In Evidenza
Superba e intensa “La Tempesta di Roberto Andò
Il palcoscenico è una grande piscina, con l’acqua che arriva alle caviglie degli attori, tutti costretti a recitare con gli stivali; sono gli effetti del nubifragio che si è abbattuto su un’isola immaginaria. E’ una rilettura inedita, quella che fa il regista palermitano Roberto Andò, quattro secoli dopo, della penultima opera di Shakespeare, “La Tempesta”, al suo debutto, ieri sera, al teatro Biondo di Palermo. Se ci aveva già stupiti con il film, uscito qualche mese fa, “Una storia senza nome”, Andò questa volta è andato al di là delle aspettative. Un coraggio enorme nel rivisitare quest’opera del drammaturgo inglese scritta nel 1611; per chi ha letto il libro, possibilmente in inglese, riesce a cogliere tante sfumature presenti in scena grazie agli artefizi drammaturgici di una scrittura complessa, tradotta da Nadia Fusini, che ha saputo interpretare bene il pensiero dell’autore. Andò ha sempre voluto portarla in scena quest’opera e lui stesso ammette di avere iniziato a pensarci nel 2000 quando stava scrivendo la sceneggiatura del film drammatico: “Il manoscritto del principe”, in cui racconta gli ultimi quattro anni di vita del padre di quel capolavoro che è Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Renato Carpentieri, che avevamo molto apprezzato nel film: “La tenerezza” di Gianni Amelio, che gli valse il David di Donatello come migliore attore protagonista, è un gigante in questa rappresentazione teatrale. Tutto ruota attorno al suo personaggio, Prospero, sovrano incontrastato dell’isola immaginaria su cui diversi personaggi approderanno, naufraghi scaraventati da una maestosa tempesta. I movimenti delle scenografie, dirette da Gianni Carluccio, sono lenti come a volere scandire un tempo per pensare e riflettere sugli effetti della catastrofe. Con la magia e l’aiuto del fido Ariel, il bravissimo Filippo Luna, Prospero farà vivere strane avventure e peripezie agli attori che si susseguono nell’evolversi della storia. La prima parte, dominata dal dialogo tra padre e figlia, vede sulla scena Miranda, interpretata da una matura Giulia Andò, che di strada ne ha fatta, sicura di sé, si muove sinuosa fra spruzzi d’acqua. La sua è anche una bella storia d’amore che aleggia nell’aria con Ferdinando, il “sempre” giovane Paolo Briguglia. Dopo quasi venti minuti di intensi dialoghi sotto un lenzuolo immobile, stipato in un letto d’ospedale, avvinghiato da una camicia di forza, ecco che esplode Calibano, Vincenzo Pirrotta, che deve fare i conti, ancora una volta, con uno sforzo fisico immane, interpretando un personaggio rozzo e mefitico, ma con punte di ingenuità disarmanti. Superba la sua interpretazione. Il bizzarro trio Gonzalo, Trinculo e Stefano, alias Fabrizio Falco, Paride Benassai e Gaetano Bruno, diverte il pubblico come a spezzare la complessa drammaturgia shakspiriana. Bravo al regista per avere permesso all’istrione Benassai di sfoggiare la sua galleria inconfondibile di frasi palermitane, tutte rigorosamente in dialetto. In questa “Tempesta” ci sono tutti gli elementi della vita moderna che ci fanno riflettere da sempre, personaggi che promettono voti d’obbedienza e cospirazioni. Il finale è davvero un capolavoro, con le atmosfere musicali di Franco Piersanti, Prospero sveste la tunica di mago e, raccontando il senso della vita, si mette in giacca e cravatta, si accende una sigaretta e si va a posizionare all’angolo della scena. Quando avrà finito di fumare si spegnerà la luce fioca di una lampada da tavolo e scenderà un “sipario – tenda” che rievoca la pioggia.
Cultura
Picasso, lo straniero, viaggio nelle memorie
“Straniero”, è la condizione di un grande artista, Picasso, che attraverso le sue opere ha saputo plasmare la propria identità. La mostra a Palazzo Reale ne magnifica il percorso umano e artistico che comincia con una luce soffusa e calda, suoni indistinti, ritratti di volti appesi al soffitto e l’immagine di un giovane spagnolo che appare spaesato al suo arrivo a Parigi a inizio secolo.
Annie Cohen-Solal, storica e saggista, curatrice della mostra, conduce il visitatore nelle memorie di un grande artista attraverso l’esposizione di novanta opere, concesse dal Musée national Picasso-Paris di cui Cécile Debray è presidente.
A 50 anni dalla morte
A cinquant’anni dalla scomparsa di Picasso, la curatrice ne racconta la vita da un punto di vista inedito, mettendo in evidenza censure e persecuzioni ma anche influenze e passioni. I molteplici elementi presenti nelle sale contribuiscono ad accrescere, nel visitatore, un senso di smarrimento, si ha la sensazione di diventare subito “stranieri”, ai margini di un’unità spazio-temporale sospesa.
Si respira un malinconico senso di distacco quando ci si immerge nelle lettere della mamma di Picasso, lette e diffuse in sala da altoparlanti, e ancora spiccano le fotografie dell’artista insieme ai suoi amici, i documenti personali di un “anarchico”, i video di una realtà storica che non appartiene alla contemporaneità.
Durante questo percorso che anche sensoriale, il visitatore avverte la sensazione di sentirsi estraneo nella contemplazione di quadri, sculture, disegni e ceramiche di “un uomo che vede la realtà diversamente da come tutti la guardano”, così scrisse di Picasso Gertrude Stein, sua amica personale.
La mostra
La mostra è di grande impatto visivo, i pannelli espositivi sono ben curati, il percorso è intuitivo e conduce il visitatore verso un graduale coinvolgimento conoscitivo ed emotivo.
Il progetto segue la traiettoria artistica e politica di Picasso che si dimostra essere in linea con la città di Milano che “cresce e si afferma come grande polo culturale grazie alla capacità di accogliere chi è straniero”, ha dichiarato a margine dell’inaugurazione il sindaco Giuseppe Sala. È questa infatti la visione di una città che vuole offrire occasioni di espressione e di dialogo tra diverse culture, garantendo una crescita progressiva per l’individuo e la società.
Arianna Scinardo
Cinema
Le Giornate del cinema per la scuola
Al via le Giornate nazionali del cinema per la scuola: l’inaugurazione con il Sottosegretario Borgonzoni
La senatrice aprirà lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec
Sarà la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, ad aprire lunedì 4 novembre le Giornate nazionali del cinema per la scuola 2024, promosse dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura in collaborazione con Anec (Associazione Nazionale Esercenti Cinematografici), nell’ambito del Piano nazionale cinema e immagini per la scuola. Per il secondo anno consecutivo, docenti e dirigenti scolastici di tutta Italia si riuniranno a Palermo, presso i Cantieri Culturali alla Zisa, trasformati fino al 6 novembre in una grande “Città del cinema per la scuola”. Il programma prenderà avvio alle 15:00 con la cerimonia inaugurale al Cinema De Seta, promossa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.
L’inaugurazione con il vice ministro
La cerimonia sarà aperta dai saluti del sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni, e vedrà la partecipazione del direttore generale della Direzione Generale per la Comunicazione e le Relazioni Istituzionali del Mim, Giuseppe Pierro, e di Bruno Zambardino, referente per il Piano Nazionale Cinema per la Scuola presso la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Mic, che illustreranno le novità del Piano Cips. Alle 16:30, avrà luogo la presentazione dei film in uscita destinati al pubblico scolastico, a cura di Circuito Cinema Scuola e delle case di produzione e distribuzione Universal Pictures e Warner Bros, che presenterà il suo ultimo film d’animazione: Buffalo Kids di Juan Jesús García Galocha e Pedro Solís García (Spagna 2024, 93′), uscito nelle sale il 31 ottobre.
Alle 20:30 si terrà l’evento di punta della prima giornata: la presentazione in anteprima nazionale del film Criature (Italia 2024) di Cécile Allegra, tratto dall’omonimo romanzo della stessa autrice e previsto nelle sale dal 5 dicembre. Al Cinema De Seta, lunedì sera, sarà presente la regista Cécile Allegra, accompagnata da un collegamento in diretta con l’attore protagonista Marco D’Amore, noto per il suo ruolo nella serie Gomorra.
Fonte: cinecittanews.it
Cinema
“To Gaza’”, il documentario girato a Gaza
‘To Gaza’, il doc in anteprima mondiale al Festival dei Popoli
Il film è stato girato dagli abitanti di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty
Il 3 novembre a Firenze, sarà presentato in anteprima mondiale al Festival dei Popoli, To Gaza, un documentario filmato dagli abitanti stessi di Gaza, montato, scritto e concepito da Catherine Libert, Fred Piet, Hana Al Bayaty. In occasione della presentazione al cinema La Compagnia interverranno la regista Catherine Libert, Riccardo Noury (Amnesty International), Giuseppe Soriani (Medici Senza Frontiere) e in collegamento video di Mahmoud Raja Abu Shammala (tra i protagonisti del film).
“Se la dignità avesse un nome, il suo nome sarebbe Gaza. – si legge nella sinossi ufficiale – Girato da gazawi, questo instant movie racconta il periodo a partire dall’attacco del 7 ottobre 2023 fino ad oggi, documentando il massacro in corso e la resilienza delle persone sfollate. Da Gaza City a Rafah, il film mostra al contempo la distruzione, la sofferenza e la sopravvivenza nei campi profughi. Le poesie di Refaat Alarer, ucciso dalle bombe dell’esercito israeliano il 7 dicembre 2023, accompagnano il racconto della guerra quotidiana e dell’occupazione ai danni della popolazione palestinese. To Gaza è stato concepito da Catherine Libert, Fred Piet e Hana Al Bayaty, che lo hanno scritto e montato utilizzando video ricevuti da persone che stanno vivendo l’assedio”.
“To Gaza è stato montato a partire da immagini di diverse persone di Gaza con cui sono in contatto dal 2023. – dichiara Libert – Ho visionato centinaia di ore delle riprese con cui loro hanno documentato il massacro in corso e ho ricostruito un montaggio basato su dieci sguardi, seguendo l’ordine cronologico. Mentre ricevevo i materiali, riflettevo spesso su come le immagini che troviamo sui social network ogni giorno non siano virtuali: mostrano morti reali. Ci vengono proposte tra una pubblicità e l’altra, tra quelle che un algoritmo sceglie per noi, per alimentare la nostra sete di consumo. Ormai vedere il corpo fatto a pezzi di un bambino palestinese tra due spot di maglioni di lana mohair non ci sorprende più. Rapidamente i social hanno offuscato le immagini di questa guerra, ritenuta troppo violenta, in modo che l’utente potesse continuare a guardare i propri feed senza sentirsi troppo disturbato dalla sofferenza del popolo palestinese. Più che le tragedie in tempo reale, le fosse comuni, le immagini dello sterminio, a colpirmi erano i volti. Ho visto cambiare nel tempo i reporter che per mesi mi hanno inviato foto e video: l’orrore li ha trasformati. Dopo una prima fase in cui vivevano nel terrore, oggi sono più che altro esausti per la stanchezza dovuta all’essere ancora vivi in mezzo a tutta quella morte. Alcuni di loro sono morti. Uomini, donne e bambini hanno rischiato la vita ogni giorno perché queste immagini potessero arrivare a noi. Spesso viene reso loro omaggio sussurrando ‘Mai più’, ma quando il presente bussa alla porta con così tanta violenza, allora bisogna aprire gli occhi. E guardare questo film adesso è davvero il minimo che possiamo fare per tutte le persone a Gaza”.
Fonte: Cinecittànews
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