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Milano: Ospedale Fiera, il miracolo mai servito

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Mentre in alcune regioni d’Italia ci si affanna per trovare una mascherina chirurgica (che ci permette di proteggere il nostro prossimo, ma non noi stessi dal contagio), ci si inventa chimici per creare soluzioni idroalcoliche (gel igienizzanti) per il lavaggio delle mani, si istituiscono raccolte fondi, le più disperate, per garantire ai malati le migliori cure possibili, per acquistare ventilatori, per acquistare DPI, per acquistare tutto ciò che serve affinché si è in grado di curare tutti, e non dover così scegliere tra i più giovani e i più anziani, in Lombardia, a Milano per la precisione, in uno spazio di 20mila metri quadrati dei padiglioni 1 e 2 del Portello a Fieramilanocity, è stato realizzato un nuovo ospedale da 400 posti di terapia intensiva voluto dal presidente Attilio Fontana e dall’assessore al welfare Giulio Gallera.

Era il 31 marzo 2020, quando al tavolo allestito per l’occasione vi erano seduti il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, il presidente della Fondazione Fiera, Enrico Pazzali, il direttore generale del Policlinico di Milano, Pino Belleri e Gerardo Del Borgo, Presidente Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Di fronte a loro vi erano il Vicepresidente del Pirellone, Fabrizio Sala, gli Assessori regionali al Welfare, Giulio Gallera, e al Lavoro, Melania Rizzoli. L’unico assente è Guido Bertolaso, che in quei giorni è in ospedale.

Le parole che riecheggiano dai microfoni raccontano di un miracolo. “Stiamo facendo la storia”, dice Attilio Fontana. “È il più grande reparto di terapia intensiva d’Italia”, afferma Belleri, che gestirà la struttura. È “un risultato inimmaginabile con uno sforzo enorme, siamo fieri”, ribadisce. E’ il turno di Guido Bertolaso, con un messaggio: “Sono fiero di essere italiano”.

14 aprile 2020: l’Assessore al Welfare Regione Lombardia, Giulio Gallera: “L’ospedale fortunatamente non è servito – dice – a ricoverare centinaia e centinaia di persone in terapia intensiva. E di questo – sottolinea – siamo contenti perché vuol dire che oggi c’è un bisogno sanitario inferiore”. L’ospedale di cui parla l’assessore al welfare Giulio Gallera, che a detta di molti giornalisti e presentatori di talk show è uno dei pochi che ha il coraggio di metterci la faccia in una situazione così drammatica, è lo stesso per il quale sono stati spesi 21 milioni di euro e che solo 14 giorni prima era considerata l’arma attraverso cui la Lombardia sarebbe uscita dal dramma Covid19.

Non voglio certo dire con questo che sono dispiaciuto che l’ospedale non sia servito; è indubbio che sono felice che la pressione sugli ospedali si sia abbassata, che il contagio stia diminuendo e che il numero dei guariti stia aumentando. Ma mi chiedo: avremmo potuto destinare meglio i 21 milioni di euro investiti nella realizzazione di un “miracolo” che non sta servendo? Avremmo potuto spalmarli meglio sul territorio nazionale, avremmo potuto con questi soldi supportare meglio i tanti presidi delle regioni del sud che sono stati impegnati nell’emergenza covid?

Un costo enorme

L’ospedale in Fiera non è servito a ricoverare centinaia di persone, ma è costato 21 milioni di euro
Un “miracolo lombardo” lo avevano definito che, però, ahimè non è servito.
Da quel 31 marzo di posti letto in Fiera ne sono stati allestiti 53 – il primo progetto prometteva 400 posti – e ne sono stati occupati soltanto dieci, tutti con pazienti arrivati da altri presidi. Al momento, dunque, per ogni persona ospedalizzata sono stati spesi 2 milioni, 115mila e 300 euro.

Che il “miracolo Fiera” era tutto tranne che un miracolo lo aveva lasciato intendere benissimo il 6 aprile scorso Giuseppe Bruschi: non un giornalista, un economista o un avversario di partito, ma un dottore che da quasi venti anni è dirigente medico di primo livello nel reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale Niguarda. “Che dispiacere. Sono medico, sono lombardo, oggi però con l’inaugurazione dello pseudo ‘ospedale’ in fiera mi sento triste, una terapia intensiva non può vivere separata da tutto il resto dell’ospedale. Una terapia intensiva funziona solo se integrata con tutte le altre strutture complesse che costituiscono la fitta ragnatela di un Ospedale perché i pazienti ricoverati in terapia intensiva necessitano della continua valutazione integrata di diverse figure professionali”.

Un esempio insomma di come il nostro paese spende male i soldi; il problema è sempre lo stesso: lo spreco di denaro in opere inutili, il ritardo nella consegna delle opere utili, la mancata riprogrammazione, la mancata ripartizione delle risorse, un’Italia che sembra sempre più frazionata, sempre meno unita.

Sempre meno comunità, sempre meno intelligente.

Cinema

“La Notte” di Michelangelo Antonioni

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 “La Notte” di Michelangelo Antonioni a Venezia 81

Nell’ambito della 81esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale presenterà in anteprima mondiale nella sezione Venezia Classici la versione restaurata de La notte (1961) di Michelangelo Antonioni con Marcello Mastroianni, Jeanne Moreau e Monica Vitti. La proiezione ufficiale sarà il 30 agosto, alle 14.15 nella sala Corinto, per pubblico e accreditati.

“L’avventura, è uno dei film della mia vita. All’epoca ne rimasi folgorato – ha scritto per il dossier del Centro Sperimentale Gianni Amelio – Se il motore de L’avventura è anche narrativo, in La notte è tutto chiuso nella tensione del non-racconto, nell’espressività assoluta dell’immagine nuda. Le parole, come nell’ultima sequenza, si rovesciano su loro stesse”.

“Lidia e Valentina, le protagoniste del magnifico La notte, si stagliano tra architetture urbane e paesaggi reali a dimostrare già visivamente la loro potente presenza”, scrive nel dossier Angela Prudenzi. “Tra due donne lontane e un uomo assente il film indaga i sentimenti di una coppia al capolinea e svela la tentazione di un tradimento che, all’alba, in uno squarcio di lucidità, confermerà la verità di quel matrimonio finito”, secondo Laura Delli Colli.

Antonioni è stato il regista che più di altri, nella cultura italiana del dopoguerra, è diventato la stella polare del cinema d’autore internazionale: non a caso da Wenders a Wong Kar Wai, spesso i registi capaci di inventare e possedere uno stile, lo hanno considerato un punto di riferimento cruciale. La sua passione per la forma delle immagini, il suo occhio pieno di stupore, curiosità e attenzione nei confronti delle donne, la sua capacità di ritagliare angoli del nostro mondo contemporaneo e mostrarcelo sul grande schermo come se fosse un pianeta enigmatico, inesauribile, minaccioso e affascinante, hanno dato vita ad una avventura unica fatta di film come esperienze mentali e sensoriali.

Il restauro, curato da Sergio Bruno, lungo e impegnativo, consente di riscoprire il cinema di un maestro ma anche l’arte del direttore della fotografia, Gianni Di Venanzo, tra i più importanti del cinema italiano contemporaneo, che in La notte dota le inquadrature di un bianco e nero grafico e spettrale, di carbone e metallo, come nella celebre “alba livida” del finale, dove al cielo abbacinante si oppone la luminescenza irreale dei prati.

Il Centro Sperimentale ha realizzato per il restauro del film un dossier con le testimonianze, tra le altre, di Enrica Fico Antonioni, Andrea Guerra, Beppe Lanci, Maria Pia Luzi, e un’ ampia provvista di materiali critici e di documentazione con la collaborazione di  Gianni Amelio, Franco Bernini, Sergio Bruno, Laura Delli Colli, Luca Pallanch, Fabio Melelli, Angela Prudenzi, Silvia Tarquini.

 

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Cinema

Cinema, a Sciacca la Rassegna su Germi

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Con la proiezione nell’Arena Giardino della Multisala Badia Grande de “Il cammino della speranza” film girato a Favara nel 1950 e che tratta il tema drammatico dell’emigrazione, si è conclusa ieri sera la rassegna organizzata da Sino Caracappa e patrocinata dal comune di Sciacca dedicata alla figura di Pietro Germi, nel cinquantesimo anniversario dalla sua morte. La serata è stata introdotta dalla interessante presentazione del libro dal titolo “Pietro Germi il Siciliano”, del 2014, scritto dal catanese Sebastiano Gesù, critico cinematografico e storico del cinema italiano morto nel 2018. Un libro che oltre alla presentazione del regista Pasquale Scimeca contiene anche una prefazione firmata da Sino Caracappa. A parlarne sono stati Ivan Scinardo, direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, e il cineasta Carmelo Franco, di professione avvocato. Ad intervistare i due ospiti è stato Raimondo Moncada. La serata ha poi visto anche la proiezione dei fuori scena di Sedotta e abbandonata di Vincenzo Raso. Alla Rassegna Pietro Germi ci sarà un’appendice programmata per il 28 settembre, con un convegno dal titolo “Il cinema di Pietro Germi e la Sicilia”, su cui abbiamo chiesto un’anticipazione a Sino Cacarappa.

 

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Cinema

Luce Cinecittà a Locarno 77 con due titoli

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Luce Cinecittà è alla 77ma edizione del Locarno Film Festival (7-17 agosto) con due titoli di giovani registe italiane. Nel Concorso Internazionale Sulla terra leggeri, esordio al lungometraggio di Sara Fgaier, già autrice del corto Gli anni , presentato al Festival di Venezia 2018 (Orizzonti) e vincitore sia dell’EFA come miglior cortometraggio europeo che il Nastro d’argento. Come montatrice e produttrice Sara Fgaier ha realizzato diversi film, tra cui La bocca del lupo (2009) e Bella e Perduta (2015) di Pietro Marcello.

Cosa accade se non ricordiamo più l’amore della nostra vita? È la domanda al centro del racconto della regista spezzina. Il protagonista, Gian, lotta contro l’oscurità di un’improvvisa amnesia. Miriam, la figlia che non riconosce, gli consegna un diario, scritto a vent’anni, che ruota tutto intorno a Leila, la ragazza con cui ha scoperto l’amore nell’arco di una notte. Solo cercandola potrà ritrovare se stesso. Nel cast Andrea RenziSara SerraioccoEmilio ScarpaLise LomiMaria Fernanda CândidoStefano Rossi GiordaniAmira Chebli ed Elyas Turki.  

Sulla terra leggeri è prodotto da Limen, Avventurosa e Dugong films con Rai Cinema. La Vendita Internazionale è curata da Rai Cinema International Distribution, mentre la Distribuzione Italiana è di Luce Cinecittà. Il progetto è stato sviluppato dal TorinoFilmLab e finanziato con il TFL Production Award per € 40.000.

Sulla terra leggeri

In Concorso nella sezione Cineasti del Presente Real, il nuovo lungometraggio di Adele Tulli che torna alla regia dopo la rivelazione della sua opera prima Normal, anche questa coprodotta e distribuita da Luce Cinecittà, presentata in anteprima alla Berlinale e vincitrice della Menzione opera prima ai Nastri d’Argento.

Un nuovo viaggio poetico e inatteso dentro un mondo in cui siamo quotidianamente immersi, divenuto talmente abituale da non farci rendere conto quanto sia sconosciuto ed estraniante: il mondo digitale. Una realtà che ha rivoluzionato le vite di noi tutti, e che il documentario indaga con le stesse lenti tecnologiche, creative e relazionali con cui è strutturata. Una mappa documentata e senza preconcetti che ci mostra con sguardo inedito e curioso un territorio ineffabile, alieno e insieme familiare.

Real è un viaggio filmico, visionario e coinvolgente, dentro al mondo disincarnato della rete, un multiverso digitale parallelo dove ogni cosa esistente è trasformata dalla fisica dell’ossigeno e del carbonio alla logica dei bit. Un documentario creativo che esplora la trasformazione dell’esperienza umana nell’era digitale, facendo luce sui molti aspetti, a tratti perturbanti, del vivere digitalizzato e iperconnesso: i protagonisti – umani, robotici, virtuali – sono alle prese con relazioni virtuali, lavori digitali, cybersessualità, case e città del futuro, automatizzate e sorvegliate. Raccontano di cultura dell’autorappresentazione, di nuove dipendenze e patologie, di alienazione e isolamento ma anche di identità libere dai confini fisici del corpo.

Real ha uno sguardo inedito e sperimentale, utilizzando poeticamente le stesse lenti di accesso ai nuovi territori digitali: visori, webcam, smartphone, camere di sorveglianza, sguardi meccanici e virtuali che raccontano di un nuovo modo di fare esperienza del reale. Senza risposte o giudizi, ma con la curiosità e la freschezza di un occhio atterrato su un nuovo pianeta, R E A L ci porta su una soglia, al di là e al di qua di un confine incerto. Con un approccio algoritmico e visivamente inedito, un documentario che è un viaggio immersivo nella nostra fantascientifica realtà di tutti i giorni: come ci si sente a essere umani nell’era digitale.

Prodotto da Pepito Produzioni e FilmAffair con Rai Cinema e Luce Cinecittà, in collaborazione con Les Films d’Ici il film sarà distribuito nei cinema da Luce Cinecittà. La distribuzione internazionale è curata da Intramovies. Scritto e diretto da Adele Tulli, Real vede la fotografia di Clarissa Cappellani e Francesca Zonars, il montaggio di Ilaria Fraioli, Adele Tulli, le musiche originali di Andrea Koch, la produzione creativa di Laura Romano. È prodotto da Agostino Saccà per Pepito Produzioni, Valeria Adilardi, Luca Ricciardi, Laura Romano, Mauro Vicentini per FilmAffair in collaborazione con Charlotte Uzu di Les Films d’Ici.

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