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Cancellato l’Oktoberfest a causa del Coronavirus

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Il più grande festival della birra del mondo, che si tiene ogni anno a Monaco di Baviera, cancellato a causa del Covid-19.

“Troppi rischi”, secondo le autorità Bavaresi, per l’evento che – tra Settembre ed Ottobre- accoglie nella capitale bavarese milioni di visitatori da tutto il mondo.

L’incubo peggiore, per ogni bevitore di birra bavarese, si è appena materializzato, distruggendo una delle poche certezze della propria esistenza: l’Oktoberfest!

“Come ci si può divertire in una festa in cui le birre sono calde e le donne sono fredde”?(Groucho Marx)

Ancora una volta, il coronavirus ci ha insegnato a non avere più certezze. E così, impossibilitati a mantenere le distanze di sicurezza e rischiando di proporre una edizione azzoppata, il governatore della Baviera Söder ha annunciato la dolorosa decisione di annullare la festa della birra più famosa al mondo.

“I rischi sono troppo alti – secondo Söder – e fino a che non sarà trovato un vaccino, non ha senso scendere a compromessi”. E, per chi avesse visitato questo incredibile evento almeno una volta nella propria vita, non faticherà a comprendere l’impossibilità di garantire il distanziamento sociale ad un evento di tali proporzioni.

Nato nel 1810 per festeggiare le nozze del principe ereditario Ludwig – che nel 1825 salirà al trono come Ludwig I – con la principessa Therese von Sachsen-Hildburghausen ed in seguito diventata la festa popolare più grande del mondo, si tratta dell’evento per eccellenza a Monaco di Baviera. Un appuntamento che, da due secoli, attira milioni di visitatori da tutto il mondo, si ferma per la prima volta dopo la II Guerra Mondiale. Salta quindi la 210ª edizione, portandosi dietro una perdita economica di circa 1 miliardo di di euro.

E quindi, gli unici 6 birrifici bavaresi autorizzati a servire birra nei 14 tendoni che accolgono fino a 10.000 persone ciascuno, dovranno rinunciare a quella che – per un occhio esterno- appare come una isteria collettiva. Ma che, per chi vive il Wies’n (così viene chiamato in bavarese l’ Oktoberfest) rappresenta molto altro.

“Uno dei più famosi lottatori di wrestling della storia, André the Giant, definito l’Ottava meraviglia del mondo per la sua incredibile stazza, riusciva a bere oltre 120 lattine di birra in sei ore“.

Gli oltre 6 milioni di turisti, che affollano per 2 settimane il Theresienwiese (“prato di Teresa”), affascinati dai milioni di litri di birra alla spina, dalle centinaia di migliaia di polli allo spiedo e salsicce serviti da sorridenti cameriere funambole, in grado di trasportare decine di boccali alla volta, colgono solo l’aspetto folkloristico del grande evento. Un evento che, per i bavaresi, affonda le radici nella tradizione e nel senso di appartenenza. Basta guardare l’attenzione per gli appariscenti costumi tradizionali bavaresi, Lederhosen (pantaloni in cuoio) e Dirndl (abito con grembiule), che uomini e donne portano con disinvoltura e grande vanto.

Una cancellazione dolorosa, ma necessaria, vista l’impossibilità di potere programmare in tempo utile e in massima sicurezza, un evento collettivo di tali dimensioni. Un evento che, anche con grande fantasia, si fatica ad immaginare rimodulato in futuro, sulle rigide normative relative al distanziamento sociale e alla continua sanificazione.

Appuntamento, quindi, al 2021 per tornare ad intonare insieme l’inno ufficiale, “Ein Prosit der Gemütlichkeit”

 

Auf Wiedersehen! 

Cultura

Picasso, lo straniero, viaggio nelle memorie

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“Straniero”, è la condizione di un grande artista, Picasso, che attraverso le sue opere ha saputo plasmare la propria identità. La mostra a Palazzo Reale ne magnifica il percorso umano e artistico che comincia con una luce soffusa e calda, suoni indistinti, ritratti di volti appesi al soffitto e l’immagine di un giovane spagnolo che appare spaesato al suo arrivo a Parigi a inizio secolo.

Annie Cohen-Solal, storica e saggista, curatrice della mostra, conduce il visitatore nelle memorie di un grande artista attraverso l’esposizione di novanta opere, concesse dal Musée national Picasso-Paris di cui Cécile Debray è presidente.

A 50 anni dalla morte

A cinquant’anni dalla scomparsa di Picasso, la curatrice ne racconta la vita da un punto di vista inedito, mettendo in evidenza censure e persecuzioni ma anche influenze e passioni.  I molteplici elementi presenti nelle sale contribuiscono ad accrescere, nel visitatore, un senso di smarrimento, si ha la sensazione di diventare subito “stranieri”, ai margini di un’unità spazio-temporale sospesa.

Si respira un malinconico senso di distacco quando ci si immerge nelle lettere della mamma di Picasso, lette e diffuse in sala da altoparlanti, e ancora spiccano le fotografie dell’artista insieme ai suoi amici, i documenti personali di un “anarchico”, i video di una realtà storica che non appartiene alla contemporaneità.

Durante questo percorso che anche sensoriale, il visitatore avverte la sensazione di sentirsi estraneo nella contemplazione di quadri, sculture, disegni e ceramiche di “un uomo che vede la realtà diversamente da come tutti la guardano”, così scrisse di Picasso Gertrude Stein, sua amica personale.

La mostra

La mostra è di grande impatto visivo, i pannelli espositivi sono ben curati, il percorso è intuitivo e conduce il visitatore verso un graduale coinvolgimento conoscitivo ed emotivo.

Il progetto segue la traiettoria artistica e politica di Picasso che si dimostra essere in linea con la città di Milano che “cresce e si afferma come grande polo culturale grazie alla capacità di accogliere chi è straniero”, ha dichiarato a margine dell’inaugurazione il sindaco Giuseppe Sala. È questa infatti la visione di una città che vuole offrire occasioni di espressione e di dialogo tra diverse culture, garantendo una crescita progressiva per l’individuo e la società.

Arianna Scinardo

 

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Cinema

Le Giornate del cinema per la scuola

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Al via le Giornate nazionali del cinema per la scuola: l’inaugurazione con il Sottosegretario Borgonzoni

La senatrice aprirà lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec

Sarà la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ad aprire lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola. Per il secondo anno consecutivo, docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia si riuniranno a Palermo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, trasformati fino al 6 novembre in una grande “Città del cinema per la scuola”. Il programma prenderà avvio alle 15:00 con la cerimonia inaugurale al Cinema De Seta, promossa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.

L’inaugurazione con il vice ministro

La cerimonia sarà aperta dai saluti del sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e vedrà la partecipazione del direttore generale della Direzione Generale per la Comunicazione e le Relazioni Istituzionali del Mim, Giuseppe Pierro, e di Bruno Zambardino, referente per il Piano Nazionale Cinema per la Scuola presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, che illustreranno le novità del Piano Cips. Alle 16:30, avrà luogo la presentazione dei film in uscita destinati al pubblico scolastico, a cura di Circuito Cinema Scuola e delle case di produzione e distribuzione Universal Pictures e Warner Bros, che presenterà il suo ultimo film d’animazione: Buffalo Kids di Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García (Spagna 2024, 93′), uscito nelle sale il 31 ottobre.

Alle 20:30 si terrà l’evento di punta della prima giornata: la presentazione in anteprima nazionale del film Criature (Italia 2024) di Cécile Allegra, tratto dall’omonimo romanzo della stessa autrice e previsto nelle sale dal 5 dicembre. Al Cinema De Seta, lunedì sera, sarà presente la regista Cécile Allegra, accompagnata da un collegamento in diretta con l’attore protagonista Marco D’Amore, noto per il suo ruolo nella serie Gomorra.

Fonte: cinecittanews.it

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Cinema

“To Gaza’”, il documentario girato a Gaza

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‘To Gaza’, il doc in anteprima mondiale al Festival dei Popoli

Il film è stato girato dagli abitanti di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty

Il 3 novembre a Firenze, sarà presentato in anteprima mondiale al Festival dei Popoli, To Gaza, un documentario filmato dagli abitanti stessi di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty. In occasione della presentazione al cinema La Compagnia interverranno la regista Catherine Libert, Riccardo Noury (Amnesty International), Giuseppe Soriani (Medici Senza Frontiere) e in collegamento video di Mahmoud Raja Abu Shammala (tra i protagonisti del film).

“Se la dignità avesse un nome, il suo nome sarebbe Gaza. – si legge nella sinossi ufficiale – Girato da gazawi, questo instant movie racconta il periodo a partire dall’attacco del 7 ottobre 2023 fino ad oggi, documentando il massacro in corso e la resilienza delle persone sfollate. Da Gaza City a Rafah, il film mostra al contempo la distruzione, la sofferenza e la sopravvivenza nei campi profughi. Le poesie di Refaat Alarer, ucciso dalle bombe dell’esercito israeliano il 7 dicembre 2023, accompagnano il racconto della guerra quotidiana e dell’occupazione ai danni della popolazione palestinese. To Gaza è stato concepito da Catherine Libert, Fred Piet e Hana Al Bayaty, che lo hanno scritto e montato utilizzando video ricevuti da persone che stanno vivendo l’assedio”.

“To Gaza è stato montato a partire da immagini di diverse persone di Gaza con cui sono in contatto dal 2023. – dichiara Libert – Ho visionato centinaia di ore delle riprese con cui loro hanno documentato il massacro in corso e ho ricostruito un montaggio basato su dieci sguardi, seguendo l’ordine cronologico. Mentre ricevevo i materiali, riflettevo spesso su come le immagini che troviamo sui social network ogni giorno non siano virtuali: mostrano morti reali. Ci vengono proposte tra una pubblicità e l’altra, tra quelle che un algoritmo sceglie per noi, per alimentare la nostra sete di consumo. Ormai vedere il corpo fatto a pezzi di un bambino palestinese tra due spot di maglioni di lana mohair non ci sorprende più. Rapidamente i social hanno offuscato le immagini di questa guerra, ritenuta troppo violenta, in modo che l’utente potesse continuare a guardare i propri feed senza sentirsi troppo disturbato dalla sofferenza del popolo palestinese. Più che le tragedie in tempo reale, le fosse comuni, le immagini dello sterminio, a colpirmi erano i volti. Ho visto cambiare nel tempo i reporter che per mesi mi hanno inviato foto e video: l’orrore li ha trasformati. Dopo una prima fase in cui vivevano nel terrore, oggi sono più che altro esausti per la stanchezza dovuta all’essere ancora vivi in mezzo a tutta quella morte. Alcuni di loro sono morti. Uomini, donne e bambini hanno rischiato la vita ogni giorno perché queste immagini potessero arrivare a noi. Spesso viene reso loro omaggio sussurrando ‘Mai più’, ma quando il presente bussa alla porta con così tanta violenza, allora bisogna aprire gli occhi. E guardare questo film adesso è davvero il minimo che possiamo fare per tutte le persone a Gaza”.

Fonte: Cinecittànews

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