Cinema
Caravaggio, l’anima e il sangue, con la voce di Agnelli
Una testa mozzata con un’espressione ancora viva di dolore, di terrore. Serpenti in movimento tutt’intorno, come corollario di un moto d’animo che non si placa mai. Lo “Scudo con testa di Medusa”, una delle opere più note di Caravaggio, oggi custodita alla Galleria degli Uffizi a Firenze, è sicuramente uno dei lavori più rappresentativi dell’artista, sia per lo stile, che per la tematica esistenziale rappresentata. Caravaggio l’Anima e il Sangue tratta anche di questo: di dolore, di incessante inquietudine, ma anche di un raro talento e di un giovane straordinario.
Michelangelo Merisi viene raccontato in questo documentario attraverso un duplice aspetto: quello – irresistibile per chi fa cinema – del personaggio tormentato, maledetto e l’altro – qui davvero prezioso – dello studio e osservazione delle opere attraverso riprese in alta risoluzione, che rivelano ogni dettaglio. Lo sguardo del regista si sofferma minuziosamente nell’esplorazione dei dettagli di capolavori più importanti del giovane artista.
Il documentario racconta i diversi passaggi della vita breve e intesa del Merisi. Il viaggio è un tema importante: il Caravaggio, sia per le commissioni da parte dei mecenati, che per scappare da una condanna e l’altra, gira l’Italia, da Milano e Roma, città che lo consacra maestro e pittore di fama grazie a due importanti realizzazioni: la Cappella Contarelli e la Cappella Cerasi. Capolavori in chiese barocche. Poi Napoli, la città più in aderenza con i gusti e lo stile di vita dell’artista: affascinante, caotica, colta, colorata; e poi a Malta, dove viene prima egregiamente accolto e poi arrestato e poi, ancora, a Napoli, suo rifugio.
La vita e le pene del maestro sono qui raccontate per la prima volta in maniera dettagliata grazie a documenti che il team ha scovato negli Archivi storici del nostro paese. Dal certificato di nascita, che lo afferma milanese e non di Caravaggio – come ha sempre sostenuto e per cui ha scelto il suo nome d’arte – presso l’Archivio Storico Diocesano di Milano, fino ai preziosissimi verbali dei processi e le denunce custodite nell’Archivio di Stato di Roma. Caravaggio ci viene dunque narrato in prima persona, dalla voce fuori campo del cantante degli Afterhours, Manuel Agnelli, attraverso una voce personale e non stereotipata, come personale e non stereotipata era la figura dell’artista cinquecentesco, e anche attraverso delle scene “contemporanee” interpretate dall’attore Emanuele Marigliano, che forzano la lettura registica, con immagini superflue e piuttosto barocche. Risulta infatti ridondante, quasi fastidiosa in certi punti, la messa in scena del tormento caravaggesco contemporaneo, che si fa perdonare solo grazie alle immagini e al racconto delle opere.
“Penso non ci sia niente nelle tenebre e che ci sia tutto nella luce. Scelgo la luce”. Così si va a chiudere il documentario su Caravaggio, con una delle frasi tratte dagli scritti autografi dello straordinario artista. Un artista noto per i suoi scuri e le ombre, per l’illuminazione naturale e ben dosata. La luce per Caravaggio era fondamentale, tanto da, come viene ben spiegato nel filmato, ricreare nel suo studio una vera e propria camera oscura, con un raggio luminoso che passava attraverso un foro.
Michelangelo Merisi, alla fine, sceglie la luce: una ricerca di sollievo per uno spirito tormentato, che non si dà pace? La pace la trovava dipingendo. Le inquietudini e le provocazioni dell’animo umano sono tutte riscontrabili infatti nei suoi dipinti: dal “Bacchino Malato” (1593/94) all'”Amor Vincitore” (1602/03); dal “Ragazzo morso da un ramarro” (1595/96) al cruento e veritiero “Giuditta e Oloferne” (1599). Soggetti presi dalla strada, spesso prostitute e uomini umili; bui paurosi; violenza e sangue; grandi vuoti meticolosamente dipinti di chiari e scuri; espressioni di terrore, sofferenza, godimento…. Un mondo denso, di cui la nostra storia non è più riuscita a fare a meno. (Rossella Farinotti- Mymovies)