Editoriali

Gli anziani sulle spalle dei giovani!

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Il titolo è un riferimento al monumento dedicato a Enea in piazza Bandiera a Genova; il mitico eroe porta sulle spalle Anchise e tiene per mano Ascanio in fuga da Troia in fiamme. L’episodio, descritto nel secondo libro dell’Eneide virgiliana, offriva lo spunto per esprimere un significato storico-teologico e celebrativo del committente.

Metaforicamente oggi ogni bambino tiene sulle spalle 17 ultrasessantacinquenni. Ad affermarlo è Salvatore Poloni, condirettore generale del Banco Bpm, presidente del comitato affari sindacali e del lavoro dell’Abi.

Alla domanda di un giornalista di cosa si può fare per favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro ha risposto: ”occorre promuovere una cultura meritocratica e contemporaneamente creare posti di lavoro investendo sui beni perché non sono le leggi che creano lavoro. In Italia abbiamo ben 900 contratti di lavoro collettivi ma non esistono 900 settori, evidentemente ci sono delle sovrapposizioni, dei doppioni”. Viene dunque disatteso l’articolo 36 della Costituzione, “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, per considerare come questo enunciato sia ancor oggi disatteso e il tema dei salari sia cruciale: il concetto di salario minimo non dovrebbe dividere i partiti ed invece diventa ogni giorno terreno di scontro. L’Ue ha varato nie giorni scorsi la direttiva sul salario minimo, ma i paesi saranno liberi di approvare le loro leggi, entro 2 anni. Il dibattito in Italia divide: la Cgil, favorevole, scende in piazza, mentre Confindustria è contraria.

Poloni ha partecipato alla presentazione del libro della giornalista Silvia Sciorilli Borrelli “L’età del cambiamento”. L’autrice ha affermato che “abbiamo un’immagine distorta dei giovani; non è vero che tutti sono dei bamboccioni, sdraiati; molti si impegnano, tanti sono andati all’estero ma non perché il posto fisso sia salvaguardato (la giornalista parla per esperienza) ma è più facile cambiare lavoro e vedere riconosciute le competenze acquisite che non sono acquisite una volta per tutte ma vanno continuamente aggiornate. Il 30% dei giovani non lavorano o lavorano in nero; la tendenza a una diminuzione generale del lavoro sommerso per le donne, determinando una riduzione della quota femminile che dal 40% del 2019 passa al 30% del 2021, e si assiste conseguentemente ad una crescita della quota maschile di lavoro in nero, che va dal 60% del 2019 al 70% nel 2021“.

 

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