In Evidenza
Egitto, addio al medico dei poveri Mohamed El Mashally
E’ morto ieri Mohammed Abdel-Ghafar El Mashaly, il medico dei poveri “Doctor of the poor”; si era laureato in Medicina e Chirurgia nel 1967 con 110 e lode; ha dedicato la sua vita alla cura dei poveri della sua città, in Egitto: Musulmani, Cristiani Copti, li visitava e li curava gratuitamente, nella sua piccola clinica; offriva ai suoi pazienti anche le risorse economiche per l’acquisto dei farmaci e prendeva meno di un dollaro in cambio di prestazioni per i pazienti che stavano bene economicamente.
Dozzine di pazienti si mettevano in fila ogni giorno davanti alla sua umile clinica, il dottor Mohammed lavorava 10 ore al giorno dalle 09.00 alle 19.00 per curare il maggior numero di persone.
Non possedeva nulla, né un cellulare, neppure un auto per gli spostamenti; quando uno dei ricchi signori del Golfo ha sentito parlare della sua storia, gli ha regalato 20 mila dollari, gli ha dato anche un’auto per spostarsi, ma dopo un anno, al suo ritorno in Egitto, l’uomo benestante ha scoperto che Mohammed aveva venduto persino l’auto per aiutare i suoi poveri pazienti, per acquistare materiali, analizzatori. Mohammed El Mashaly disse: “dopo la laurea ho scoperto che mio padre ha sacrificato tutta la sua vita per farmi diventare un medico. Così ho promesso a Dio che non avrei preso un centesimo dai poveri e avrei vissuto una vita al servizio del mio prossimo di qualunque cultura o religione sia”.
Il dott. El Mashaly ha avuto un modo semplice ma straziante di spiegare perché nel 1976 ha dedicato la sua vita a curare i poveri egiziani.
“Un bambino di 10 anni diabetico ha chiesto a sua madre l’insulina, ha ricordato il dottore durante un’intervista televisiva. La madre disse a suo figlio che i suoi fratelli non avrebbero cenato se gli avesse comprato delle medicine, disse El Mashaly. Il ragazzo, intuendo che il suo disturbo era un peso per la sua famiglia, decise di bruciarsi a morte quella notte”. El Mashaly è stato chiamato per salvare la vita del bambino, ma il ragazzo è morto tra le sue braccia.
“Mentre stava morendo, mi ha detto che lo ha fatto in modo che i suoi fratelli potessero mangiare. Quello è stato il giorno in cui ho promesso di impegnare la mia vita nel trattamento dei poveri”.
La morte di El Mashaly ha scatenato una valanga di tributi sui social media, tra cui uno del dott. Ahmed Al Tayeb, il Grand Imam di Al Azhar, il capo della più alta sede dell’apprendimento islamico nell’Egitto musulmano. Il vicepresidente degli Emirati Arabi Uniti e il sovrano di Dubai lo sceicco Mohammed bin Rashid si sono uniti al coro degli omaggi, definendo El Mashaly un “modello per i medici … e un modello per i grandi”.
El Mashaly viveva nella provincia del Delta del Nilo di Gharbiyah, a nord del Cairo. Il dottor Al Tayeb ha affermato che El Mashaly “è un esempio per l’umanità e ha pienamente compreso che non siamo in questo mondo indefinitamente. Quindi, ha scelto di aiutare i pazienti poveri e bisognosi fino all’ultimo giorno della sua vita.”
La morte di El Mashaly è avvenuta in un momento in cui gli egiziani sono pieni di gratitudine per i medici e gli altri membri della professione medica per la loro parte nella lotta contro la pandemia da coronavirus. Più di 100 medici hanno perso la vita da febbraio, perché contagiati dal Coronavirus. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita per salvare vite umane e per aiutare chiunque si trovasse in difficoltà.
Cultura
Picasso, lo straniero, viaggio nelle memorie
“Straniero”, è la condizione di un grande artista, Picasso, che attraverso le sue opere ha saputo plasmare la propria identità. La mostra a Palazzo Reale ne magnifica il percorso umano e artistico che comincia con una luce soffusa e calda, suoni indistinti, ritratti di volti appesi al soffitto e l’immagine di un giovane spagnolo che appare spaesato al suo arrivo a Parigi a inizio secolo.
Annie Cohen-Solal, storica e saggista, curatrice della mostra, conduce il visitatore nelle memorie di un grande artista attraverso l’esposizione di novanta opere, concesse dal Musée national Picasso-Paris di cui Cécile Debray è presidente.
A 50 anni dalla morte
A cinquant’anni dalla scomparsa di Picasso, la curatrice ne racconta la vita da un punto di vista inedito, mettendo in evidenza censure e persecuzioni ma anche influenze e passioni. I molteplici elementi presenti nelle sale contribuiscono ad accrescere, nel visitatore, un senso di smarrimento, si ha la sensazione di diventare subito “stranieri”, ai margini di un’unità spazio-temporale sospesa.
Si respira un malinconico senso di distacco quando ci si immerge nelle lettere della mamma di Picasso, lette e diffuse in sala da altoparlanti, e ancora spiccano le fotografie dell’artista insieme ai suoi amici, i documenti personali di un “anarchico”, i video di una realtà storica che non appartiene alla contemporaneità.
Durante questo percorso che anche sensoriale, il visitatore avverte la sensazione di sentirsi estraneo nella contemplazione di quadri, sculture, disegni e ceramiche di “un uomo che vede la realtà diversamente da come tutti la guardano”, così scrisse di Picasso Gertrude Stein, sua amica personale.
La mostra
La mostra è di grande impatto visivo, i pannelli espositivi sono ben curati, il percorso è intuitivo e conduce il visitatore verso un graduale coinvolgimento conoscitivo ed emotivo.
Il progetto segue la traiettoria artistica e politica di Picasso che si dimostra essere in linea con la città di Milano che “cresce e si afferma come grande polo culturale grazie alla capacità di accogliere chi è straniero”, ha dichiarato a margine dell’inaugurazione il sindaco Giuseppe Sala. È questa infatti la visione di una città che vuole offrire occasioni di espressione e di dialogo tra diverse culture, garantendo una crescita progressiva per l’individuo e la società.
Arianna Scinardo
Cinema
Le Giornate del cinema per la scuola
Al via le Giornate nazionali del cinema per la scuola: l’inaugurazione con il Sottosegretario Borgonzoni
La senatrice aprirà lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec
Sarà la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ad aprire lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola. Per il secondo anno consecutivo, docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia si riuniranno a Palermo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, trasformati fino al 6 novembre in una grande “Città del cinema per la scuola”. Il programma prenderà avvio alle 15:00 con la cerimonia inaugurale al Cinema De Seta, promossa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.
L’inaugurazione con il vice ministro
La cerimonia sarà aperta dai saluti del sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e vedrà la partecipazione del direttore generale della Direzione Generale per la Comunicazione e le Relazioni Istituzionali del Mim, Giuseppe Pierro, e di Bruno Zambardino, referente per il Piano Nazionale Cinema per la Scuola presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, che illustreranno le novità del Piano Cips. Alle 16:30, avrà luogo la presentazione dei film in uscita destinati al pubblico scolastico, a cura di Circuito Cinema Scuola e delle case di produzione e distribuzione Universal Pictures e Warner Bros, che presenterà il suo ultimo film d’animazione: Buffalo Kids di Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García (Spagna 2024, 93′), uscito nelle sale il 31 ottobre.
Alle 20:30 si terrà l’evento di punta della prima giornata: la presentazione in anteprima nazionale del film Criature (Italia 2024) di Cécile Allegra, tratto dall’omonimo romanzo della stessa autrice e previsto nelle sale dal 5 dicembre. Al Cinema De Seta, lunedì sera, sarà presente la regista Cécile Allegra, accompagnata da un collegamento in diretta con l’attore protagonista Marco D’Amore, noto per il suo ruolo nella serie Gomorra.
Fonte: cinecittanews.it
Cinema
“To Gaza’”, il documentario girato a Gaza
‘To Gaza’, il doc in anteprima mondiale al Festival dei Popoli
Il film è stato girato dagli abitanti di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty
Il 3 novembre a Firenze, sarà presentato in anteprima mondiale al Festival dei Popoli, To Gaza, un documentario filmato dagli abitanti stessi di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty. In occasione della presentazione al cinema La Compagnia interverranno la regista Catherine Libert, Riccardo Noury (Amnesty International), Giuseppe Soriani (Medici Senza Frontiere) e in collegamento video di Mahmoud Raja Abu Shammala (tra i protagonisti del film).
“Se la dignità avesse un nome, il suo nome sarebbe Gaza. – si legge nella sinossi ufficiale – Girato da gazawi, questo instant movie racconta il periodo a partire dall’attacco del 7 ottobre 2023 fino ad oggi, documentando il massacro in corso e la resilienza delle persone sfollate. Da Gaza City a Rafah, il film mostra al contempo la distruzione, la sofferenza e la sopravvivenza nei campi profughi. Le poesie di Refaat Alarer, ucciso dalle bombe dell’esercito israeliano il 7 dicembre 2023, accompagnano il racconto della guerra quotidiana e dell’occupazione ai danni della popolazione palestinese. To Gaza è stato concepito da Catherine Libert, Fred Piet e Hana Al Bayaty, che lo hanno scritto e montato utilizzando video ricevuti da persone che stanno vivendo l’assedio”.
“To Gaza è stato montato a partire da immagini di diverse persone di Gaza con cui sono in contatto dal 2023. – dichiara Libert – Ho visionato centinaia di ore delle riprese con cui loro hanno documentato il massacro in corso e ho ricostruito un montaggio basato su dieci sguardi, seguendo l’ordine cronologico. Mentre ricevevo i materiali, riflettevo spesso su come le immagini che troviamo sui social network ogni giorno non siano virtuali: mostrano morti reali. Ci vengono proposte tra una pubblicità e l’altra, tra quelle che un algoritmo sceglie per noi, per alimentare la nostra sete di consumo. Ormai vedere il corpo fatto a pezzi di un bambino palestinese tra due spot di maglioni di lana mohair non ci sorprende più. Rapidamente i social hanno offuscato le immagini di questa guerra, ritenuta troppo violenta, in modo che l’utente potesse continuare a guardare i propri feed senza sentirsi troppo disturbato dalla sofferenza del popolo palestinese. Più che le tragedie in tempo reale, le fosse comuni, le immagini dello sterminio, a colpirmi erano i volti. Ho visto cambiare nel tempo i reporter che per mesi mi hanno inviato foto e video: l’orrore li ha trasformati. Dopo una prima fase in cui vivevano nel terrore, oggi sono più che altro esausti per la stanchezza dovuta all’essere ancora vivi in mezzo a tutta quella morte. Alcuni di loro sono morti. Uomini, donne e bambini hanno rischiato la vita ogni giorno perché queste immagini potessero arrivare a noi. Spesso viene reso loro omaggio sussurrando ‘Mai più’, ma quando il presente bussa alla porta con così tanta violenza, allora bisogna aprire gli occhi. E guardare questo film adesso è davvero il minimo che possiamo fare per tutte le persone a Gaza”.
Fonte: Cinecittànews
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