capitale Europea dello Spazio. La genesi di questo docufilm si è intrecciata con la realizzazione di Spazio Colleferro, il progetto di restauro e allestimento dell’Istituto Professionale progettato da Riccardo Morandi, che, con il progetto tra gli altri di Luca Calselli e Dario Biello, diventerà centro di documentazione, biblioteca e museo della città con la narrazione che ritroviamo nel docufilm. Un’opera architettonica e audiovisiva che si sono contaminate e fuse in un progetto fisico, virtuale, divulgativo ed emozionale con un unico punto di vista coerente. Formalmente il format costruito ha uno sviluppo su 3 linee narrative, la prima quella della fiction, con la ricostruzione visiva storica affidata a Pierluigi Ferrandini e la narrazione di Alessandro Haber, la seconda linea è invece quella delle immagini di archivio, anche inedite, e la terza è l’approfondimento con il contributo, tra gli altri, di Massimo Cacciari, Emilio Gentile, Luigi Prestinenza Puglisi, Claudia Conforti, Maurizio Morandi, Marzia Marandola, Giorgio Novello e Antonio Pennacchi, nella sua ultima intervista filmata per il cinema. Città Novecento è, dunque, un’opera di sperimentazione e ricerca, con la quale vogliamo raccontare le città come luoghi nei quali fare impresa, innovazione, architettura e socialità identitaria, un viaggio che inizia dalla fondazione dei villaggi della rivoluzione industriale del XIX° Secolo e intende spingersi fino alle città della rivoluzione spaziale del XXI° Secolo.

[Dario Biello]

LA SERIE
Città Novecento è il titolo di una serie di docufilm dedicati alla Città di Fondazione del XX° e del XXI° Secolo, una produzione Filmedea, curata da Dario Biello, che unirà le ricostruzioni storiche con la fiction di registi differenti in ogni episodio, con immagini, disegni e documentazione di archivio, anche inedite, e interventi di analisi e approfondimento dei principali testimoni, ricercatori e studiosi in materia.

Una serie che nei suoi episodi partirà dalle utopie di inizio ‘800, ai villaggi operai liberty come Crespi d’Adda e la Valdagno di Marzotto, proseguendo nella Città Nuova di Sant’Elia, e nelle città razionaliste del periodo fascista di bonifica, balneari, dell’autarchia ed i casi di Città nella Città come EUR, Cinecittà e Sapienza.

Si attraverseranno le guerre per aprire il capitolo della ricostruzione, con la stagione dei piani INA Casa ed i progetti di nuovi quartieri per l’Italia del boom economico, sono le Città Aziendali, nelle quali si misureranno i più grandi architetti dell’epoca d’oro della progettazione italiana, tra tutti la Ivrea di Adriano Olivetti, Metanopoli e i Villaggi ENI di Enrico Mattei, fino agli anni ’80 con la Milano 2 di Silvio Berlusconi.

Non solo Italia, ma in un episodio chiamato Expostory, si racconteranno le città temporanee delle grandi Esposizioni Universali della storia, da Londra 1851 a Dubai 2020. Il viaggio di Città Novecento racconterà anche del Borgo del Cachemire, la Tolomeo di Brunello Cucinelli, e si aprirà al futuro, con le Città della Sostenibilità del XXI° Secolo e le prime sperimentazioni progettuali di aree abitative sullo spazio

 

NOTE DI PRODUZIONE

Produrre docu-fiction è stata una vera e propria rivelazione e intendiamo farlo sempre più spesso, un formato ideale per ricostruire con la fiction dei vuoti storici laddove non risultano esserci testimonianze audiovisive e magari costruendo la scena seguendo scrupolosamente come linea temporale le foto di repertorio. Un mix tra recitazione di bravissimi attori locali, interviste ad esperti della materia e restauro di filmati d’epoca magistralmente operato dai tecnici di Cinecittà Luce, il tutto accompagnato per mano da un protagonista d’onore che in questo episodio è stato l’intenso Alessandro Haber. Abbiamo scoperto e approfondito con delle sceneggiature molte città e molte storie di personaggi illuminati che hanno fatto della loro vita un esempio, lasciando alle generazioni future complessi monumentali spesso dimenticati e sottovalutati, in primis da chi abita questi luoghi. Dare per scontato la storia di una città vuol dire non poterne percepire a pieno l’atmosfera e per chi fa cinema questa è una vera e propria missione. Portare alla luce storie di luoghi e di persone per promuovere dei percorsi turistici non convenzionali è sicuramente un percorso allettante da sviluppare in una serie che ci porterà dalle regioni italiane fino al Nord Africa, al Sud America e al Centro-Nord America, fino ai ghiacciai dei Poli. Nuove città fondate su misura rispetto alle nuove esigenze del pianeta, con nuovi paradigmi a tutela dell’ambiente e di chi lo abita.
E’ evidente che questo prodotto fatto per il cinema e assolutamente godibile in sala, può diventare un prodotto spendibile sulle televisioni e sulle piattaforme che insegni cose nuove con un linguaggio non solo per addetti ai lavori. Una fiaba istruttiva per giovani e meno giovani poiché lega il passato al futuro con la storia di una comunità che si reinventa.

[Diego Biello]

CAST ARTISTICO

 

 

ALESSANDRO HABER (ATTORE)
Attore, regista e cantante. È appena ventenne quando recita per la prima volta in un film di Bellocchio, “La Cina è vicina”(1967), a cui seguono piccole parti per conto di numerosi registi importanti, come: i fratelli Taviani, Bernardo Bertolucci e Federico Fellini. Recita per Nanni Moretti in “Sogni d’oro”(1981) con Laura Morante; con Ugo Tognazzi e Philip Noiret in “Amici miei – Atto II”(1982), di Mario Monicelli; partecipa al film esordio di Gabriele Salvatores, “Sogno di una notte d’estate”(1983) e nel 1986 Pupi Avati lo scrittura per “Regalo di Natale”. Dopo aver vinto diversi  Nastri d’Argento come attore,  all’inizio degli anni 2000 esordisce in qualità di regista con “Scacco Pazzo”(2003). Rivela anche un altro grande talento scrivendo e cantando canzoni; il singolo che trova il favore del pubblico e della critica è”La valigia dell’attore”, composto per Haber da Francesco De Gregori.

CLAUDIA CONFORTI (STORICA DELL’ARCHITETTURA)
Architetto professore ordinario di Storia dell’Architettura alla Facoltà di Ingegneria di Roma Tor Vergata, ha insegnato a Firenze, l’Aquila e Parigi La Villette. E’ specialista di architettura e città dell’età rinascimentale e barocca e di architettura contemporanea. Ha pubblicato numerosi libri e saggi, tra cui “Giorgio Vasari architetto” (1993); “La città del tardo Rinascimento” (2005); “Giovanni Michelucci 1891-1990” (2006); “Richard Meier” (2009). fa parte della redazione di “Casabella”, di “Rassegna dell’architettura e urbanistica”, di “Aprosiana”; è consulente del Mibac per il progetto sperimentale degli Uffizi; è membro dell”Accademia Nazionale di San Luca, del Collegio dottorale di Ingegneria Edile-architettura di Tor Vergata e di Storia dell’Architettura di Firenze.

MASSIMO CACCIARI (FILOSOFO)
Filosofo e uomo politico italiano; professore emerito di estetica presso l’Università. di Venezia, deputato del PCI (1976-83), è stato sindaco di Venezia dal 1993 al 2000, nell’ambito di uno schieramento di centrosinistra, rieletto nel 2005, permanendo in carica fino al 2010. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali tra cui il premio Hannah Arendt per la filosofia politica (1999) e quello dell’Accademia di Darmstadt per la diffusione della cultura tedesca all’estero (2002). Tra le pubblicazioni più recenti: “Senza la guerra” (2016); “Occidente senza utopie” (2016); “Icone. Pensare per immagini” (2017); nel 2019, “La mente inquieta. Saggio sull’Umanesimo e Elogio del diritto”; nel 2020, “Le sette parole di Cristo” e “Il lavoro dello spirito”.

EMILIO GENTILE (SCRITTORE E STORICO)
Storico italiano, allievo di Renzo De Felice. Nella sua prima significativa monografia ha analizzato il ruolo della rivista La Voce nel panorama culturale e politico dell’età giolittiana (“La Voce e l’età giolittiana”, 1972), per poi iniziare a studiare la nascita dell’ideologia fascista (“Le origini dell’ideologia fascista”, 1975) e la figura di B. Mussolini (“Mussolini e La Voce”, 1976). Nel corso degli anni ha approfondito in particolare le ricerche sul fascismo e ha dato alle stampe numerosi saggi sui temi della modernità, della nazione, del totalitarismo, del pensiero mitico e delle religioni della politica. Grazie ai suoi studi ha vinto, tra gli altri, il premio Hans Sigrist dell’Università di Berna (2003) e l’onorificenza Renato Benedetto Fabrizi dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia (2012). Tra le sue opere più recenti: “Chi è fascista” (2019); nel 2020, “Quando Mussolini non era il Duce e Caporali tanti, uomini nessuno”. Considerato anche a livello internazionale il massimo storico italiano del fascismo, Gentile è docente di Storia Contemporanea presso La Sapienza di Roma.


MARZIA MARANDOLA (STORICA DELL’ARCHITETTURA)
Ingegnere, dottore di ricerca in Ingegneria Edile: Architettura e Costruzione alla facoltà di Ingegneria di Roma Tor Vergata. Dal 2011 è docente e ricercatore di Storia dell’Architettura alla facoltà di Architettura, Sapienza Università di Roma, dove dal 2012 è membro del collegio di dottorato in Storia e Restauro dell’Architettura. Dal 2021 è professore associato di Storia dell’Architettura all’Università Iuav di Venezia. Ha tenuto lezioni e seminari in convegni internazionali presso atenei italiani e stranieri (Universidade de Brasilia, Harvard University, École Polytechnique Fédérale De Lausanne EPFL, Temple University in Rome, Universidad de Oviedo). Ha pubblicato numerosi saggi sull’architettura moderna e contemporanea, interessandosi particolarmente ai modi del costruire, alle tecniche costruttive e al loro rapporto con l’immagine e la bellezza dell’architettura. Ha pubblicato i volumi: “La costruzione in precompresso. Conoscere per recuperare il patrimonio italiano” (2009); “Richard Meier” (2009); “Giovanni Michelucci 1891-1990” (2006). Collabora abitualmente con riviste italiane e internazionali.

ANTONIO PENNACCHI (SCRITTORE E OPERAIO)
Scrittore italiano. Operaio presso l’Alcatel Cavi, si è dedicato alla politica dapprima nelle file del MSI e poi in quelle del Partito marxista-leninista Italiano. A cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta ha aderito al PSI, alla CGIL e poi alla UIL. Nel 1983 ha deciso di sospendere l’attività di attivista e di sfruttare un periodo di cassa integrazione per laurearsi in lettere e filosofia, iniziando in seguito la carriera di scrittore. Il suo primo lavoro, “Mammut”, è uscito nel 1995, seguito nello stesso anno da “Palude. Storia d’amore, di spettri e di trapianti”. Nel 2003 esce “Il fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi”, romanzo autobiografico da cui nel 2007 è stato tratto il film “Mio fratello è figlio unico”, diretto da Daniele Luchetti. Nel 2010 ha pubblicato “Canale Mussolini”, finalista al Premio Campiello e vincitore tra gli altri del Premio Strega. Tra e pubblicazioni più recenti: “Il delitto di Agora” (2018), rivisitazione del thriller “Una nuvola rossa” pubblicato nel 1998, e “La strada del mare” (2020). Pennacchi è morto nella ‘sua’ Latina il 3 agosto 2021.

GIORGIO NOVELLO (AMBASCIATORE, S.V.P AVIO)
Ambasciatore d’Italia presso il Regno di Norvegia. Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e la specializzazione in Scienze Politiche a Padova, presso l’eccellente scuola di preparazione alla carriera diplomatica. Sono seguiti ulteriori studi all’ENA di Parigi e alla London School of Economics a Londra, e una triennale attività di docente di Relazioni internazionali all’Università di Trieste. Ha costruito la propria professione di diplomatico a Roma, in Africa, a Parigi, Londra, Bonn, Berlino e Vienna, in tanti incarichi che lo hanno via via visto attivo presso governi esteri e organizzazioni internazionali, nei settori politico, economico e culturale, come “funzionario tedesco con passaporto italiano” e ora come Ambasciatore d’Italia in Norvegia e in Islanda.

LUIGI PRESTINENZA PUGLISI (CRITICO DELL’ARCHITETTURA)
Critico di architettura, laureato in architettura e specializzato in pianificazione urbanistica. Ha scritto testi per la RAI e svolto ricerche per il CNR. Coordina le sezioni “Scritti” e “Grandi Eventi” della Universale di Architettura, fondata da Bruno Zevi; le collane “Architettura oggi, nuove tendenze” e “L’architettura in pratica”. Ha scritto “Rem Koolhaas, trasparenze metropolitane” (1997); “HyperArchitettura, spazi nell’età dell’elettronica” (1998); “This is Tomorrow, avanguardie e architettura contemporanea” (1999); “Zaha Hadid” (2001); “Silenziose Avanguardie, una storia dell’architettura: 1976-2001” (2001); “Tre parole per il prossimo futuro” (2002); “Introduzione all’architettura” (2004). Insegna “Storia dell’architettura contemporanea” all’Università di Roma La Sapienza.

MAURIZIO MORANDI (PROFESSORE DI ARCHITETTURA)
Professore ordinario di Urbanistica in pensione. Laureato in ingegneria edile a Roma La Sapienza e Libero docente in architettura e composizione architettonica, ha insegnato nella Facoltà di ingegneria di Trieste, nella Facoltà di architettura di Pescara, nella Post Graduation in Urbanistica  presso l’Ecole Polytecnique di Algeri e nella Facoltà di architettura di Firenze, dove ha insegnato Analisi dei sistemi urbani e Urbanistica dal 1994 al 2013. Tra i libri più recenti si ricordano: “Progettare una strada, Progettare la città. La via Emilia a Modena” (2003); “Fare centro” (2004); “Materiali per il progetto urbano EdA n. 5” (2008). Negli ultimi anni ha organizzato convegni, pubblicato saggi e curato due volumi sulla diffusione insediativa, individuata come ambito urbanistico sul quale impostare progetti di riqualificazione ambientale.

IL REGISTA – DARIO BIELLO

Autore di Città Novecento, Dario Biello è cofondatore della rete di professionisti Ri-Gymnasium e Expositore, lavora come direttore artistico, giornalista, fotografo e coordinatore di progetti di architettura, design dello spazio pubblico, sistemi territoriali, iniziative di divulgazione culturale e di comunicazione visiva multimediale. Suoi lavori sono stati presentati in Triennale Milano, al Maxxi di Roma, ad Expo Milano 2015 e pubblicati su numerose riviste anche internazionali. In ambito audiovisivo ha lavorato principalmente come location manager per produzioni cinematografiche presentate anche alla Mostra del Cinema di Venezia e al Festival di Cannes e come Art Director in video corporate.

IL PRODUTTORE – DIEGO BIELLO

Diego Biello è un produttore cinematografico indipendente con esperienza all’estero come manager su set di major internazionali e imprenditore dell’audiovisivo attivo nella sperimentazione di nuove forme di reciprocità tra cultura e impresa anche attraverso la sua ultradecennale attività associativa. Si è laureato alla Università Cattolica del Sacro Cuore con una tesi sul “Cinema Giovane e il ruolo delle Film Commission per l’internazionalizzazione” con Francesco Casetti e Maria Nevina Satta. Presidente della “Associazione Cinema Giovane” con cui vince il bando del Ministero delle Gioventù “Giovani produttori di significato” coinvolgendo con esperienze sul set oltre 8 mila studenti in attività extrascolastiche. Dopo aver supportato le scene milanesi del film “Somewhere” di Sofia Coppola come referente in Italia del produttore Fred Roos, lavora per la Summit Entertainment sul set americano di “Letters to Juliet” e conosce Mark Canton di cui diventa assistente produttore affiancandolo in set tra l’Europa, l’Asia, l’Africa e gli Stati Uniti per film come “300 Ryse of an Empire” con la Warner Bros, “The cold light of the day” con Bruce Willis e “The Pyramid” per la 20th Century Fox. Nel 2015 vince il premio “Marco Aurelio” come produttore emergente presso i Nu Boyana Studios di Sofia e iniziano varie esperienze gestionali come socio di minoranza di alcune società di produzione in Europa e negli Stati Uniti fino alla nascita della Filmedea s.r.l. Sta sviluppando varie pellicole internazionali di cui detiene diritti di opzione per conto di vari produttori americani e con registi di fama internazionale con cui ha lavorato nel corso della sua carriera e sviluppa varie storie tratte da romanzi di successo e pronte ad essere girate avvalendosi di connessioni con professionisti di primo livello. Come copy-righter detiene i diritti anche di serie TV e format web per gli Stati Uniti d’America e l’Europa.

 

LA PRODUZIONE

FILMEDEA S.R.L è una società di produzione e distribuzione indipendente specializzata in prodotti cinematografici e audiovisivi sperimentali. Questa azienda si avvale della collaborazione di professionisti specializzati nel settore e può attivare dei collettivi in grado di soddisfare ogni esigenza del mercato dal video aziendale alla produzione internazionale di film per il cinema e le moderne piattaforme on-line. Negli anni, Filmedea ha collaborato con le più grandi società di produzione come Warner Bros, Summit Entertainment, 20th Century Fox, Legendary Entertainment, Indiana film, Colorado film, American Zoetrope, Arteon e attualmente è legata come esecutivo europeo a due grandi figure dell’industria hollywoodiana come la FR production di Fred Roos e la AtmosphereMM di Mark Canton.

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Cinema

Le Giornate del cinema per la scuola

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Al via le Giornate nazionali del cinema per la scuola: l’inaugurazione con il Sottosegretario Borgonzoni

La senatrice aprirà lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec

Sarà la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ad aprire lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola. Per il secondo anno consecutivo, docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia si riuniranno a Palermo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, trasformati fino al 6 novembre in una grande “Città del cinema per la scuola”. Il programma prenderà avvio alle 15:00 con la cerimonia inaugurale al Cinema De Seta, promossa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.

L’inaugurazione con il vice ministro

La cerimonia sarà aperta dai saluti del sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e vedrà la partecipazione del direttore generale della Direzione Generale per la Comunicazione e le Relazioni Istituzionali del Mim, Giuseppe Pierro, e di Bruno Zambardino, referente per il Piano Nazionale Cinema per la Scuola presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, che illustreranno le novità del Piano Cips. Alle 16:30, avrà luogo la presentazione dei film in uscita destinati al pubblico scolastico, a cura di Circuito Cinema Scuola e delle case di produzione e distribuzione Universal Pictures e Warner Bros, che presenterà il suo ultimo film d’animazione: Buffalo Kids di Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García (Spagna 2024, 93′), uscito nelle sale il 31 ottobre.

Alle 20:30 si terrà l’evento di punta della prima giornata: la presentazione in anteprima nazionale del film Criature (Italia 2024) di Cécile Allegra, tratto dall’omonimo romanzo della stessa autrice e previsto nelle sale dal 5 dicembre. Al Cinema De Seta, lunedì sera, sarà presente la regista Cécile Allegra, accompagnata da un collegamento in diretta con l’attore protagonista Marco D’Amore, noto per il suo ruolo nella serie Gomorra.

Fonte: cinecittanews.it

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Cinema

REAL al Festival dei Popoli

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‘REAL’, al Festival dei Popoli l’anteprima del film di Adele Tulli

Una produzione Pepito Produzioni e FilmAffair con Rai Cinema e Luce Cinecittà in collaborazione con Les Films d’Ici. In sala dal 14 novembre con Luce Cinecittà

Arriva nei cinema dopo l’acclamata prima mondiale all’ultimo Festival di Locarno e il Premio della Giuria al Festival del Film di Villa Medici dedicato al rapporto tra cinema e arti contemporanee, REAL, il nuovo film di Adele Tulli. Real sarà presentato in anteprima al 65. Festival dei Popoli, il più antico appuntamento del cinema documentario d’Europa, domenica 3 novembre alle 19.30 al Cinema La Compagnia di Firenze, alla presenza della regista.

Dopo il successo della sua opera prima Normal (presentato alla Berlinale, vincitore della Menzione Opera Prima ai Nastri d’Argento e acclamato in numerosi festival internazionali), Real sbarca sugli schermi il 14 novembre, distribuito da Luce Cinecittà. Il film è prodotto da Pepito Produzioni e FilmAffair con Rai Cinema e Luce Cinecittà, in collaborazione con Les Films d’Ici. La distribuzione internazionale è affidata a Intramovies.

Adele Tulli scrive e dirige un nuovo viaggio visionario, poetico e inatteso dentro un mondo in cui siamo quotidianamente immersi, talmente abituale da non farci più rendere conto di quanto sia in realtà sconosciuto ed estraniante: il mondo digitale. Una realtà che ha rivoluzionato le vite di tutti e che il documentario esplora con lenti tecnologiche, creative e relazionali. Con uno sguardo inedito e curioso, Real ci porta in un territorio ineffabile, alieno e al contempo familiare.

Scritto e diretto da Adele Tulli, REAL vede la fotografia di Clarissa Cappellani e Francesca Zonars, il montaggio di Ilaria Fraioli e Adele Tulli, le musiche originali di Andrea Koch e la produzione creativa di Laura Romano. È prodotto da Agostino Saccà per Pepito Produzioni, Valeria Adilardi, Luca Ricciardi, Laura Romano e Mauro Vicentini per FilmAffair, in collaborazione con Charlotte Uzu di Les Films d’Ici.

La sinossi di Real

Reale [dal lat. mediev. realis, derivato di res “cosa”] – 1. Che è, che esiste veramente, effettivamente e concretamente. La nostra concezione comune di “realtà” era fatta di oggetti tangibili, di relazioni corporee, di esperienze ed eventi in spazi fisici. Tuttavia, un processo inarrestabile di accelerazione digitale ha trasformato radicalmente il nostro pianeta, le nostre società e noi stessi: i dispositivi digitali non sono più semplici strumenti, ma porte d’accesso a una nuova realtà. I nostri smartphone e computer ci conducono in un universo aumentato in crescita esponenziale, che esperiamo quasi sempre senza contatto fisico. Un mondo digitale dove trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, cercandovi felicità, soddisfazione, rapporti, conoscenza e nuove esperienze. Ma allora, cosa è oggi ‘reale’?

R E A L è un viaggio filmico, visionario e coinvolgente nel mondo disincarnato della rete, un multiverso digitale parallelo in cui ogni cosa esistente è trasformata dalla fisica degli atomi alla logica dei bit. È un documentario creativo che esplora la trasformazione dell’esperienza umana nell’era digitale, facendo luce sui molti aspetti, a tratti perturbanti, della vita iperconnessa: i protagonisti – umani, robotici, virtuali – affrontano relazioni digitali, lavori virtuali, cybersessualità, abitazioni e città futuristiche, automatizzate e sorvegliate. Raccontano una cultura dell’autorappresentazione, di nuove dipendenze e patologie, di alienazione e isolamento, ma anche di identità libere dai confini fisici del corpo.

R E A L adotta uno sguardo sperimentale, utilizzando poeticamente le stesse tecnologie che definiscono il mondo digitale: visori, webcam, smartphone, videocamere di sorveglianza e sguardi meccanici che ci accompagnano in un nuovo modo di vivere la realtà. Senza risposte o giudizi, ma con la curiosità di uno sguardo che esplora un nuovo pianeta, Real ci conduce al di là e al di qua di un confine incerto.

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Cinema

Pupi Avati e il conformismo

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Pupi Avati, o “l’anticonformismo del conformismo”

La presentazione del volume ‘Pupi Avati fuori dal cinema italiano’ al Museo Etrusco di Roma, alla presenza dei fratelli Avati. Steve Della Casa intervista il regista e l’autore del libro, Massimiliano Perrotta

“Il mio libro inizia con una cena a casa di Laura Betti, dove Pupi Avati era appena arrivato da Bologna con due film che erano andati male. E proprio lì, dove c’erano Bellocchio, Bertolucci, Moravia, Pasolini… gli scappò detto ‘io sono democristiano’: la cosa più conformista, che però in quel consesso coincideva col massimo dell’eresia. Su questo paradosso, su questa contraddizione, lui ha costruito la sua carriera e io ho costruito il mio libro”.

Così Massimiliano Perrotta presenta al pubblico il suo Pupi Avati fuori dal cinema italiano in una gremita Sala della Fortuna del Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Una biografia decisamente sui generis, appena uscita con Edizioni Sabinae, che in otto capitoli raccoglie altrettanti articoli già pubblicati dall’autore catanese sull’’Huffington Post’. Accanto a lui il regista, fresco della Laurea ad Honorem in Italianistica appena conferitagli all’Università Roma Tre, mentre in prima fila siede l’inseparabile fratello, Antonio Avati.

A moderare l’incontro è Steve della Casa, critico cinematografico e direttore artistico, storico conduttore radiofonico di ‘Hollywood Party’ nonché regista, autore e Conservatore della Cineteca Nazionale.

L’anticonformismo del conformismo è la chiave di lettura che il libro dà alla carriera di Pupi Avati”, rimarca Della Casa, dopo aver presentato il regista, accolto da un lungo applauso, come ‘il più grande affabulatore che ho conosciuto nella mia carriera’: “una carriera che ha parecchi punti che sorprendono, come dimostra il volume stesso. Ad esempio quando qualche anno fa ho scoperto che gran parte dell’ultimo film di Pasolini, Salò, è stato scritto da Pupi Avati, rispetto ai suoi lavori successivi mi sembrava una cosa eccentrica. Invece poi non lo è affatto. Questo libro è molto interessante e controcorrente, perché è una biografia non esaltatoria del soggetto e non ha un’esigenza di completezza: racconta un preciso punto, la posizione eccentrica di Pupi Avati all’interno della galassia del cinema italiano”.

“Il libro di Massimiliano (Perrotta, ndr) apre con la storia di quella cena, ma non è che io sono arrivato là e ho detto così, dal nulla, ‘sono democristiano’”, precisa ridendo Pupi Avati, che prende la parola confermandosi esattamente nel ruolo in cui è stato presentato e snocciolando anche in questa occasione decine di aneddoti più che divertenti sui suoi 85 anni di vita, di famiglia e di cinema, spesso mimando il racconto la voce con vere e proprie gag.

“Quello era il risultato di una serie di considerazioni di noi che arriviamo a Roma (io e mio fratello Antonio, ndr) con due ‘cadaveri’ di insuccessi, come allora si diceva”, continua il regista. “Anche dietro alla stessa scelta di questo piccolo nome, ‘Pupi’ Avati, c’era una cultura, un mondo, dei genitori, dei nonni, delle zie, la campagna vissuta nel primo dopoguerra… C’erano le favole contadine terrorizzanti che ci raccontavano prima di andare a letto nelle camere scricchiolantissime, come la favola del ‘prete donna’… E poi c’era la chiesa, l’educazione cattolica preconciliare, piena di inferno e di diavolo dappertutto. Ecco, avendo tenuto dentro di me con riconoscenza quell’immaginario che si è andato a formare laggiù, in quel tempo remoto, con una grande nostalgia… Perché allora non c’era niente, a parte i campi… E allora riempivi quel niente con l’immaginazione, col racconto orale, che era fondamentale. Magari alcuni dei miei parenti erano pressoché analfabeti, non avrebbero mai saputo scrivere… ma sapevano raccontare. E saper raccontare – come sapeva fare nostra madre, una narratrice fantastica, che da quando salivamo in macchina da via Saragozza a Bologna fino a Roma non si interrompeva un minuto – era una cosa preziosissima. Questa è l’Italia dalla quale vengo, che non aveva quasi nulla, ma aveva tantissimo, perché ti permetteva di immaginare, che oggi è una cosa quasi proibita”.

Tornando al libro, anche per chi non abbia letto in precedenza i suoi articoli online, lo stile del racconto di Perrotta appare esplicito fin dalle prime pagine e non lesina – ora qua ora là – personalissimi epiteti ai grandi maestri della settima arte, destinati a far discutere. Ma anche nei titoli scelti per dividere il volume: si va da Un democristiano nel salotto – dove si racconta la famosa cena di cui sopra – per poi passare a Il Truffaut dell’Italietta, La poesia democristiana, o Agli antipodi del fighettismo, all’interno del quale, ad esempio, l’autore scrive: “Glamour: ecco una parola che non si addice al cinema di Pupi Avati. Egli si colloca agli antipodi del fighettismo artistico e di quello sociale (…). Mentre il fighettismo idolatra i vincenti, Avati simpatizza per i candidi, per gli insicuri, per gli sfigati”.

“Pupi Avati è fuori dal cinema italiano per una ontologica estraneità agli schemi culturali che nell’ultimo mezzo secolo lo hanno dominato”, scrive ancora Perrotta nel primo capitolo: “non ha fede nella storia, non crede nel progresso, non lotta contro il potere, non gli interessano i temi sociali, non si batte per le nobili cause, non vuole denunciare nulla, non racconta la crisi dell’Occidente, non segue le mode, non ostenta citazioni, non è laico. Per la stessa ragione il cinema italiano ama poco Pupi Avati: lo tratta con condiscendenza, premia raramente i suoi film, fatica a riconoscergli lo status di autore con la a maiuscola. (…). Il cinema di Pupi Avati non va rivalutato o sdoganato: va letto con occhi vergini, con occhi postnovecenteschi, con gli occhi di domani”.

“Il cinema di Pupi è personalissimo, senza quella aggressività che altri autori cercano di imporre sulla materia narrata e sulla realtà con la loro cifra”, continua l’autore del libro in sala. “Anche nei riguardi del film horror, lui lo fa a tutti gli effetti, rispettandone i codici ma poi arricchendone il contesto con il suo sguardo. Anche in Salò, certo, c’è la sua firma, ma discreta: non c’è nulla che lui faccia, anche per la tv, che non rispetti quel che gli viene chiesto, e che però sia al tempo un film di Pupi Avati a tutti gli effetti, con tutte le sue cifre stilistiche, ma sempre con discrezione, con quel senso della misura che secondo me è quello che, se da un lato lo rende amabile, lo ha visto penalizzato da parte della critica. Ma il tempo secondo me dà ragione a lui”.

“L’argomento del film di genere, presente nel libro, è una preoccupazione che Pupi ha a livello di prospettiva”, precisa Steve Della Casa. “È molto attento anche a quello che avviene anche dal punto di vista commerciale nel cinema italiano, e alla sua capacità di trovare un pubblico. Praticare il cinema ‘di genere’ è stata una caratteristica del cinema italiano negli anni del suo massimo splendore. Diceva Giuliano Montaldo che se si potevano fare i film di Bertolucci e Pasolini era perché si facevano quelli di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, che incassavano, pensate, quasi il 10% del totale nel cinema italiano, consentendo agli altri di sperimentare. E poi c’era un’osmosi tra cinema d’autore e di genere, che si confrontavano continuamente. Nell’horror che fa Pupi Avati, ad esempio, gli effetti speciali hanno un ruolo piccolissimo, il suo è un horror di atmosfera: la paura ti arriva da altre cose”.

A chiudere la pubblicazione, un’interessante ‘raccolta nella raccolta’ tratta da libri, riviste e/o quotidiani, intitolata Fior da Fiore, che a partire dal 1970 fino al 2024 riporta i punti di vista delle più note firme del grande schermo nei confronti del cinema di Pupi Avati: Miccichè, Farassino, Bignardi, Bertetto, Caprara (Valerio), Anselmi, Fofi, Morandini, Ferzetti (Fausto), Rondolino, Tornabuoni, Crespi, Sarno, Kezich, Nepoti, Brunetta, Mereghetti, Rondi, Mancuso, Salvagnini, Giusti, Zappoli e Siniscalchi.

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