Cultura
L’8 marzo dedicato alle donne ucraine. La riflessione
L’8 marzo di quest’anno sarà particolarmente segnato dall’ombra nera della guerra in Ucraina e che coinvolge i Paesi confinanti e l’intera Europa.
Le immagini trasmesse dalle televisioni e dai social media hanno messo in evidenza che attorno ai tavoli delle trattative tra russi e ucraini non ci sono donne. Nei consigli di guerra che si svolgono a Mosca sono presenti solo uomini ed i giornalisti hanno fatto notare che c’era solo Elvira Nabiullina, governatrice della Banca centrale russa, sedeva accanto ai ministri e ai consiglieri economici di Putin.
Ci sono però donne tra i combattenti ucraini e tra quelli russi, e abbiamo visto donne e bambine preparare bombe molotov nelle città minacciate per fronteggiare i cannoni nemici, impegnate nella costruzione di barriere, rudimentale contributo alla difesa della Patria.
In questi giorni di guerra abbiamo conosciuto innumerevoli esempi di quell’energia vitale femminile che è l’antitesi dell’energia distruttiva di chi vuole combattere, uccidere e fare prigionieri. L’attaccamento alla vita dovrebbe ribaltare la logica disumana della violenza.
Scorrono spesso sullo schermo volti belli di donne e di bambini : la mamma che, appena data alla luce il suo bimbo, al suono della sirena è costretta a rifugiarsi nel bunker e quella piccola creatura porterà sempre impresso il suono di quella sirena di allarme e i suoi primi momenti di vita non hanno una culla, una casa, un sorriso, ma una coperta a terra nel semibuio di un tunnel sotterraneo, con accano tante persone affrante dal dolore e dalla paura dei bombardamenti.
Abbiamo visto le immagini di una mamma russa che dialoga straziata al cellulare con il figlio, soldato ragazzino, mandato al fronte senza un perché e fatto prigioniero dagli ucraini; un’altra mamma che legge sul telefonino le ultime parole del figlio morto: «Mamma, sono in Ucraina. Questa è una vera guerra, è così dura»
Appaiono instancabili e generose le numerose volontarie che somministrano il cibo o distribuiscono i soccorsi, le infermiere dell’ospedale pediatrico che nei sotterranei continuano a infondere cure e speranza ai bambini malati di cancro;
Nelle numerose interviste gli ucraini che vivono in Italia, badanti, studenti, ed anche seminaristi, con l’espressione dei loro volti raccontano la rabbia, la paura, la sofferenza e il dramma di una guerra ingiusta e gridano forte le parole: libertà, democrazia, pace.
Come ha scritto Antonella Mariani su “Avvenire”
A Polina , la bimba con il ciuffo rosa e i sassi in mano, che non diventerà mai donna perché è stata falciata dalle bombe con i genitori e il fratellino, vogliamo dedicare l’8 marzo 2022. A lei, alle donne ucraine, alle mamme russe: assenti ai tavoli dove si decide la guerra, presenti dovunque la si subisce, già con il cuore rivolto al ritorno a casa, all’abbraccio da ritrovare, alla ricostruzione da avviare nelle città e nei cuori. Con l’augurio che il giorno della donna sia, dopo tanta distruzione, un giorno di pace.
Giuseppe Adernò